da Ragionpolitica.it del 17 ottobre 2009
Immaginiamo per un attimo questa scena. A Palazzo Chigi siede un presidente del Consiglio del centrosinistra - mettiamo un redivivo Prodi - e un bel giorno un giovane dirigente del Popolo della Libertà apre la sua pagina su Facebook e scrive le seguenti parole: «Ma santo cielo, possibile che nessuno sia in grado di ficcare una pallottola in testa al Professore?». Che cosa accadrebbe? Come minimo, dopo cinque minuti il giovanotto si ritroverebbe sotto casa la Digos, i Carabinieri, l'Esercito, i militanti dell'Italia dei Valori, i lettori di Repubblica, i compagni al caviale e i reduci della falce e martello pronti a dare la caccia all'eversore, in difesa della democrazia, delle istituzioni e della libertà della nazione. Le penne dell'intellighenzia gauchista scriverebbero sùbito allarmati e concitati appelli alla Corte di Strasburgo, all'ONU e forse persino all'odiata NATO per allertarla sull'imminente pericolo per le sorti del Belpaese. Un dispiegamento di poliziotti, soldati e Caschi Blu farebbe immediatamente un bel girotondo attorno alla sede del governo a protezione del premier. In un batter d'occhio il parlamento sospenderebbe i suoi lavori. La televisione pubblica interromperebbe di colpo le regolari trasmissioni per fare dirette e non stop con inviati sul campo e centinaia di telecamere a seguire l'evolvere della situazione.
Fine del sogno. Torniamo nella realtà e che cosa vediamo? Vediamo il coordinatore dei giovani del Pd di Vignola, provincia di Modena, tal Matteo Mezzadri, che invoca su Facebook una «pallottola in testa per Berlusconi». E vediamo i suoi colleghi di partito che, dopo aver fatto rimuovere la scritta dal social network e aver fatto dimettere l'estensore dal suo incarico, minimizzano, sdrammatizzano, ricorrendo al vecchio adagio del «compagno che sbaglia» tanto caro al Partito Comunista ai tempi delle Brigate Rosse. Poi vediamo i giornali della sinistra (La Repubblica e L'Unità su tutte) che, invece di indignarsi e gridare ai quattro venti la loro preoccupazione democratica, come se niente fosse offuscano la notizia. Chi tace acconsente. E infine vediamo le trasmissioni cult della gauche nostrana, condotte dagli indomiti paladini della libertà d'espressione, che sorvolano, parlano d'altro, continuando tranquillamente nella loro quotidiana opera di delegittimazione totale del presidente del Consiglio. Alla faccia della completezza dell'informazione!
Che dire? Che evidentemente le minacce e le intimidazioni non possono essere definite tali se ad esserne oggetto è Berlusconi; e che il pericolo per la tenuta della democrazia esiste soltanto se sotto attacco finiscono gli uomini della sinistra, mentre quando nel mirino ci sono uomini della destra, e il Cavaliere in particolare, tutto va bene, madama la marchesa! E' davvero un quadro desolante. E preoccupante: non può lasciare tranquilli, infatti, una situazione nella quale le manifestazioni d'odio e d'incitazione alla violenza nei confronti di un capo del governo democraticamente eletto vengono ridotte a burletta o tollerate - quando non alimentate - da partiti presenti in parlamento che si dicono fedeli alle istituzioni, dalla maggioranza della sedicente «libera stampa» del paese e dalla quasi totalità delle principali trasmissioni televisive di approfondimento politico. E' veramente un brutto clima, che Vittorio Feltri, sul Giornale di giovedì, ha paragonato a quello dei primi anni Settanta, «quando si cominciò quasi per scherzo a invocare l'uso delle armi allo scopo di ottenere risultati meno banali di quelli strappati in parlamento dal Pci». Sappiamo tutti che cosa venne fuori da quelle che la sinistra catalogava allora come semplici «ragazzate». Quindi meglio non scherzare col fuoco, tanto più che negli ultimi giorni i segnali di odio e di chiamata alla rivolta in vecchio stile rosso contro Berlusconi si stanno purtroppo moltiplicando (si veda un recente articolo di Toni Negri - ospitato dalla rivista della fondazione dalemiana Italianieuropei - col suo richiamo ai moti contro il governo Tambroni), col risultato di intossicare ulteriormente un clima già saturo di veleni.
Se vi fosse nel nostro paese una sinistra seria e responsabile, essa contribuirebbe a placare i bollenti spiriti e chiamerebbe alla calma il suo popolo. Purtroppo, oggi non esistono più né la sinistra né il suo popolo e lo spazio lasciato vuoto è occupato dagli avvelenatori di pozzi, dagli spacciatori d'odio, dagli strateghi dell'abbattimento del Cavaliere Nero per via non democratica - per usare un eufemismo. La ritirata della sinistra dalla vera politica ha lasciato la scena agli urlatori fedeli al vecchio motto voltairiano aggiornato ai tempi odierni: «Minacciate, maledite, odiate. Qualcosa resterà».
Gianteo Bordero
sabato 17 ottobre 2009
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