da Ragionpolitica.it dell'8 ottobre 2009
Tutti coloro che, gaudenti e festanti, credono di aver assestato il colpo di grazia a Berlusconi attraverso la sentenza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano, dovranno presto riporre le loro speranze nel cassetto: la pronuncia della Consulta non sposterà gli equilibri politici sanciti dal voto del 13 e 14 aprile 2008. Gli italiani, che al contrario di quanto pensano i sapientoni della sinistra non sono un popolo bue, hanno da tempo compreso che il Cavaliere è oggetto di un forsennato attacco concentrico da parte di poteri non eletti, i quali tentano in tutti i modi di sostituirsi alla sovranità popolare e di instaurare un governo tecnocratico non sostenuto dalla legittimazione elettorale - cioè, in sostanza, un governo anticostituzionale e non democratico. Mentre tutti i vecchi apparati, le élites parassitarie, la quasi totalità della stampa nazionale, la magistratura ideologizzata provano con ogni mezzo a loro disposizione a far fuori dalla scena politica il presidente del Consiglio, il popolo è e rimane convintamente schierato al suo fianco. E' e rimane fermamente aggrappato alla possibilità che il voto espresso nell'urna elettorale conti ancora qualcosa e non diventi carta straccia sotto i colpi dei veri nemici della prima, grande, autentica libertà di espressione: quella croce sulla scheda con la quale si affida a un uomo e ad un partito la guida della nazione.
Come è stato ricordato in questi giorni, non era mai accaduto, nel nostro paese, che dopo un anno e mezzo di attività un governo e un premier godessero dello stesso consenso popolare del quale oggi godono il Berlusconi IV e il presidente del Consiglio in carica. Fatto tanto più straordinario quanto più si pensa alle circostanze nelle quali tale consenso è maturato: quanto più, cioè, si tengono a mente non soltanto le grandi emergenze come la crisi economica e il terremoto in Abruzzo, efficacemente affrontate dal governo, ma anche il contesto di delegittimazione mediatica del Cavaliere portata avanti attraverso una ossessiva campagna di stampa fondata unicamente sul pettegolezzo pruriginoso. Una campagna che, come tutti i più recenti sondaggi mostrano, non è riuscita a interrompere la «luna di miele» tra il premier e il popolo italiano.
E sarà così anche per quanto riguarda l'abnorme sentenza civile sul lodo Mondadori e, da ultimo, la sentenza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano. Chi ha detto e scritto, negli ultimi giorni, che ormai per il presidente del Consiglio «tutti i lodi vengono al pettine», lasciando con ciò intendere che siamo di fronte alla fine della sua epopea politica, capirà ben presto che si tratta di una pia illusione, di un miraggio nel deserto politico della sinistra, di un sogno alimentato dal peggior fanatismo ideologico antiberlusconiano. Si mettano il cuore in pace: il 7 ottobre 2009 non è e non sarà un nuovo 25 aprile con il Duce appeso a testa in giù. Non soltanto perché in questo caso non vi è nessun dittatore in campo - prova ne sia il fatto che la Consulta ha potuto pronunciare in tutta libertà il suo verdetto di bocciatura della legge - ma anche e soprattutto perché qui non vi è nessuna folla inferocita pronta a massacrare l'uomo nel quale, per tanti anni, si era - piaccia o no alla sinistra antifascista del giorno dopo - identificata. E non sarà neppure un nuovo 1993, non sarà una nuova Tangentopoli che fa tabula rasa dei partiti democratici e dei loro leader; non sarà cioè un nuovo 30 aprile, il giorno nel quale una canaglia fomentata dal bombardamento antipolitico organizzato dal circolo mediatico-giudiziario, all'uscita di un hotel romano condannava di fatto a morte Bettino Craxi e la Prima Repubblica. Perché alla favola giustizialista ormai credono soltanto Di Pietro, De Magistris, Travaglio e le loro gazzette urlatrici, Beppe Grillo e i suoi meetup, insomma gli autoproclamati detentori unici della pubblica moralità. E perché il mito delle manette facili, allora assai in voga, è stato smascherato per quello che effettivamente era: l'anticamera dell'affermazione di un regime non democratico, non liberale e antipopolare.
Il miglior antidoto al ripetersi di tutto ciò è proprio il consenso di cui oggi Silvio Berlusconi continua a godere presso gli italiani. Un consenso robusto, sentito, politicamente motivato. E reso ancora più forte e radicato dagli attacchi di cui il Cavaliere è oggetto da quindici anni a questa parte. Attacchi che si ripetono ancora oggi, con ancora maggiore intensità e in modo sempre più concentrico, da parte dei soliti noti che non hanno mai digerito il fatto che nel 1994 un imprenditore brianzolo mandasse all'aria il disegno di commissariare la democrazia italiana e di asservirla a interessi opposti all'interesse nazionale e al bene comune. La stragrande maggioranza degli italiani, di chi ama davvero l'Italia, ha ormai ben compreso tutto questo. E ha compreso che votare Berlusconi significa votare per chi ha difeso - e difende - il principio costituzionale della sovranità popolare e il principio meta-costituzionale della libertà politica. Quella libertà a cui gli italiani non vogliono di certo rinunciare a causa di una sentenza della magistratura.
Gianteo Bordero
giovedì 8 ottobre 2009
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