giovedì 22 ottobre 2009

QUELLI CHE VOGLIONO UCCIDERE BERLUSCONI

da Ragionpolitica.it del 22 ottobre 2009

Chissà perché gli amministratori di Facebook, solitamente solerti nel cancellare dal social network le pagine che incitano all'odio ideologico, religioso o razziale, non hanno ancora oscurato il gruppo «Uccidiamo Berlusconi», salito in questi giorni agli onori delle cronache nazionali all'interno del dibattito sulla sicurezza del premier. Mistero... Comunque sia, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha annunciato nelle scorse ore di aver dato disposizioni «affinché il sito venga chiuso subito e tutti quelli che sono intervenuti siano denunciati alla magistratura. E' apologia di reato. Anzi peggio». Secondo il responsabile del Viminale, infatti, c'è il rischio che qualcuno possa passare dalle minacce verbali ai fatti, in un clima di odio che «può portare qualche mente malata ad ipotizzare azioni di questo tipo». Mercoledì era stato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ad augurarsi un intervento immediato della magistratura, ribadendo che esiste «un grande tema di sicurezza che riguarda la persona del presidente del Consiglio». L'inchiesta invocata dal Guardasigilli è stata aperta dalla Procura di Roma, che ha dato incarico alla Polizia Postale di chiedere ai gestori di Facebook di oscurare le pagine contenenti le minacce contro Berlusconi. La procura capitolina ha inoltre sollecitato gli amministratori del social network a fornire i dati riguardanti i responsabili delle minacce.

Intanto il gruppo telematico in questione continua a raccogliere adepti: nelle ultime ore sono saliti a 22.000. Uno dei membri, orgoglioso delle continue iscrizioni, commenta: «L'Italia si sta svegliando. Dai ragazzi, rimaniamo uniti». In tanti, dopo aver appreso le dichiarazioni del ministro Maroni citate in precedenza, fanno addirittura i martiri del regime e invocano la libertà di espressione richiamando l'articolo 21 della Carta costituzionale. Dimenticando che libertà d'espressione non significa libertà di insulto, libertà di minaccia e libertà d'istigazione alla violenza. Del resto, basta dare un'occhiata ai post che freneticamente, di minuto in minuto, vengono pubblicati sul social network per rendersi conto che qui non siamo di fronte a una normale manifestazione del pensiero, ma a un'esplosione di odio (per ora solo verbale) al di fuori di qualunque logica civile e democratica. Siamo, appunto, nel campo dei reati puniti dal diritto penale ogni volta che la persona si ritrova ad essere vittima di azioni che calpestino la sua dignità, la sua onorabilità e ne mettano a rischio l'incolumità.

Che i membri del gruppo «Uccidiamo Berlusconi» non se ne rendano conto, che addirittura ci scherzino su e, in tono di sfida nei confronti del ministro Maroni, si «autodenuncino» e scrivano «ci vediamo in tribunale» è la spia di quanto in basso i pasdaran dell'antiberlusconismo abbiano condotto il dibattito pubblico, trasformandolo in un'arena nella quale una moltitudine di fanatici toreri cerca di abbattere la vittima predestinata, costi quel che costi. Perciò non c'è da sorprendersi se in quest'aria polverosa e avvelenata dalla continua demonizzazione e delegittimazione morale ed esistenziale del presidente del Consiglio si moltiplichino i segnali di imbarbarimento come quello di cui ci stiamo occupando. Come ha affermato il portavoce del Popolo della Libertà, Daniele Capezzone, «la dose di odio sta superando la modica quantità e da questa cosa non può venire nulla di buono. E' un avvelenamento del dibattito pubblico».

Sarebbe ora che le forze di opposizione che a parole si dicono «responsabili» e «rispettose delle istituzioni» dimostrassero davvero di esserlo e contribuissero a svelenire un'aria che, giorno dopo giorno, si fa sempre più irrespirabile. Oggi è più che mai necessario, come ha sottolineato mercoledì il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, che tutti collaborino per «fermare questa campagna di odio che può provocare la riproposizione di forme di terrorismo nella nostra società». Infatti «si è diffuso talmente tanto di quel vento che è legittimo il timore che ne possa venire tempesta, in un paese che ha conosciuto per quarant'anni un terrorismo rosso ideologizzato».

Gianteo Bordero

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