martedì 20 ottobre 2009

NO ALL'ORA DI ISLAM NELLE SCUOLE ITALIANE

da Ragionpolitica.it del 20 ottobre 2009

Meglio non scherzare col fuoco e cercare di capire perché la proposta di introdurre un'ora facoltativa di religione islamica nelle scuole italiane, avanzata sabato dalla fondazione «Farefuturo», non può essere accolta. Innanzitutto occorre ricordare che l'insegnamento della religione cattolica negli istituti scolastici del nostro paese è regolata da un Concordato tra la Chiesa e lo Stato, tra la gerarchia cattolica e i vertici istituzionali italiani. Ora, è del tutto evidente che, stante l'attuale normativa (fondata sull'articolo 8 della Costituzione), anche l'inserimento di un'ora di islam non potrebbe non seguire questa dinamica concordataria ed essere organizzato senza un previo Patto con le massime autorità musulmane, al fine di specificare natura e limiti dell'insegnamento della loro religione nelle scuole italiane e di stabilire il metodo di reclutamento dei docenti. Purtroppo si dà il caso che l'islam non conosca al suo interno una gerarchizzazione come quella che caratterizza la Chiesa cattolica, come neppure conosce la stessa idea di Chiesa come istituzione, che invece è connaturata al cristianesimo. E neanche è possibile paragonare l'imam al sacerdote cattolico che amministra i sacramenti dopo un percorso che lo ha portato all'ordinazione sacra. L'islam non ha un clero che «media» tra l'uomo e Dio: è immediato nel rapporto tra Allah e il «sottomesso» (così la religione musulmana considera il fedele). E' chiaro, rebus sic stantibus, che risulta impossibile addivenire a una qualche forma di Concordato con l'islam simile a quella che regola le relazioni tra Stato italiano e Chiesa cattolica. A meno che non si vogliano considerare rappresentanti di tutta la comunità musulmana presente nel nostro paese gli imam delle moschee, le quali però sono frequentate da una minima percentuale di fedeli, che di solito è la più permeabile a un indottrinamento di stampo fondamentalista. Catapultare nelle aule scolastiche italiane questi imam sarebbe il più grande regalo per quei predicatori del venerdì che fomentano l'odio nei confronti della nostra civiltà, della nostra storia, della nostra società.

Secondo punto. «Farefuturo», nel formulare la sua proposta, parte dal presupposto del «ruolo positivo delle religioni all'interno di uno Stato laico, quale elemento importante nel processo formativo umano e culturale». Ora, anche qui siamo ai ragionamenti un tanto al chilo, se non alla riproposizione di uno dei cliché maggiormente abusati dal «politicamente corretto»: tutte le religioni sono buone in quanto tali. Con l'implicito corollario relativista che ne segue: ogni religione è vera relativamente al proprio credo perché nessuna religione possiede la verità assoluta, che non esiste. Non bisogna andar troppo lontano per sfatare questo mito buonista: chi di noi può ritenere «buona e vera» una religione che, ad esempio, prescrive ai suoi fedeli di uccidere i miscredenti, che considera la donna alla stregua di un oggetto nelle mani dell'uomo, che prevede (negli Stati in cui essa conquista il potere politico) una «imposta di sottomissione» per i seguaci di altre religioni? Inoltre, per quel che riguarda la questione della laicità a cui accenna il documento di «Farefuturo», è evidente che una religione non vale l'altra: il cristianesimo, che con le parole di Gesù («Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio») ha stabilito una netta distinzione tra sfera civile e sfera religiosa, ha al suo stesso interno i semi di una sana laicità e per questo il suo insegnamento in una scuola di Stato non pone problemi. Anzi: è un aiuto oggettivo a comprendere come e quanto un corretto rapporto tra fede religiosa e potere civile possa contribuire a rendere più umana, rispettosa e giusta la società. Altrettanto non si può dire dell'islam, che non conosce nulla di simile all'insegnamento di Gesù in materia di distinzione tra potere spirituale e potere temporale.

Terzo punto. Hanno ragione coloro i quali dicono che l'Italia ha la sua tradizione e la sua storia, ed è necessario che la scuola pubblica faccia in primis conoscere ai giovani tale tradizione e tale storia. Ciò riguarda tutti, sia gli studenti italiani sia gli studenti stranieri (musulmani in particolare, visto che molti figli d'immigrati provengono da paesi di cultura cristiana quali quelli dell'est europeo) che frequentano gli istituti statali. Considerato che la nostra nazione ha le sue peculiarità culturali e religiose, il primo dovere di chi frequenta la nostra scuola è confrontarsi con queste specificità, con questa ipotesi di lavoro, approfondendone lo studio e prendendo sul serio quanto essa ha trasmesso nel corso dei secoli per arrivare sino a noi, scegliendo infine se aderirvi o meno. Prima di proporre l'ora di islam, meglio sarebbe far bene conoscere le caratteristiche del nostro essere italiani. Altrimenti il rischio è quello di mettere sullo stesso piano tutte le culture e tutte le tradizioni religiose, come se fosse di nessuna importanza il dato storico ed empirico dell'appartenenza dell'Italia ad una in particolare di queste.

In tale direzione sembrano andare le dichiarazioni di coloro che da sinistra, in risposta all'idea lanciata da «Farefuturo», hanno parlato della necessità di introdurre, al posto dell'insegnamento della religione cattolica, una generica e «neutra» storia delle religioni: ora, a parte il fatto che i docenti di religione in ruolo nella scuola italiana già fanno, nelle loro lezioni, una breve storia delle varie esperienze religiose dell'umanità all'interno della quale inquadrare l'avvenimento cristiano, ciò avrebbe pesanti ripercussioni dal punto di vista pedagogico, perché finirebbe col relativizzare ogni punto di vista, trasformando la scuola in un supermarket multiculturale e multireligioso nel quale ognuno sceglie, senza troppo impegno e a livello meramente teorico, il prodotto del momento. E' un modello che ha già fallito in molti paesi europei e che di certo non aiuta l'integrazione: al contrario, favorisce la dis-integrazione delle identità nel nome di un relativismo che nulla costruisce ma tutto, nichilisticamente, distrugge.

Gianteo Bordero

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