domenica 27 luglio 2008

COMPAGNI CHE SBAGLIANO

da Ragionpolitica.it del 26 luglio 2008

Il glorioso quotidiano del fu Pci che critica il primo capo dello Stato proveniente dal Pci è davvero un paradosso dell'Italia 2008, un paese in cui può succedere che un presidente della Repubblica di lunga militanza comunista venga accusato, dai compagni di un tempo, di intelligenza col nemico destrorso. E' successo giovedì, quando sull'Unità è apparso un editoriale del direttore Antonio Padellaro intitolato «Caro presidente». Una lettera aperta a Giorgio Napolitano per fargli notare - serenamente e pacatamente, come direbbe Veltroni - che aver apposto la firma di promulgazione in calce al lodo Alfano è stato un grosso errore.

Padellaro non si spinge ad usare i toni ruvidi e sgrammaticati con cui Antonio Di Pietro si è scagliato contro l'inquilino del Quirinale per la sua decisione di dare il via libera al lodo; ma il senso delle sue parole, gira che ti rigira, è sempre quello: il presidente della Repubblica avrebbe dovuto rispedire al mittente il provvedimento perché rappresenta «un grave strappo al principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge... Da oggi ci sono quattro cittadini più uguali degli altri e tutto per consentire a uno solo, e sappiamo a chi, di non essere più sottoposto ai dettami della giustizia, come un sovrano senza limiti». In sostanza, dunque, secondo Padellaro, il capo dello Stato legittimerebbe, con la sua firma, un provvedimento eversivo dell'ordine democratico e instauratore di un regime assolutistico.

E così siamo tornati ai «compagni che sbagliano». A coloro che tradiscono la purezza del verbo rosso contaminandosi con il male: ieri il capitalismo, oggi il berlusconismo. Quando la rivoluzione assume la forma della lotta totale a un leader democraticamente eletto dal popolo, ecco che basta promulgarne una legge per diventare come lui. Anzi peggio, in ragione della storia passata tra i «migliori», tra coloro che sono sempre stati «dalla parte giusta». Napolitano viene dunque trattato da Padellaro alla stregua di uno povero vecchio che ha perso il lume della comprensione del reale e perciò non vede i pericoli di regime che, come un cancro in espansione, starebbero divorando il tessuto democratico della Repubblica e facendo carta straccia del dettato costituzionale. Non vede «il malessere di tanti italiani» di fronte ad una situazione come quella attuale.

E poco importa, al direttore dell'Unità, il fatto che il capo dello Stato abbia motivato la sua scelta proprio facendo un richiamo alla Corte Costituzionale e alla sentenza con la quale essa, nel 2004, giudicò non conforme alla Carta fondamentale l'allora lodo Schifani: «Il disegno di legge approvato il 27 giugno dal Consiglio dei ministri - si legge in un comunicato del Quirinale - è risultato corrispondere ai rilievi formulati in quella sentenza». E, quasi a rispondere alle critiche al lodo Alfano provenienti dal centrosinistra: «La Corte giudicò inoltre "un interesse apprezzabile" la tutela del bene costituito dalla "assicurazione del sereno svolgimento delle rilevanti funzioni che ineriscono a quelle cariche", rilevando che tale interesse "può essere tutelato in armonia con i princìpi fondamentali dello Stato di diritto, rispetto al cui migliore assetto la protezione è strumentale", e stabilendo a tal fine alcune essenziali condizioni». Il contrario di quello che scrive Padellaro, il quale parla, riferendosi al lodo, di una «grave rottura delle regole».

Constatiamo che l'Unità, che dovrebbe rappresentare l'organo ufficiale del Partito Democratico esprimendone editorialmente la linea politica, è diventata invece il megafono dell'amico-nemico Di Pietro e di quel che resta dell'antiberlusconismo viscerale. Al punto che, oltre ad attaccare il «compagno» Napolitano, non spende nemmeno un editoriale di solidarietà per il povero Piero Fassino, infangato da Giuliano Tavaroli con la complicità de La Repubblica. Il giornale dell'ex Partito Comunista che non difende il suo segretario mentre in parlamento egli trova il sostegno anche da parte del centrodestra la dice davvero lunga sulla confusione che regna in una sinistra la quale, per sopravvivere, è costretta a seguire i dettami e le gesta di un ex pm, di un comico e di qualche giornalista in cerca di gloria.

Gianteo Bordero