da Ragionpolitica.it del 23 luglio 2009
Fino a poco tempo fa, nel vocabolario politologico italiano la definizione di «forza anti-sistema» era appannaggio pressoché esclusivo della Lega Nord. Negli anni ruggenti del secessionismo, del padanismo esasperato, della «Roma ladrona», vi era qualche motivo oggettivamente fondato per catalogare in questo modo il partito di Bossi. Oggi le cose sono profondamente mutate, e il Carroccio, passo dopo passo, si è «istituzionalizzato», divenendo, da semplice forza di lotta, di piazza e di protesta, anche una responsabile forza di governo: negli Enti locali, nei Comuni, nelle Province, su su fino al potere centrale romano. Pur non perdendo l'originaria spinta «rivoluzionaria», e senza rinunciare ai suoi cavalli di battaglia, la Lega ha saputo, grazie all'abilità politica e strategica del suo leader da un lato, e all'intelligenza lungimirante di Silvio Berlusconi dall'altro, inserirsi da protagonista nella vita istituzionale del paese, assumendo una dimensione nazionale e non più soltanto «padana». Prova ne è stata, da ultimo, la scelta di presentare, alle recenti elezioni europee ed amministrative, liste che andassero oltre i semplici confini del Settentrione. E i risultati non possono certo essere definiti deludenti. Quindi, parlare oggi - come molti osservatori ancora si ostinano a fare - del Carroccio come di un «partito anti-sistema» significa continuare a non comprendere la realtà, utilizzando schemi ormai vetusti a soli fini propagandistici. Del resto, che la Lega sarebbe potuta diventare un perno del sistema politico e istituzionale non lo aveva compreso soltanto Silvio Berlusconi, ma anche, nell'opposto schieramento politico, Massimo D'Alema, che provò in più occasioni a corteggiare Bossi, contribuendo di fatto a quello «sdoganamento» che ora è realtà compiuta.
Se oggi, dunque, si vuole rintracciare nel panorama italiano dei partiti una forza antisistema, bisogna volgere lo sguardo altrove. Perché esiste un movimento che a tutti gli effetti rappresenta una rivolta generale contro le istituzioni, una protesta radicale contro la configurazione dei poteri politici prevista dalla Costituzione, una critica sostanziale alla democrazia rappresentativa su cui si regge la Repubblica italiana. Questo movimento, pur essendo presente in parlamento e pur avendo negli anni scorsi fatto parte di un governo di centrosinistra, incarna, allo stato attuale delle cose, il sentimento - sempre vivo in fasce della popolazione italiana, e oggi assai in voga - dell'inutilità delle procedure su cui si regge la vita delle istituzioni; dell'insensatezza delle garanzie previste dalla Carta costituzionale a difesa dei rappresentanti del popolo; della vacuità delle «liturgie» attraverso le quali si raggiunge un accordo tra partiti per la definizione delle leggi e dei provvedimenti governativi. Il tutto nel nome di una «democrazia diretta» in cui il processo decisionale è affidato senza filtri alla «rete» dei cittadini collegati tra loro da internet, dai blog, dai meet-up.
Questo è, in soldoni, il sostrato ideologico che sta alla base dell'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro e del movimento anti-politico, guidato da Beppe Grillo, di cui l'ex pubblico ministero rilancia le parole d'ordine, gli appelli, le battaglie. Si tratta, in fondo, di un progetto assai più «anti-sistema» di quello portato avanti dalla Lega Nord nei suoi primi anni di attività, perché, se nel caso del Carroccio il problema era sostanzialmente quello di dare una degna rappresentanza a un Settentrione per troppo tempo dimenticato dal potere centrale a tutto vantaggio del Mezzogiorno, con l'Italia dei Valori ci troviamo di fronte una delegittimazione in piena regola della stessa organizzazione democratica dello Stato. Mentre la Lega delle origini era un partito ferocemente anti-statalista e anti-centralista, l'Idv appare a tutti gli effetti come un partito tout court anti-democratico, almeno secondo il senso che la parola «democrazia» ha assunto da tre secoli a questa parte.
Se questa lettura, come pensiamo, ha un qualche fondamento, allora è necessario riconsiderare sotto un'altra luce la storia politica italiana degli ultimi anni. A partire, certo, dal 1992-93, quando Di Pietro diviene il simbolo della cancellazione dei partiti democratici della prima Repubblica per via giudiziaria, con Mani Pulite, per finire con la caduta del governo Prodi e la successiva scelta di Walter Veltroni di far alleare il Partito Democratico con l'Italia dei Valori alle elezioni politiche del 2008. Per quanto riguarda la fine dell'esecutivo prodiano, diventa chiaro che il motivo ultimo della crisi non fu tanto la vicenda personale di Clemente Mastella, quanto l'incapacità, dovuta alla debolezza congenita nell'Unione, di reggere l'urto dell'ondata anti-politica, sposata da Di Pietro, che proprio nel 2007 ebbe il suo momento apicale. Infine, per quel che concerne la decisione di Veltroni di apparentare il Pd con l'Idv nel 2008, appare oggi evidente come quella scelta non soltanto ha segnato l'inizio della fine della segreteria veltroniana, ma anche e soprattutto ha impedito al nuovo soggetto di centrosinistra di elaborare una propria politica di opposizione diversa dall'antiberlusconismo fanatico e dal qualunquismo esasperato dell'ex pm. Al punto che ora il Pd annaspa su percentuali di consenso molto basse e si trova costretto, suo malgrado, a occupare gran parte del tempo cercando di non farsi fagocitare del tutto dall'Italia dei Valori. E la «questione Di Pietro», che lo si voglia o no, sarà uno dei più intricati nodi da sciogliere al congresso prossimo venturo.
Questa rapida disamina mostra che, da quando Di Pietro è sceso - più o meno direttamente - in politica, l'esito della sua azione è stato, a conti fatti, soltanto quello della distruzione dell'esistente, e mai la costruzione di qualche cosa di democraticamente più avanzato e maturo. Per questo oggi occorre che tutti, e in particolare chi non ha ancora compreso la vera natura del movimento dipietrista, trattino l'Idv - e ciò che le ruota attorno - per quello che è: un partito che rigetta le fondamenta comuni della democrazia italiana così come noi l'abbiamo conosciuta a partire dalla nascita della Repubblica. Il vero partito anti-sistema.
Gianteo Bordero
giovedì 23 luglio 2009
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