da Ragionpolitica.it dell'11 luglio 2009
Chissà se i pubblici riconoscimenti ed apprezzamenti tributatigli da tutti i grandi del pianeta, a partire dal presidente americano Barack Obama, riusciranno a cancellare l'amarezza di Silvio Berlusconi per la campagna d'odio, chiacchiere e veleni di cui è stato oggetto negli ultimi due mesi... Perché le dosi industriali di fango - per usare un eufemismo - gettato addosso al presidente del Consiglio avrebbero fatto male a chiunque. In questo senso, il premier ha dimostrato una capacità di resistenza agli attacchi oggettivamente fuori dal comune.
Sia come sia, alla fine il vero vincitore del G8 dell'Aquila è lui, il Cavaliere, che esce dal vertice con cucita addosso un'immagine nitida di leader e di statista a tutto tondo, per la sua capacità di proposta e di mediazione, per le doti di «great coaching» di cui ha parlato il presidente americano, per il livello dell'accoglienza riservata ai colleghi, per la lungimiranza nella scelta della sede del summit, e l'elenco potrebbe proseguire...
Così il Berlusconi del G8 aquilano si ricollega idealmente con il Berlusconi del 25 aprile, quello del memorabile discorso di Onna che gli valse un'impennata nei sondaggi che lo portò a livelli di gradimento da lui stesso definiti «imbarazzanti». E non fu un caso se proprio dopo quella ricorrenza e dopo il salto in avanti nei sondaggi iniziò l'infame campagna contra personam che ha calamitato l'attenzione dell'opinione pubblica in questi due mesi. L'obiettivo di coloro che si sono adoperati per fiaccare il presidente del Consiglio per poi tentare di abbatterlo definitivamente come un pugile suonato durante il vertice dei grandi, in diretta mondiale come già accaduto nel '94, era proprio questo: fermare l'avanzata di Berlusconi e il rafforzamento della sua immagine di statista capace di unire il paese attorno ai suoi valori fondanti - un reato di lesa maestà agli occhi dei sacri custodi politicamente corretti dell'ordine repubblicano. Andava cioè fermato il tentativo del Cavaliere di porsi come un padre della patria in grado di rinnovare il patto costituzionale tra popolo e Stato, sanando la ferita della guerra civile del '43-'45 e della tragica lotta sul suolo nazionale di due eserciti combattenti ciascuno in nome dell'Italia.
Vedere Berlusconi a Onna, luogo simbolo della furia nazista, parlare di resistenza, di lotta per la libertà, elogiare tutti i movimenti (comunisti compresi) partigiani, per poi indossare il foulard della Brigata Maiella, è stato, agli occhi di coloro che da decenni si sono autonominati unici titolari della legittimità repubblicana, un affronto intollerabile, che andava al più presto vendicato, con tutti i mezzi a disposizione - gossip e spiate di vario genere compresi. Perché proponendo al paese un nuovo patto costituente fondato sulla libertà e su istituzioni ammodernate, finalmente al passo coi tempi, il presidente del Consiglio è entrato in un campo che non era più semplicemente quello della politica o dell'ideologia, ma il campo della religione tout court: la religione della Repubblica fondata sui dogmi dell'Antifascismo e della Liberazione. Che il fondatore della tv commerciale, il parvenu della politica, il leader di una destra ritenuta inguardabile si presentasse al paese come un nuovo padre della patria era davvero troppo.
E allora, oggi, dopo il successo indiscutibile del vertice abruzzese (perfino molti giornali italiani mai teneri col Cavaliere lo riconoscono senza giri di parole), andato in fumo il tentativo di mandare gambe all'aria il governo e il suo capo, il cammino riprende proprio da quell'immagine che sia il 25 aprile di Onna che il G8 dell'Aquila hanno consegnato prima all'Italia e poi al mondo: quella di un presidente del Consiglio autorevole, capace di interpretare al meglio i sentimenti, la storia, la tradizione del popolo che rappresenta; di uno statista credibile in campo internazionale; insomma, di un grande leader adatto ai tempi difficili che l'Italia e il mondo attraversano. Avanti, Silvio!
Gianteo Bordero
domenica 12 luglio 2009
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