sabato 27 giugno 2009

SE L'ANTIBERLUSCONISMO DIVENTA RELIGIONE...

da Ragionpolitica.it del 27 giugno 2009

Esiste una religione dell'antiberlusconismo? Un qualche cosa che va oltre l'ideologia e sconfina nel terreno della metafisica? Una fede, cioè, che trasforma l'uomo concreto Silvio Berlusconi nell'incarnazione di un principio trascendente, ancorché negativo? Esiste, eccome. E non bisogna pensare che abiti soltanto nelle redazioni di Micromega, di Repubblica, di Annozero. E' vivo e vegeto anche in molti ambienti cattolici. E non da oggi. E' emerso certamente, in modo chiaro, nel momento dalla «discesa in campo» del Cavaliere, ma già covava anche in anni precedenti, quando il proprietario della televisione commerciale era considerato, da una certa vulgata interna al mondo cattolico, come il Grande Corruttore dei costumi e della morale tradizionale, come il Tentatore che, attraverso l'esibizione di ciò che fino ad allora non poteva essere visto in tv, faceva a pezzi il cosiddetto «comune senso del pudore». Questa visione delle cose presupponeva che esistesse un Eden incontaminato (l'Italia) popolato da tanti Adamo ed Eva senza peccato (gli italiani), divenuto improvvisamente terreno di caccia per il Serpente (nel caso in questione, sarebbe meglio dire il Biscione).

Le cose, come tutti sanno, non stavano così, perché già da tempo questo presunto Paradiso Terrestre non era più immacolato e la stragrande maggioranza dei suoi abitanti aveva abbracciato - chi più chi meno - la «rivoluzione dei costumi», o quanto meno la loro «liberalizzazione», aveva votato per il divorzio e poi per l'aborto, per non parlare del controllo delle nascite per via contraccettiva, divenuto pratica comune già decenni addietro, per di più tra molti degli stessi credenti che avrebbero poi imputato a Berlusconi il degrado della morale individuale (come non ricordare, a tal proposito, le contestazioni che dovette subire sul finire degli anni Sessanta, persino da vescovi e teologi, il Papa Paolo VI quando condannò, nella sua enciclica Humanae Vitae, l'uso del preservativo...). Quindi, la raffigurazione del fondatore di Mediaset come nuovo Satana e della tv commerciale come nuova forma del Frutto Proibito è semplicemente un falso storico.

Eppure la rappresentazione di Berlusconi come il Male (inteso quale principio metafisico) ha proseguito il suo cammino e si è arricchita di nuovi «spunti» nel corso degli ultimi 15 anni. E se è vero che, nel corso di questi tre lustri, buona parte dei cattolici si è smarcata da questo antiberlusconismo religioso e ha iniziato a giudicare il fondatore di Forza Italia per le sue realizzazioni politiche e per le idee che ha promosso nel dibattito pubblico, è altrettanto vero che lo zoccolo duro ha resistito, continuando la sua propaganda in molte parrocchie, in molti gruppi, in molti circoli intellettuali convinti in questo modo di rendere un servigio alla verità.

La persistenza di questa dimensione religiosa di certo antiberlusconismo emerge con chiarezza oggi, nel momento in cui nel mirino dei mezzi di informazione e dei partiti politici da sempre schierati contro il Cavaliere è entrata la sua vita privata, in un rincorrersi di chiacchiere, pettegolezzi, insinuazioni volte a screditare non soltanto l'immagine pubblica del presidente del Consiglio, ma la dignità e la dirittura morale dell'uomo Berlusconi in quanto tale. Per i seguaci dell'antiberlusconismo come religione tutto questo è come il miele per gli orsi. Lo si vede nel recente articolo del direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Sciortino, di cui abbiamo parlato nel precedente numero di Ragionpolitica. Lo si vede in alcuni forum di discussione cattolici. Lo si vede nell'editoriale del teologo Vito Mancuso pubblicato giovedì da La Repubblica. Lo si vede nella lettera aperta che il noto sacerdote genovese Paolo Farinella ha inviato all'arcivescovo del capoluogo ligure e presidente della Conferenza Episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco, qualche giorno fa. Tutti questi documenti sono accomunati non soltanto dalla condanna morale del capo del governo e dalla volontà di «scomunicarlo» in quanto portatore di un Male radicale, ma anche da un'aperta critica alle gerarchie cattoliche, accusate di anteporre gli interessi politici a quelli spirituali, di non avere il coraggio di intervenire con una parola chiara di fronte al pubblico trionfo del peccato, di lasciarsi «comprare» con i trenta denari rappresentati dalle promesse berlusconiane di leggi favorevoli alla Chiesa. In sostanza, saremmo di fronte ad una complicità di fatto tra i vertici ecclesiali e il presidente del Consiglio, una sorta di patto silente in cui ciascuno riesce a soddisfare i propri interessi, costi quel che costi. Anche la Chiesa, dunque, come Berlusconi, viene messa sul banco degli imputati in nome di una purezza religiosa violata e di un candore morale tradito.

Ma due dati devono far riflettere: innanzitutto che i «puri» (catari) che si ergono a difensori unici della vera religione sono stati in grado soltanto, nel corso della storia della Chiesa, di fare letteralmente carta straccia dell'insegnamento spirituale di Cristo, proponendo un dualismo assoluto tra carne e spirito che contraddice il fondamento stesso del cristianesimo: l'incarnazione di Dio, il suo farsi uomo in carne ed ossa, secondo l'espressione di San Giovanni apostolo («Verbum caro factum est»). In secondo luogo, è curioso che quelli che oggi si propongono come paladini della morale cattolica siano gli stessi che abbiano preso ripetutamente le distanze dalla Chiesa per le sue battaglie in difesa di uno dei principi-cardine della morale medesima, ossia la dignità e la sacralità della vita umana (battaglie come quella riguardante la fecondazione assistita e, più di recente, quella per salvare la vita a Eluana Englaro). Mancuso, tanto per fare un esempio, solo qualche tempo fa invocava in queste materie il principio di «relatività», perché «fra cento anni i principi bioetici affermati oggi con granitica sicurezza dalla Chiesa... finiranno per essere rivisti come lo sono stati i principi della morale sociale». E don Farinella, il giorno della morte per fame e per sete di Eluana, scriveva: «Gli urlatori in difesa della vita costi quel che costi... vogliono imporre Dio anche a chi ha scelto di non credere». Tutto ciò vorrà pur dire qualcosa?


Gianteo Bordero

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