martedì 23 giugno 2009

SUCCESSO NETTO

da Ragionpolitica.it del 23 giugno 2009

Dopo i ballottaggi di domenica e lunedì è possibile tracciare un bilancio di questa tornata di elezioni amministrative, che hanno visto andare al voto 62 Province e 4.200 Comuni. Per quanto riguarda le prime, 3 erano di nuova costituzione, 9 erano governate dal centrodestra e 50 dal centrosinistra; ora il quadro si presenta così: 34 Province saranno amministrate dal centrodestra (che ha confermato tutte quelle in cui già era maggioranza, ne ha conquistato 2 di nuova costituzione e ne ha strappate 23 agli avversari - 15 al primo turno e 8 al secondo), e 28 dal centrosinistra (che ne perde quindi quasi la metà). Per quanto concerne invece i Comuni, analizzando in particolare quelli capoluogo, su 30 che andavano al voto 4 erano governati dal centrodestra e 26 dal centrosinistra; ora la situazione si presenta con 14 città che saranno amministrate dal centrodestra (che conferma le sue 4 e ne conquista altre 10) e 16 dal centrosinistra (che ne perde più di un terzo). Da segnalare, soffermandoci sui ballottaggi, alcune significative vittorie dell'asse Pdl-Lega, che, oltre a riprendersi la Provincia di Milano con Guido Podestà, riesce a strappare alla sinistra alcune sue roccaforti come la Provincia di Venezia, quella di Savona, il Comune di Prato.

Il voto amministrativo cambia dunque in modo profondo la geografia politica del paese: consegna quasi interamente il nord al centrodestra, pone fine al dominio pressoché incontrastato del centrosinistra in diverse aree del centro, rafforza la presenza di governi locali del Popolo della Libertà al sud. Dunque, invece che parlare di un fantomatico ed inesistente «inizio del declino della destra», il segretario del Pd, Dario Franceschini, dovrebbe innanzitutto guardare in casa propria e iniziare a prendere sul serio le ragioni che hanno condotto il suo partito e gli alleati a cedere agli avversari numerose amministrazioni, anche nelle cosiddette «zone rosse». Dovrebbe chiedersi, ad esempio, perché in una città come Prato l'elettorato da sempre schierato in massa con la sinistra scelga oggi come sindaco l'imprenditore Roberto Cenni. Oppure perché la gauche venga sconfitta, come ricorda Mario Giordano sul Giornale, a Sassuolo e a Orvieto, solo per citare altri due casi eclatanti. Se il livello dell'analisi del voto nel Partito Democratico è racchiuso nelle parole dell'attuale segretario, secondo cui a dover masticare amaro è il centrodestra, allora viene da rimpiangere i vecchi comitati centrali del Pci, in cui ogni dato, anche quello proveniente dal più piccolo e sperduto Comune, era preso sul serio - tant'è vero che fu quella «scuola» a costruire l'egemonia rossa in molte Regioni italiane, mentre oggi, con Franceschini, siamo alle comiche finali.

Le proporzioni della vittoria dell'asse Pdl-Lega divengono ancora più chiare se si pensa che il successo arriva dopo una lunga e feroce campagna di delegittimazione morale del presidente del Consiglio e leader del partito di maggioranza relativa. Una campagna condotta dal giornale-guida della sinistra, La Repubblica, con l'unico scopo di destabilizzare l'attuale quadro politico, obbligare il premier alle dimissioni e insediare un governo non eletto dal popolo ma gradito a poteri forti dell'economia, dell'editoria, delle istituzioni. Lo ha lasciato intendere in modo non equivocabile Eugenio Scalfari nel suo editoriale di domenica, in barba ad ogni rispetto della volontà popolare che sta a fondamento del nostro sistema democratico. Per questo, dopo le pubbliche accuse della signora Veronica, dopo il caso Noemi, dopo la pubblicazione degli scatti rubati a Villa Certosa dal fotografo sardo Antonello Zappadu, e infine dopo le dichiarazioni della escort barese Patrizia D'Addario, la vittoria netta alle elezioni amministrative rappresenta una robusta prova di forza da parte di Berlusconi e dei partiti che lo sostengono, capaci di bene condurre la campagna elettorale in mezzo al fango, alla melma e alla spazzatura gettatigli addosso da Repubblica & CO. Conquistare la maggioranza delle Province e numerose grandi città in queste condizioni è segno di una incredibile solidità politica.

Se la campagna elettorale fosse stata condotta secondo i canoni della pur dura e aspra contesa politica e del rispetto dell'avversario, probabilmente oggi saremmo qui a celebrare non soltanto il successo, ma addirittura il trionfo assoluto del centrodestra. E, contestualmente, celebreremmo il funerale del progetto del Partito Democratico, che resta in piedi soltanto perché, alla fine, qualche effetto la strategia della delegittimazione morale di Berlusconi qualche risultato lo ha portato, se non altro rafforzando ai ballottaggi un astensionismo che tradizionalmente colpisce al secondo turno i partiti di centrodestra. Franceschini e compagni ringrazino quindi La Repubblica (e, ultimamente, anche dal Corriere della Sera), che, nel bel mezzo della crisi strategica e programmatica del Partito Democratico, ha svolto un ruolo di supplenza e ha garantito al centrosinistra di restare, alla fine, di poco sopra la soglia della disfatta totale. Ma tutto ciò non cancella i problemi del Pd, che restano ed anzi rischiano di incancrenire se i suoi dirigenti abdicano, come è accaduto in questa campagna elettorale, al compito di elaborazione e di proposta politica ed affidano le sorti del partito al gossip, alla chiacchiera pruriginosa, al sensazionalismo antiberlusconiano.

Gianteo Bordero

Nessun commento: