venerdì 14 novembre 2008

SI' ALLA VITA, NO ALLA CONDANNA A MORTE DI ELUANA ENGLARO

La magistratura italiana, al culmine della sua volontà di onniscienza e di onnipotenza, s’è arrogata il diritto di decidere della vita e della morte delle persone. In questo caso di una persona, Eluana Englaro, che solo un cinismo senza confini può definire e considerare alla stregua di un “vegetale”. La dignità dell’esistenza umana è tale dal concepimento al suo termine naturale. Non lo dice soltanto la Chiesa, ma il vertice stesso della cultura occidentale, che con Kant ha riconosciuto che la vita è sempre un fine in sé, e quindi un bene indisponibile all’arbitrio dell’uomo sull’altro uomo.

E’ chiaro a che cosa vada incontro la nostra società nel momento in cui viene di fatto introdotto il diritto di sospendere a un malato non le cure, non l’accanimento terapeutico, ma l’alimentazione e l’idratazione: si va diritti verso la barbarie, verso la negazione della civiltà, verso la riduzione della dignità umana a mera espressione verbale priva di contenuto oggettivo. La sentenza della Corte di Cassazione non rappresenta, come affermano tanti in queste ore, un “progresso sociale”, ma soltanto l’ennesima offesa alla dignità della vita, alla sua maestà, al suo infinito mistero.

Gianteo Bordero

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