La coscienza occidentale, dilacerata in questi ultimi anni dai dilemmi bioetici, è oggi messa nuovamente alla prova da un'imprevedibile coincidenza di fatti: negli stessi giorni in cui, negli Stati Uniti, si apprende che il presidente eletto Barack Obama ha intenzione di rilanciare la ricerca sulle cellule staminali embrionali bloccata da George W. Bush, in Italia la Corte di Cassazione dà il definitivo via libera alla sospensione dell'alimentazione per Eluana Englaro, la giovane donna di Lecco in coma da diciassette anni a seguito di un grave incidente stradale. Nel giro di poche ore, dunque, accade che si incrocino due vicende che indicano a un tempo il massimo di potenza dell'uomo (la capacità di manipolazione della vita nascente) e il massimo di impotenza (l'ineluttabilità della morte), con l'ulteriore paradosso per cui coloro che vorrebbero a tutti i costi il massimo di deregulation nella ricerca genetica sugli embrioni (la vita a tutti i costi) sono gli stessi che ritengono legittima quando non doverosa l'interruzione dell'alimentazione per Eluana (la morte a tutti i costi).
Come si vede, non c'è una logica, e forse neppure vi può essere, di fronte a fatti della realtà che sfidano ogni capacità umana di comprensione e di semplificazione. Il dramma nasce dal fatto che, sottraendo al massimo di potenza (manipolazione embrionale) il massimo di impotenza (inevitabilità della morte), non si ottiene la cifra zero, cioè tranquillità della coscienza e quieto vivere, ma un punto interrogativo che interpella l'interiorità profonda di ciascuno. Si può far finta che questo punto di domanda non vi sia e rinunciare in partenza a scoprire ciò che si nasconde dietro di esso. Oppure si può prendere sul serio l'enigma, cercare di guardare al di là delle nebbie, anche se ciò significa mettere a nudo il proprio essere uomini, fare i conti con ciò che sfugge al nostro dominio e al nostro controllo, intraprendere la navigazione in un mare senza confini abbandonando il piccolo porto delle solite quattro certezze.
A questo interrogativo il grande intellettuale francese Emmanuel Mounier, il fondatore della rivista Espirit, ha dato una risposta che merita oggi di essere nuovamente presa in considerazione. Una risposta che nasce, nonostante Mounier fosse un apprezzato filosofo, non dalla speculazione razionale, dalla deduzione sillogistica, dalla logica matematica, ma dall'esperienza. L'esperienza del dramma e del dolore. La dura esperienza di una figlia menomata a vita dalla meningite. Quell'esistenza imperfetta, piagata, dimezzata, il filosofo e la moglie la accolgono come tale. E non grazie a qualche teoria più o meno convincente, ma in forza di una intuizione straordinaria, la stessa che fa dire al cattolico Mounier: «Occorre soffrire perché la verità nasca dalla carne e non si cristallizzi in dottrina». Non perché la sofferenza sia un bene in sé, ma perché può spalancare all'uomo le porte di ciò che sta al di là del visibile e del tangibile. Così la vita della bambina, da apparente maledizione, diventa una benedizione per la vita dei suoi genitori. E Mounier può scrivere alla moglie: «Che senso avrebbe tutto questo se la nostra bambina fosse soltanto carne malata, un po' di vita dolorante, e non invece una piccola ostia che ci supera tutti, un'immensità di mistero e di amore che ci abbaglierebbe se lo vedessimo faccia a faccia?». Da allora la piccola Françoise avrebbe avuto il posto d'onore alla tavola dei Mounier. E la stessa tavola frequentata da tanti intellettuali, uomini di cultura, scrittori, sarebbe divenuta il luogo in cui l'apparente maestà del sapere umano si inchina di fronte alla vera maestà della vita, quella che l'uomo non possiede, che non può misurare, ma solo accogliere e abbracciare.
Il nostro tempo ci ha abituati a fuggire - e spesso a disprezzare - l'imperfezione, la menomazione, la malformazione. Perciò l'apparente contraddizione di cui parlavamo poc'anzi e a cui stiamo assistendo in questi giorni (quella tra il massimo della potenza e il massimo dell'impotenza umane) si dissolve di fronte alla constatazione che tanto la manipolazione dell'embrione quanto la sospensione dell'alimentazione per Eluana portano con sé un tragico rifiuto del mistero, di ciò che per Mounier era diventato il luogo del miracolo. Non il miracolo della guarigione, ma il miracolo dell'accoglienza della vita e, soprattutto, del suo significato. Quello che sfugge ai calcoli, agli esperimenti e alla volontà di onnipotenza, ma che è ben vivo in chi apre il suo cuore a quella dimensione che sta oltre ciò che si può produrre in laboratorio, oltre ciò che si può sopprimere staccando una macchina o interrompendo la nutrizione. La vita oltre la vita. E oltre la morte.
Gianteo Bordero
Nessun commento:
Posta un commento