domenica 1 giugno 2008

BERLUSCONI IN VATICANO, PUO' COMINCIARE UNA NUOVA STAGIONE

da Avanti! del 1° giugno 2008

Il quadro in cui si svolgerà, il prossimo 6 giugno, l’incontro tra Benedetto XVI e Silvio Berlusconi lo ha delineato il pontefice nel suo intervento tenuto giovedì all’Assemblea generale dei vescovi italiani. Papa Ratzinger, oltre a sottolineare quelle che la Chiesa italiana ritiene le maggiori emergenze sociali a cui tutti sono chiamati a dare una risposta, ha posto l’accento, salutandolo con soddisfazione, sul “clima nuovo, più fiducioso e più costruttivo” che si respira in Italia. “Esso – secondo Benedetto XVI – è legato al profilarsi di rapporti più sereni tra le forze politiche e le istituzioni, in virtù di una percezione più viva delle responsabilità comuni per il futuro della Nazione”.

L’incontro tra il Papa e il presidente del Consiglio, dunque, si inserisce all’interno di questo contesto descritto dal pontefice. Sia la politica che la Chiesa hanno ben chiara la portata dei problemi che affliggono l’Italia, un paese che, per Benedetto XVI, “ha bisogno di uscire da un periodo difficile, nel quale è sembrato affievolirsi il dinamismo economico e sociale, è diminuita la fiducia nel futuro ed è cresciuto invece il senso di insicurezza per le condizioni di povertà di tante famiglie”. Parole, queste, che si collocano nella stessa direttrice sulla quale Berlusconi ha condotto la sua campagna elettorale ed ha iniziato il cammino del suo quarto governo: far rialzare un’Italia sfiduciata e impaurita, ridare speranza ai cittadini che sperimentano ogni giorno sulla propria pelle le difficoltà legate al caro vita e ai bassi salari, rimettere in moto la locomotiva dello sviluppo e della crescita.

Si tratta di una sfida difficile, che abbisogna, per poter essere affrontata con qualche chance di vittoria, della collaborazione di tutti i protagonisti della scena politica, sociale ed economica, chiamati a rimboccarsi le maniche e a remare tutti nella medesima direzione, con un surplus di dedizione al bene comune in merito a quelle che sono le maggiori emergenze nazionali, quelle la cui soluzione non può più essere procrastinata nel tempo. La Chiesa italiana, dal canto suo, è pronta a dare lealmente il suo contributo nei campi in cui maggiori sono la sua presenza e la sua attività e a richiamare la società su quelli che sono i temi da sempre cari al magistero sociale dei pontefici.

Quello tra Benedetto XVI e Silvio Berlusconi si prospetta dunque come un incontro che si svolgerà all’insegna della comune consapevolezza della gravità dei problemi che l’Italia si trova a dover fronteggiare. Certamente Papa Ratzinger porrà l’accento sui temi già affrontati nel suo discorso all’Assemblea della Conferenza episcopale: sulla “emergenza educativa” dovuta ad un “relativismo pervasivo e non di rado aggressivo”, che rischia di far venire meno “le certezze basilari, i valori e le speranze che danno un senso alla vita”; sulla conseguente necessità di valorizzare e dare piena attuazione alla parità scolastica tra istituti statali e istituti non statali, perché “gioverebbe alla qualità dell’insegnamento lo stimolante confronto tra centri formativi diversi, suscitati, nel rispetto dei programmi ministeriali validi per tutti, da forze popolari preoccupate di interpretare le scelte educative delle singole famiglie”; sul dovere di riconoscere alla famiglia il suo ruolo centrale nella società con adeguati strumenti legislativi ed economici; sul compito di difendere la dignità della vita umana “dal concepimento e dalla fase embrionale alle situazioni di malattia e di sofferenza e fino alla morte naturale”; sull’urgenza di favorire una cultura dell’accoglienza, sempre però “nel rispetto delle leggi che provvedono ad assicurare l’ordinato svolgersi della vita sociale”.

Benedetto XVI sa che è ormai alle spalle il clima di ostilità alla Chiesa e ai valori cari ai cattolici che si respirava nelle aule parlamentari nel corso della passata legislatura, quando da settori non insignificanti dell’allora maggioranza di centrosinistra partivano non di rado attacchi scomposti o a gamba tesa nei confronti del Papa, dei vescovi, dei cattolici in generale. Sa che sull’altra sponda del Tevere non vi è un governo ostile come quello del “cattolico adulto” Romano Prodi, capace di promuovere leggi quali i Dico e incapace di garantire le condizioni necessarie al pacifico svolgimento dell’intervento del pontefice all’università “La Sapienza” di Roma. Sa, infine, che l’esecutivo berlusconiano, nonostante la limitata presenza di ministri “cattolici militanti”, è sostenuto da forze, quali il Popolo della Libertà, nelle quali molti fedeli si riconoscono; forze che, da sempre, si fanno portatrici di una politica che valorizzi il ruolo della Chiesa nella società italiana, che tuteli le radici cristiane dell’Italia, che promuova una “sana” laicità e non un laicismo preconcetto ed ideologico.

Se questa è la cornice, è facile prevedere che anche tra governo da un lato e Santa Sede e Conferenza episcopale italiana dall’altro possa prendere avvio una “nuova stagione” di collaborazione, nella quale la politica e la Chiesa, ciascuna nel proprio ambito e nel rispetto delle specifiche prerogative e del ruolo dell’altra, si impegnino a costruire il bene comune e a favorire un clima sociale orientato non soltanto alla crescita economica, ma anche a quella civile e morale. Se così avverrà, vorrà dire che veramente le elezioni del 13 e 14 aprile hanno chiuso un’epoca a aperto la strada a una normalità di rapporto non soltanto tra maggioranza e opposizione parlamentari, tra governo in carica e governo ombra, ma anche tra Chiesa e Stato. Finalmente.

Gianteo Bordero

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