sabato 31 maggio 2008

IL TEVERE PIU' STRETTO

da Ragionpolitica.it del 31 maggio 2008

Nel giorno in cui giunge la conferma ufficiale dell'incontro che avrà luogo in Vaticano, il 6 giugno prossimo, tra Benedetto XVI e Silvio Berlusconi, Papa Ratzinger interviene all'Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana con un discorso che sancisce il recuperato rapporto tra Santa Sede e Stato italiano dopo i due burrascosi anni di governo Prodi e di maggioranza parlamentare di centrosinistra. Due anni nei quali - giova ricordarlo - sia dall'esecutivo che dalle forze che lo sostenevano alle Camere erano giunti numerosi attacchi nei confronti non soltanto del pontefice e della gerarchia, ma anche agli stessi principii e valori tanto cari alla Chiesa, in primis la vita e la famiglia (si pensi alla proposta di istituzione dei Dico, alla bozza di legge sul testamento biologico e, ultima in ordine di tempo, alla decisione dell'ex ministro della Salute, Livia Turco, di rivedere le linee guida della legge sulla fecondazione assistita snaturandone, di fatto, lo spirito). I rapporti non certo idilliaci tra il governo del «cattolico adulto» Romano Prodi e l'Unione da un lato e la Chiesa italiana dall'altro, del resto, si erano definitivamente incrinati con la mancata visita del Papa all'università La Sapienza, quando l'esecutivo non seppe garantire le condizioni di sicurezza e tranquillità per lo svolgimento dell'evento.

Tutti questi episodi, sommati insieme, avevano fatto sorgere oltre Tevere un atteggiamento di sospetto e di critica più o meno esplicita nei confronti del governo e della maggioranza, documentati dalle ripetute prese di posizione dei vertici della Cei e, per altro verso, da alcuni interventi dello Benedetto XVI. Come interpretare diversamente, ad esempio, il discorso del pontefice del 10 gennaio scorso, all'annuale incontro con gli amministratori locali di Roma e del Lazio, nel quale, di fronte all'ancora sindaco (ma già candidato presidente del Consiglio in pectore del Partito Democratico) Walter Veltroni, il Papa parlò di «gravissimo degrado di alcune aree» della Capitale?

E' chiaro, quindi, che il cambiamento degli equilibri politici dopo il voto del 13 e 14 aprile, l'esclusione dal parlamento di quei partiti che con più vigore avevano soffiato sul fuoco dell'anticlericalismo e del laicismo ideologico, l'insediamento al potere dello schieramento di centrodestra (da sempre sensibile ai temi propri della dottrina della Chiesa su vita, famiglia ed educazione) e il nuovo clima di dialogo instauratosi tra maggioranza ed opposizione non potevano che essere salutati con favore dalla Santa Sede e dalla Conferenza episcopale. Tanto che non solo il cardinal Bagnasco, nella sua prolusione all'Assemblea generale della Cei, ha auspicato «un periodo di operosa stabilità, al quale costruttivamente partecipino tutte le forze politiche, nei ruoli loro assegnati», ma anche lo stesso pontefice, nel suo discorso, ha di fatto benedetto i «segnali di un clima nuovo, più fiducioso e più costruttivo. Esso - ha affermato - è legato al profilarsi di rapporti più sereni tra le forze politiche e le istituzioni, in virtù di una percezione più viva delle responsabilità comuni per il futuro della Nazione». Anche se «questo clima ha bisogno di consolidarsi e potrebbe presto svanire, rappresenta però già di per sé una risorsa preziosa, che è compito di ciascuno, secondo il proprio ruolo e le proprie responsabilità, salvaguardare e rafforzare».

Parole inequivocabili, queste di Benedetto XVI, che fanno anche da cornice all'incontro del 6 giugno con Silvio Berlusconi. E' infatti consapevolezza comune del Papa e del presidente del Consiglio la necessità di una collaborazione fattiva tra tutte le forze politiche, economiche e sociali presenti sul territorio italiano per affrontare con qualche chance di vittoria i tanti problemi che affliggono il paese. «L'Italia - ha detto il pontefice nel suo intervento di fronte all'Assemblea della Cei - ha bisogno di uscire da un periodo difficile, nel quale è sembrato affievolirsi il dinamismo economico e sociale, è diminuita la fiducia nel futuro ed è cresciuto invece il senso di insicurezza per le condizioni di povertà di tante famiglie». Sono concetti che si collocano nella stessa direttrice sulla quale il leader del Popolo della Libertà ha condotto la sua campagna elettorale ed ha iniziato il cammino del suo quarto governo: far rialzare un'Italia sfiduciata e impaurita, ridare speranza ai cittadini che sperimentano ogni giorno sulla propria pelle le difficoltà legate al caro vita e ai bassi salari, rimettere in moto la locomotiva dello sviluppo e della crescita.

La Chiesa, per quanto la riguarda, è pronta, da un lato, a fare la sua parte negli ambiti in cui maggiori sono la sua presenza e il suo radicamento e, dall'altro, a mantenere alto il livello di guardia su quei principii «non negoziabili» che il Papa ha ribadito anche nel suo discorso alla Cei: la difesa della vita umana «in ogni momento e condizione, dal concepimento e dalla fase embrionale alle situazioni di malattia e di sofferenza e fino alla morte naturale», la tutela della famiglia fondata sul matrimonio con adeguati provvedimenti legislativi ed economici, la promozione della libertà scolastica e la valorizzazione di quelle realtà educative «suscitate da forze popolari multiple, preoccupate di interpretare le scelte educative delle singole famiglie». Benedetto XVI sa che su questi temi, con l'esecutivo Berlusconi in carica e con il centrodestra in maggioranza alle Camere, il confronto con lo Stato italiano e le sue istituzioni sarà molto più agevole rispetto ai due anni passati. E' quindi alle porte, anche tra governo e Chiesa italiana, una «nuova stagione» di dialogo e collaborazione, nella quale la politica e la Chiesa, ciascuna nel proprio ruolo e ambito d'azione e nel rispetto delle reciproche prerogative, si impegnino a realizzare il bene comune dell'Italia e degli italiani.

Gianteo Bordero

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