martedì 13 maggio 2008

IL TRAVAGLIO DELL'OPPOSIZIONE

da Ragionpolitica.it del 13 maggio 2008

Mentre il Partito Democratico e la Sinistra Arcobaleno si leccano le ferite del dopo voto cercando di progettare una strategia di sopravvivenza politica - il primo dai banchi del parlamento, la seconda nel chiuso delle segreterie di partito -, a dare voce all'opposizione al centrodestra e al nuovo assetto istituzionale rimangono, sempre identiche a se stesse, le truppe d'assalto dell'antiberlusconismo fazioso e militante. Ecco allora che Marco Travaglio, davanti alle telecamere di Che tempo che fa, su Rai 3, tira fuori dal cilindro magico della più bolsa retorica manipulitesca la nuova, strabiliante accusa nei confronti di un esponente del Pdl: il neo presidente del Senato, Renato Schifani. Il quale, secondo Travaglio, «ha avuto rapporti con persone poi condannate per mafia». Il teorema che si vuole divulgare è sempre il solito, trito e ritrito: Berlusconi, il suo partito e i suoi uomini di fiducia sono espressione di un potere colluso con la malavita organizzata, sono il braccio politico della mafia, ne curano gli interessi dai palazzi romani. Come di consueto quando si ha a che fare con Travaglio, si tratta di pure teorie non suffragate da prove, insinuazioni infamanti e capi d'accusa campati per aria - sullo «stile Travaglio» ha scritto un bell'articolo Filippo Facci su Il Giornale di ieri.

Quello che qui ci preme sottolineare, oltre all'ennesimo episodio di disservizio pubblico offerto dalla tv di Stato e, in particolare, dalla terza rete - il consigliere d'Amministrazione Rai Angelo Maria Petroni ha parlato di «uno dei momenti più bassi nella storia dell'azienda» -, è il dato della debolezza dell'opposizione «ufficiale» (parlamentare e politica) al centrodestra. Un'opposizione talmente malconcia, stordita e afona, dopo il voto del 13 e 14 aprile, da lasciare che siano i vari Travaglio, Grillo & Santoro ad assurgere a protagonisti assoluti della scena e ad organizzare nelle piazze (reali, virtuali e mediatiche), e quindi al di fuori delle sedi istituzionali, l'alternativa a Berlusconi e alle forze che lo sostengono. Certo, bisogna registrare con favore le prese di posizione critiche provenienti dal Partito Democratico in merito alle dichiarazioni di Travaglio, da quella di Renzo Lusetti a quella della capogruppo al Senato, Anna Finocchiaro, tutte segno di un significativo cambio di rotta rispetto all'antiberlusconismo di maniera a cui, negli anni scorsi, anche gli esponenti dell'allora Margherita e dell'allora Ds ci avevano abituato. Ma le dichiarazioni estemporanee non bastano: da un'opposizione degna di tal nome ci si attende l'elaborazione di una linea politica chiara, organica e coerente in materia di informazione, giustizia e garanzie a tutela dei rappresentanti delle istituzioni. Una linea politica che, a tutt'oggi, si fa fatica ad intravedere dalle parti del loft veltroniano.

Uno degli effetti collaterali di tale debolezza politica dell'opposizione «ufficiale» è il rischio, più che concreto, che anche tra le forze politiche alternative al centrodestra, e presenti in parlamento, a dettar legge siano quelle che, abilmente, si accodano alle crociate giustizialiste di Travaglio & CO. per trarne vantaggio in termini di consenso: una su tutte, l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Il quale - guarda caso - è stato l'unico, tra i leader dei partiti rappresentati alle Camere, a manifestare la propria solidarietà a Travaglio dopo la puntata di Che tempo che fa di sabato scorso. L'ex pm di Mani Pulite, dopo il buon risultato ottenuto il 13 e 14 aprile, punta a capitalizzare ulteriormente il suo sostegno ai guru dell'antipolitica, con una strategia spicciola, del giorno per giorno, ma sicuramente efficace - almeno nell'immediato: da qui la sua scelta di non aderire, rinnegando quanto affermato prima del voto, ai gruppi parlamentari del Partito Democratico e di fare cammino in solitaria nella sedicesima legislatura. Anche qui viene a galla un altro degli errori politici e strategici del Pd, che prima delle elezioni ha cercato di «usare» Di Pietro per essere competitivo col centrodestra e che ora scopre di essere stato «usato» da lui come cavallo di Troia per ottenere un buon numero di parlamentari, tale da garantire l'autosufficienza per formare un gruppo tanto a Montecitorio quanto a Palazzo Madama. Veltroni e i suoi, come si suol dire, «andarono per suonare e tornarono suonati». In molti si augurano che, d'ora in poi, la musica cambi dalle parti dell'opposizione.

Gianteo Bordero

Nessun commento: