da Ragionpolitica.it del 10 giugno 2008
Chi è il capo dell'opposizione? Walter Veltroni o Tonino Di Pietro? La domanda sorge spontanea dopo aver letto le dichiarazioni con cui il segretario del Partito Democratico ha definito «grave» e «sbagliato» un provvedimento del governo che limitasse l'uso delle intercettazioni telefoniche nelle indagini giudiziarie e la divulgazione delle stesse a mezzo stampa. Si tratta di un cambio di rotta repentino da parte di Veltroni: basti pensare che nel programma con cui il Pd si è presentato agli elettori si affermava che «il divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle intercettazioni e delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misura cautelare fino al termine dell'udienza preliminare, e delle indagini, serve a tutelare i diritti fondamentali del cittadino e le stesse indagini, che risultano spesso compromesse dalla divulgazione indebita di atti processuali. E' necessario individuare nel Pubblico Ministero il responsabile della custodia degli atti, ridurre drasticamente il numero dei centri di ascolto e determinare sanzioni penali e amministrative molto più severe delle attuali, per renderle tali da essere un'efficace deterrenza alla violazione di diritti costituzionalmente tutelati».
Proposte di buon senso, queste, contenute già, peraltro, nel cosiddetto «ddl Mastella» approvato all'unanimità dalla Camera dei deputati il 17 aprile 2007 e rimasto poi in giacenza al Senato fino alla caduta del governo Prodi. Il ddl prevedeva, tra le altre cose, che fosse vietata «la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare»; che «i documenti che contengono dati inerenti a conversazioni o comunicazioni, telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente formati o acquisiti e i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni non possono essere acquisiti al procedimento né in alcun modo utilizzati, tranne che come corpo del reato»; che «i nominativi o i riferimenti indicativi di soggetti estranei alle indagini devono essere espunti dalle trascrizioni delle registrazioni. A meno che questo non ostacoli l'accertamento dei fatti esaminati dall'indagine».
Che cosa ha spinto, dunque, Veltroni ad assumere una posizione così intransigente nei confronti dell'annunciato disegno di legge del governo Berlusconi sulle intercettazioni? Che cosa lo ha portato ad affermare che l'esecutivo vuole «impedire ai magistrati di indagare»? Che cosa lo ha indotto ad accodarsi ai toni da crociata giustizialista usati da Antonio Di Pietro, il quale ha parlato di «progetto criminogeno» del governo? Per rispondere a tali domande occorre partire proprio dal cambio di posizione del leader del Pd, che rivela una sorta di schizofrenia politica indice di nervosismo, di debolezza e di incertezza in merito alla strategia di opposizione da perseguire tanto nelle aule parlamentari quanto di fronte al paese. Quello che ne risulta è il continuo oscillare di Veltroni tra il dialogo sulle riforme con l'esecutivo e l'antagonismo antiberlusconiano duro e puro, rappresentato appunto da Di Pietro e dalla sua Italia dei Valori. Questo «pendolarismo» veltroniano dimostra che il Partito Democratico non ha ancora trovato la strada da percorrere e che, a fronte di un governo forte e che incontra il gradimento di un numero sempre crescente di italiani (come dimostrato, da ultimo, da un sondaggio apparso ieri su Repubblica.it), vi è una opposizione ancora in cerca d'autore - un dato, questo, che contribuisce a lasciare campo libero alle scorribande giustizialiste dell'ex pm di Mani Pulite.
Che al Pd manchi una elaborazione politica degna di tal nome è confermato anche dai crescenti mal di pancia interni nei confronti della segreteria veltroniana, tra cui quelli pubblicamente manifestati da Rosy Bindi qualche giorno fa. Perciò, per mettersi al riparo dalle critiche che sempre più copiose piovono su di lui, con molti notabili del partito che lo accusano di non sapere mettere in campo efficaci iniziative di opposizione, Veltroni ha scelto, almeno per il momento, di mostrare i denti e di presentarsi con il volto dell'antiberlusconismo senza se e senza ma, rigettando in blocco gli ultimi provvedimenti annunciati dal governo e mettendo in stand-by il dialogo con la maggioranza. Ma è, questa, una mera scelta tattica, destinata a lasciare il tempo che trova: il segretario del Pd si limita a spostare in avanti, a data da destinarsi, la soluzione delle questioni politiche sul tappeto. Senza una strategia di lungo periodo, presto o tardi il pendolo veltroniano riprenderà a oscillare.
Gianteo Bordero
mercoledì 11 giugno 2008
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