da Ragionpolitica.it del 1° dicembre 2009
Fateci caso: molti di coloro che oggi si stracciano le vesti per il risultato del referendum svizzero sui minareti, affermando che si tratta di una violazione del principio di libertà religiosa, sono gli stessi che, all'indomani della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sul crocifisso, plaudirono a tale decisione in nome della medesima libertà religiosa, che sarebbe violata dalla presenza del simbolo del cristianesimo nelle aule scolastiche. In sostanza: la Svizzera che nega la possibilità di costruire nuovi minareti sarebbe da condannare, mentre la Corte europea che vieta l'esposizione del crocifisso negli uffici pubblici da prendere a modello. C'è qualche cosa che non torna in questo modo di ragionare: l'impressione è che, in questa strana Europa dei nostri tempi, il principio della libertà religiosa debba applicarsi a tutti e a tutto fuorché al cristianesimo. Cioè alla religione che ha plasmato la stessa Europa, la sua cultura, la sua civiltà, la sua società, e che ha dato il la alla codificazione di quei diritti di libertà di cui oggi - giustamente - andiamo tutti orgogliosi.
La contraddizione nasce dal fatto che la classe intellettuale europea e il pensiero oggi dominante nelle élites del Vecchio Continente ci hanno abituati ad una concezione dei diritti talmente astratta da perdere di vista la realtà concreta della storia, la vita quotidiana delle persone, le relazioni tra i popoli, tra le culture, tra le religioni. Si pensa cioè di risolvere ogni problema affermando a priori, in via teorica, alcuni principi di libertà, e si ritiene, con ciò, di essersi messi al riparo da ogni conflitto, da ogni scontro, da ogni incomprensione. Si tratta di una forma mentis che, lungi dal raggiungere gli scopi che si prefigge, finisce col produrre esiti contrari a quelli pomposamente annunciati a parole. E' il dramma di quello che il grande Antonio Rosmini definiva «astrattismo», cioè di quell'approccio che sacrifica sull'altare della ragione astratta l'esperienza reale degli uomini e dei popoli, le loro radici spirituali, le loro tradizioni. Col risultato di creare un malcontento e un risentimento popolare diffuso nei confronti di chi tale astrattismo applica con le sue leggi, le sue direttive, le sue sentenze: lo vediamo oggi nel pronunciamento del popolo svizzero contro i minareti e nelle manifestazioni a difesa del crocifisso a cui stiamo assistendo in Italia, e lo abbiamo visto negli anni scorsi nei referendum che hanno bocciato una Costituzione europea priva del richiamo alle radici cristiane.
L'astrattismo applicato alla libertà religiosa, che ha portato con sé, come corollario, l'idea secondo cui ogni religione è buona e nessuna possiede la verità assoluta, ha avuto come conseguenza quella di far perdere di vista il fatto che le religioni non sono dottrine iperuraniche senza alcun addentellato con la realtà, ma si declinano in chiave storica, dando vita a particolari tipi di società, a diverse concezioni della persona e dei suoi diritti, a differenti usi e costumi. Se si avesse l'onestà intellettuale di guardare a tutto ciò senza presumere di essersi messi l'anima in pace attraverso la semplice, formalistica e aprioristica affermazione della libertà religiosa, forse si riuscirebbe anche a capire la differenza che passa tra una moschea e una chiesa, tra un minareto e un campanile. E, soprattutto, si comprenderebbe perché la stessa libertà religiosa è un concetto pressoché sconosciuto all'islam e fatto invece proprio dal cristianesimo.
Si scoprirebbe, così, che quanto più una religione ha il senso della storia e della realtà umana, tanto più essa riesce a garantire quella libertà che le religioni a-storiche faticano ad accettare e riconoscere. Tant'è vero che è dal cristianesimo - nel quale l'uomo non aderisce in prima battuta a una dottrina, ma a un fatto storico come l'incarnazione di Dio in Gesù Cristo - che è nata la stessa idea di diritti universali che ineriscono a ogni persona in quanto tale e che non sono nella disponibilità del potere umano. Laddove Dio si fa uomo ed entra nella storia c'è vera libertà perché c'è la possibilità di accettare o meno il rapporto con la Persona, mentre laddove Dio coincide con una serie di dettami senza tempo e il fedele è letteralmente un semplice «sottomesso», la libertà rimane sempre su un altro binario rispetto all'esperienza degli uomini e dei popoli. Il rapporto con le comunità musulmane europee, a cui noi riconosciamo quelle libertà fondamentali che il cristianesimo ha instillato nella nostra cultura e nel nostro diritto, sarà sempre più problematico fino a quando esso verrà affrontato a partire dal presupposto sbagliato: quello secondo cui islam e cristianesimo si equivalgono nella loro relatività.
Gianteo Bordero
martedì 1 dicembre 2009
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