martedì 15 dicembre 2009

LA “GRANDE ALLEANZA DEMOCRATICA”? FACCIAMOLA PER ISOLARE DI PIETRO

da Ragionpolitica.it del 15 dicembre 2009

Intervistato da La Stampa sabato scorso, Pier Ferdinando Casini aveva lanciato la proposta di una Grande Alleanza Democratica contro Berlusconi. Una sorta di riedizione del Comitato di Liberazione Nazionale che lottò contro il fascismo e il suo Duce: «Se Berlusconi vuole andare al voto anticipato - aveva detto il leader dell'Udc - sappia che si troverà di fronte uno schieramento repubblicano in difesa della democrazia». Una coalizione in cui mettere insieme, come nei bei tempi andati dell'Unione prodiana, tutti coloro che si oppongono all'uomo di Arcore. Nessuna piattaforma politica comune, nessuna idea condivisa sull'amministrazione del paese, nessun programma di governo, se non quello di cacciare da Palazzo Chigi il suo attuale inquilino. Il resto, come si suol dire, verrà dopo. Per disarcionare il Cavaliere il fondatore dell'Unione di Centro si era detto disposto a tutto. Anche ad allearsi con Antonio Di Pietro. Cioè con colui che, nel 1992-93, contribuì alla distruzione per via giudiziaria della Democrazia Cristiana (partito nel quale Casini militava) dopo averne messo alla gogna in diretta tv i principali dirigenti (tra cui il mentore politico dell'allora giovane Pierferdi, Arnaldo Forlani).


Probabilmente le parole di Casini al quotidiano torinese nascevano soltanto dall'esigenza tattica di scongiurare ogni ipotesi di elezioni anticipate e, più che una proposta, erano un avvertimento a Berlusconi a non lasciarsi ammaliare dalle sirene del «voto subito». Il fatto è che quelle dichiarazioni «tattiche» sono arrivate nel peggior momento possibile. E stupisce che un politico navigato, e che ha fatto della moderazione il suo fiore all'occhiello, non se ne sia reso conto. Soltanto il giorno prima, infatti, scendendo in piazza al fianco della Cgil, un urlante Di Pietro aveva annunciato ai quattro venti che «se il governo continua ad essere sordo ai bisogni dei cittadini, si andrà allo scontro di piazza, e lì ci scapperà l'azione violenta se il governo non si assume la responsabilità di rispondere ai bisogni del paese». Invece che cercare di spegnere l'incendio che il capo dell'Idv appiccava con le sue parole, Casini il giorno dopo si diceva disposto a stringere anche con lui, il nemico di sempre, il sacro patto antiberlusconiano in difesa della democrazia. E ancora domenica mattina ribadiva, in un'intervista rilasciata al Tg2: «Se Berlusconi pensa di intimorirci, di poter convertire la Repubblica in Monarchia, sappia che la nostra risposta sarà chiara, ferma ed univoca. Perché a proposte d'emergenza, soluzioni d'emergenza».


Se dunque sin da sabato le frasi pronunciate dal leader dell'Udc apparivano quanto mai fuori luogo e irresponsabili - considerato il pesante clima di scontro che già si respirava in seguito alle esternazioni di Di Pietro al corteo della Cgil e alle contestazioni dei centri sociali in Piazza Fontana -, dopo la violenta aggressione al presidente del Consiglio in piazza del Duomo e le vergognose parole di commento dell'ex pm («Io non voglio che ci si mai violenza, ma Berlusconi con i suoi comportamenti e il suo menefreghismo istiga alla violenza») le dichiarazioni di Casini alla Stampa e al Tg2 si sono rivelate totalmente prive di qualsivoglia senso della realtà e di polso della situazione. Fino al tardo pomeriggio di domenica Pier Ferdinando non ha fatto nulla per contribuire a placare gli animi e per gettare acqua sul fuoco delle sempre più scomposte polemiche contro il premier. Anzi, affermando che bisognava dar vita a un fronte unico «a presidio della democrazia» ha finito con lo scendere sullo stesso terreno demagogico e con l'usare gli stessi argomenti del leader dell'Idv. Un errore capitale, di cui è augurabile che Casini si sia reso conto dopo i fatti di piazza del Duomo.


Che dire quindi oggi al leader dell'Unione di Centro? Che la Grande Alleanza Democratica che egli ha auspicato è da organizzare non contro il presidente del Consiglio e contro un governo che porta avanti molte delle battaglie politiche già iniziate nella legislatura in cui il partito di Casini era alleato del Cavaliere, ma semmai per isolare Di Pietro e i suoi compagni, cioè tutti coloro che in questi giorni hanno dimostrato di che pasta (umana e politica) sono fatti, negando la loro piena solidarietà al premier e condannando con qualche «se» e con più di un «ma» quanto accaduto domenica a Milano. Dev'essere chiaro a tutti, e tanto più a un uomo intelligente ed esperto come Pier Ferdinando, che il nemico della democrazia non abita a Palazzo Chigi. Casini ha puntato lo sguardo dalla parte sbagliata.


Gianteo Bordero

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