martedì 22 settembre 2009

«REPUBBLICA» DALLA FANTAPOLITICA AL FANTAVATICANISMO

da Ragionpolitica.it del 22 settembre 2009

Con la sinistra alla canna del gas, afona riguardo ai veri problemi del paese e inconsistente dal punto di vista della proposta politica, alle gazzette antiberlusconiane non resta che andare alla ricerca, di giorno in giorno, di qualche pezza d'appoggio per portare avanti l'eterna battaglia contro il Cavaliere. Ieri, ad esempio, era il giorno dei funerali di Stato dei sei militari italiani caduti in Afghanistan. Giorno di lutto nazionale. Anche per i giornali e per i siti web gauchisti. Ma in un altro senso: non c'era trippa per gatti per attaccare il nemico. Il quale prima ha preso parte, assieme alle altre cariche dello Stato, alle esequie dei nostri soldati, in un clima di generale commozione che non poteva dare appigli per le solite critiche pretestuose al presidente del Consiglio; e poi, finita la cerimonia funebre in San Paolo fuori le mura, ha incontrato a pranzo, a casa del sottosegretario Gianni Letta, Gianfranco Fini, per diradare le nubi nel rapporto con il co-fondatore del Popolo della Libertà dopo le recenti burrasche estive. Schiarite nel cielo del centrodestra, dunque, e meteo che volgeva al peggio nelle redazioni degli antiberlusconiani in servizio permanente, che sognavano un imminente affondamento del governo in carica per mano di un gruppo di congiurati guidati dal presidente della Camera. Pie illusioni da riporre nel cassetto.

Come mettere in pagina, dunque, la quotidiana dose di antiberlusconismo? Le ultime speranze dei nemici del Cavaliere erano affidate nientepopodimeno che al cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani (lo stesso che in passato è stato preso tante volte di mira per le sue posizioni definite «conservatrici» e «retrograde»), che alle 17.30 doveva tenere la sua prolusione al Consiglio permanente della Conferenza Episcopale. Una relazione che già nei giornali della mattina veniva preannunciata, dai soliti noti, come di ferro e fuoco contro il governo, contro il presidente del Consiglio, contro il centrodestra. Persino contro la stessa Santa Sede, rea - a detta dei commentatori e dei vaticanisti sinistrorsi - di berlusconismo più o meno sotterraneo, poco incline a imbracciare l'arma della scomunica nei confronti dell'eresiarca Silvio. Scattata l'ora X e finito l'embargo sul testo della prolusione, i gazzettieri gauchisti hanno scoperto che i retroscena e le anticipazioni del giorno prima avevano la stessa consistenza della panna montata. Il cardinale, è vero, ha ripetuto il richiamo - già fatto altre volte - alla «sobrietà» dei comportamenti da parte di chi riveste cariche politiche, ma lo ha fatto dopo aver affermato che «il criterio fondamentale per una onesta valutazione dell'agire politico è la capacità di individuare le obiettive esigenze delle persone e delle comunità, di analizzarle e di corrispondervi con la gradualità e nei tempi compatibili. È, in altre parole, il criterio della reale efficacia di ogni azione politica rispetto ai problemi concreti del paese». In sostanza: la Chiesa italiana adotta come primo metro di giudizio dell'operato del governo la qualità dei provvedimenti in relazione alle necessità del paese e alla ricerca del «bene comune».

Ma non finisce qui. Perché il cardinale, nel suo intervento, ha anche espresso giudizi positivi sull'operato dell'esecutivo, in almeno due passaggi: il primo è stato un plauso al ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, per la decisione di ricorrere al Consiglio di Stato avverso la sentenza del Tar del Lazio che aveva negato all'insegnamento della religione nelle scuole pari dignità rispetto alle altre materie («Opportunamente - ha affermato il presidente della CEI - il ministero della Pubblica Istruzione ha già avanzato ricorso al Consiglio di Stato, ribadendo con altro suo atto la validità della presenza dell'insegnamento di religione nel curriculum scolastico»); il secondo passaggio è stato quello riguardante la legge sul «fine vita» approvata dal Senato e ora in procinto di essere discussa alla Camera («Il lavoro già compiuto al Senato - ha detto Bagnasco - è prezioso, perché dice la volontà di assicurare l'indispensabile nutrimento vitale a chiunque, quale che sia la condizione di consapevolezza soggettiva»). E pure nel momento in cui l'arcivescovo di Genova ha sottolineato i punti su cui vi sono discussioni aperte tra la Chiesa italiana e il governo (come ad esempio la questione dell'immigrazione), non ha mancato di ricordare che «anche quando annuncia una verità scomoda, la Chiesa resta con chiunque amica. Essa infatti non ha avversari, ma davanti a sé ha solo persone a cui parla in verità. Questo servizio, che consegue alla nostra missione di Pastori, non può non essere colto nel suo intreccio di verità e carità, e rimane vivo e libero da qualsiasi possibile strumentalizzazione di parte». Come dire: è inutile cercare di tirare la CEI per la tonaca, da una parte o dall'altra, perché essa prima di tutto svolge la sua missione ecclesiale e formula giudizi sulle cose della politica con tempi, modi e criteri che non sono quelli della polemica quotidiana tra schieramenti.

Un messaggio che il capofila dei giornali antiberlusconiani, La Repubblica, perennemente intenta a dipingere un mondo in cui tutti sono contro il Cavaliere, ha fatto finta di non sentire. Leggere, per credere, la prima pagina di oggi e l'articolo di commento affidato al vicedirettore Massimo Giannini («La scelta dei vescovi»), in cui si scopre che il vero senso delle parole del cardinale non è quello che egli stesso ha illustrato, bensì consisterebbe in un attacco a tutto campo contro il governo e contro il presidente del Consiglio, oltre che contro la Santa Sede, alleata di Berlusconi in una fantomatica guerra contro la libertà e l'autonomia dei vescovi. Dopo la fantapolitica a cui ci ha abituato Repubblica, ora siamo al fantavaticanismo. Al peggio non c'è mai fine.

Gianteo Bordero

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