da Ragionpolitica.it del 24 settembre 2009
Martedì 22 settembre la Commissione Sanità del Senato ha dato il via libera all'indagine conoscitiva sulla pillola abortiva RU486. Una decisione finalizzata a «compiere un approfondimento sugli effetti legati al ricorso alla pillola presso le strutture sanitarie». La Commissione ha inoltre stabilito un programma di massima delle audizioni, nel quale «si prevede, in prima istanza, l'interlocuzione del ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, del presidente e del direttore generale dell'AIFA», l'Agenzia Italiana del Farmaco. Infine - si legge ancora nel comunicato di Palazzo Madama, «si è convenuto di espletare tale procedura informativa entro sessanta giorni, termine prorogabile allorché emergesse l'opportunità di acquisire ulteriori valutazioni ed analisi, prevedendo altre audizioni, oltre a quelle prospettate».
Fin qui niente di strano, visto che già all'indomani della decisione dell'AIFA di acconsentire alla commercializzazione della pillola, seppur restringendone la somministrazione alle sole strutture ospedaliere pubbliche, i gruppi parlamentari di maggioranza, Pdl in primis, avevano annunciato la loro intenzione di svolgere l'indagine conoscitiva. Ciò che martedì ha creato scalpore è stato, invece, quello che è accaduto all'interno del Partito Democratico: una netta spaccatura tra la capogruppo nella XII Commissione, Dorina Bianchi, la quale, nel corso dell'ufficio di presidenza, ha votato a favore dell'indagine, e buona parte degli altri senatori del gruppo, i quali, venuti a sapere del voto positivo della collega, hanno subito scatenato una furibonda polemica. Tanto più che la Bianchi, oltre ad aver dato il suo assenso all'indagine, aveva pure accettato l'incarico di relatrice di minoranza, con il compito di «seguire i lavori di tale procedura informativa, anche attraverso la raccolta della documentazione che si rivelerà necessaria».
Contro le scelte della senatrice Bianchi, cattolica di area teodem, hanno preso posizione praticamente tutti i maggiorenti del Pd, a partire da Dario Franceschini e dagli altri due candidati alla segreteria del partito, Pierluigi Bersani e Ignazio Marino. Il segretario uscente, appresa la notizia, ha scritto una lettera alla capogruppo democratica a Palazzo Madama, Anna Finocchiaro, invocando la convocazione del gruppo al fine di «giungere a una decisione, anche attraverso una votazione, sulla scelta di avviare una indagine conoscitiva sulla Ru486». E ha precisato: «Non essendo certo la scelta di una indagine conoscitiva una questione di coscienza, alla decisione del gruppo tutti devono attenersi». Un richiamo all'ordine, dunque, che ha portato, al termine dell'incontro dei senatori democratici, alle dimissioni della Bianchi da relatrice dell'indagine.
Questa vicenda riporta indubbiamente al centro dell'attenzione il tema dello spazio e del ruolo dei cattolici all'interno del Pd, anche in vista del prossimo Congresso e delle primarie di fine ottobre. L'impressione è che sia in atto, tra i tre candidati alla segreteria, una sfrenata corsa a mostrarsi come il campione del laicismo, per accaparrarsi voti che potrebbero essere decisivi per insediarsi alla guida del partito. Lo stesso ex popolare Franceschini non lascia passare giorno senza dichiarazioni piuttosto nette sui temi cari ai cattolici, come quelli bioetici. All'Espresso, ad esempio, ha dichiarato, in merito alla pillola RU486, che essa «è un modo di abortire meno invasivo per la donna di un intervento chirurgico». Quindi, «perché opporsi?». E ancora, sui rapporti con la Chiesa Cattolica: «Sarò un bravo laico... La Chiesa ha diritto di intervenire... ma non può dire a un parlamentare come deve votare: è una scelta che appartiene all'autonomia del politico».
Del resto, delle posizioni di Franceschini non c'è da stupirsi: fu lui che, nel 2007, si fece promotore di una lettera di 40 parlamentari «cattolici democratici» a sostegno della legge sulle coppie di fatto del governo Prodi, in aperto contrasto la linea auspicata dalla Conferenza Episcopale. Quello che dovrebbe preoccupare i cattolici del Pd è il fatto che, se alle dichiarazioni dell'attuale segretario si sommano quelle del super laicista Ignazio Marino e del post comunista Bersani, il quadro che ne viene fuori è davvero desolante. Tanto più che sia Franceschini che Bersani hanno già annunciato che, in caso di vittoria, la linea della libertà di coscienza sui temi etici verrà archiviata: dopo il Congresso, su queste materie, si deciderà a maggioranza e tutti, volenti o nolenti, si dovranno adeguare. Niente male, per un partito che si vuol presentare come luogo della felice sintesi tra laici e cattolici!
Gianteo Bordero
giovedì 24 settembre 2009
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