martedì 15 settembre 2009

GLI SCENARI E LA REALTÀ

da Ragionpolitica.it del 15 settembre 2009

Tutti coloro che in questi giorni s'ingegnano a ipotizzare nuovi scenari e a descrivere come imminente un mutamento sostanziale del quadro politico italiano partono da due premesse fallaci, che conducono inevitabilmente a formulare deduzioni del tutto prive di fondamento in re. L'inconsistente sillogismo formulato dai novelli cultori della sfera di cristallo risulta così schematizzabile: premessa maggiore: «E' iniziato il declino di Silvio Berlusconi»; premessa minore: «In parlamento esiste una maggioranza alternativa a quella attuale». Conseguenza: «Occorre tenersi pronti per dare vita a un nuovo governo sostenuto da una nuova aggregazione di stampo centrista, che raccolga frammenti del Pdl e del Pd e li unisca ai voti dell'Udc, togliendo di mezzo la Lega Nord».


Per capire che le possibilità di riuscita di un simile disegno fantapolitico sono nulle ci vuol poco. Primo: se sono attendibili tutti gli ultimi sondaggi riguardanti il tasso di gradimento che riscuote tra gli italiani il presidente del Consiglio (il più recente registra il 68,6% di fiducia), è evidente che il suddetto «declino di Berlusconi» esiste soltanto nella mente di coloro che ne parlano, e che, evocandolo a ogni piè sospinto, sperano di trasformare l'acqua dell'analisi politologica nel vino della realtà politica. I fatti dicono tutt'altro: dicono che il premier continua a lavorare alacremente per portare a realizzazione il programma di governo presentato agli elettori e per fronteggiare le emergenze che l'esecutivo si è trovato dinanzi nell'ultimo anno - crisi economica e ricostruzione in Abruzzo su tutte. I risultati positivi di tale azione sono sotto gli occhi di tutti: basti ad esempio pensare che oggi, a soli cinque mesi dal sisma che ha colpito l'Aquila e i borghi limitrofi, il presidente del Consiglio consegnerà le prime nuove case ai terremotati.


Secondo: affermare, come ha fatto Pier Ferdinando Casini domenica a Chianciano, che «ci vogliono dieci minuti per mettere in piedi una maggioranza senza la Lega», significa non rendersi conto di quanto le cose, nel sistema politico italiano, siano cambiate rispetto ai tempi della prima Repubblica, quando la guida dell'esecutivo non era decisa dagli elettori, ma era affidata alle mediazioni tra partiti, i quali chiedevano il voto ai cittadini per poi poterne disporre a proprio uso e consumo nel chiuso delle stanze del potere, facendo e disfacendo a proprio piacimento governi (spesso balneari) e maggioranze (il più delle volte variabili). Il 13 e 14 aprile 2008 gli elettori si sono trovati sulla scheda un'alleanza che comprendeva due partiti, il Popolo della Libertà e la Lega Nord, che si presentavano insieme per ottenere la fiducia necessaria per attuare un programma comune. Perciò non sono immaginabili, nell'attuale legislatura, né un governo né una maggioranza diversi da quelli attuali: ciò rappresenterebbe un chiaro tradimento della volontà popolare e un regresso verso quella «Repubblica dei partiti» che ha lasciato il passo, con l'ingresso sulla scena politica di Silvio Berlusconi, alla «Repubblica dei cittadini», le cui fondamenta sono il rispetto del voto espresso dagli elettori e del programma di governo ad essi proposto.


Oggi la realtà, che lo si voglia o no, è che esistono sia un governo autorevolmente ed efficacemente guidato dal suo capo, sia una maggioranza parlamentare solida e affiatata: entrambi hanno dimostrato, in questi sedici mesi, di bene operare, lasciando poco spazio al chiacchiericcio inconcludente, tanto caro ai retroscenisti, e concentrandosi invece sui veri problemi del paese. Se riaffiorano ora strampalate ipotesi di grandi centri, governissimi trasversali, esecutivi istituzionali e chi più ne ha ne metta, non è certo perché sia alle porte una crisi dell'asse politico uscito vincitore nel 2008, ma semmai perché tale asse continua il suo cammino e non dà segni di cedimento nonostante gli attacchi quotidiani al suo leader e al suo fedele alleato e nonostante le campagne mediatico-giudiziarie orchestrate ad arte, segno della mai sopita tentazione di imporre all'Italia il giogo di un governo non scelto dagli elettori e di una maggioranza studiata a tavolino dai poteri forti, da qualche gruppo editoriale, da settori politicizzati della magistratura.


Gianteo Bordero

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