da Ragionpolitica.it del 17 settembre 2009
Dal cilindro magico di Repubblica spunta fuori il nuovo coniglio con cui rimpiazzare Silvio Berlusconi e il suo governo democraticamente eletto dagli italiani il 13 e 14 aprile 2008. Il coniglio si chiama «governo di salvezza nazionale», ed è un avanzato prodotto della sperimentazione genetica applicata alla politica: infatti nasce, secondo Massimo Giannini, vice direttore del giornale scalfariano, dall'incrocio in provetta del DNA di quattro figure di primo piano della politica nostrana: Gianfranco Fini, Giulio Tremonti, Massimo D'Alema e Pier Ferdinando Casini. Sarebbero loro - sostiene Repubblica - gli «anelli della catena» pronta a soffocare il premier, facendolo fuori una volta per tutte dall'agone politico. Lo scopo del progetto - scrive Giannini - è «offrire al paese un'alternativa nel 2013, nel caso in cui questo governo riuscisse miracolosamente a superare le colonne d'Ercole del Lodo Alfano, delle elezioni regionali, dei nuovi guai giudiziari e dei vecchi vizi personali del premier. Oppure tenersi pronti all'emergenza immediata, nel caso in cui la legislatura incappasse in un traumatico incidente di percorso». Ovviamente è quest'ultima ipotesi ad essere caldeggiata dal quotidiano di Largo Fochetti, secondo il quale esisterebbe già un programma bell'è pronto per questo nuovo esecutivo: «Riforma del sistema politico, con abbattimento del numero di parlamentari, consiglieri regionali e comunali; riforma del welfare, con radicale riforma dei contratti di lavoro sul modello Ichino-Boeri; riforma della spesa pubblica, con massicci tagli e dirottamento di risorse verso la scuola, la ricerca e l'innovazione».
Sognare è lecito, ma a tutto c'è un limite. Tant'è vero che, concludendo il suo articolo dopo essersi risvegliato madido di sudore in seguito alla visione onirica del governissimo post Cavaliere, Giannini ammette - bontà sua - che quanto da lui stesso scritto «sembra fantapolitica», salvo poi precisare che «di questi scenari, sia pure costruiti a tavolino, si discute in questi giorni». E qui casca l'asino. Perché a «discuterne» sarebbe - udite, udite! - nientepopodimeno che... Massimo D'Alema, il quale - scrive il vice direttore di Repubblica - avrebbe detto a Fini, qualche giorno fa: «Il tuo premier, ormai, non è più nelle condizioni, politiche e psicologiche, per negoziare alcunché». E' proprio vero che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, perché Giannini, dopo aver preparato con cura per i lettori la succulenta pietanza del super governo Fini-Tremonti-D'Alema-Casini, al momento di servirla in tavola ci svela il segreto della ricetta, cosa che un buon cuoco non dovrebbe mai fare. E il segreto si chiama, appunto, Massimo D'Alema. E' lui, cioè, il vero «suggeritore» del novello cuoco Giannini, il quale, evidentemente, non fa altro che riportarne gli auspici, le previsioni, le - chiamiamole così - analisi strategiche.
Ora, che Baffino sia un esperto conoscitore delle trame di Palazzo per far cadere i governi scelti dal popolo e sostituirli con altri che soddisfino i desiderata dei poteri forti è cosa nota sin dal 1998, quando lui stesso defenestrò da Palazzo Chigi Romano Prodi e si insediò al timone di un esecutivo messo in piedi grazie ad un'astuta operazione di trasformismo parlamentare. Ma ora D'Alema, se è vero - e non ne dubitiamo - quanto riportato da Giannini in coda al suo articolo, esagera veramente, perché un conto era organizzare la caduta di un esecutivo debole (come quello del Professore) da posizioni di forza (segretario del più grande partito della maggioranza), un altro conto è organizzare la caduta di un governo forte (come quello di Berlusconi) da posizioni di debolezza (sponsor di uno dei candidati alla segreteria del maggior partito dell'opposizione).
Evidentemente, a D'Alema - e a Repubblica - sfugge la differenza tra le due cose e il loro opposto grado di realizzabilità. In sostanza, gli sfugge la realtà. Come tutta la sinistra, egli - per riprendere un'immagine usata da Giulio Tremonti nell'intervista rilasciata martedì al Corriere della Sera - vive ancora nella caverna di Platone, all'interno della quale «gli uomini non vedono la realtà, ma le ombre della realtà proiettate sulle pareti. Vedono immagini, profili, stereotipi, imitazioni della realtà. Il mondo esterno, la realtà, è una cosa; l'immagine della realtà, vista dal profondo della caverna, è un'altra. C'è una drammatica asimmetria tra la realtà del paese e del governo e la rappresentazione che se ne fa. Dal lato della realtà, c'è la realtà, certo con tutte le sue complessità: negatività ma anche positività, crisi ma anche crescente coesione sociale. Dal lato della caverna, è l'opposto o il diverso. Non solo non si vede l'essere, ma a volte si confonde l'essere (quello che è) con il dover essere (quello che si immagina debba essere); o con il voler essere, cioè quello che per proprio conto e tornaconto si vorrebbe fosse».
Gianteo Bordero
giovedì 17 settembre 2009
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