da Ragionpolitica.it dell'11 ottobre 2008
La piazza, un tempo orgoglio e vanto della sinistra, che in essa riscopriva e ritrovava il senso della militanza rossa e della comune fede ideologica, rischia oggi di diventare l'ultima fermata per gli eredi del Partito Comunista italiano. La benzina nel motore della sinistra è in rapido esaurimento, e non è detto che tutte le colpe siano da imputare all'autista di oggi: la verità è che è cambiato qualcosa nel paese. O, meglio, è cambiato il paese. Si è squagliato come neve al sole il cosiddetto «monopolio culturale», cioè la diffusa tendenza a considerare un'idea giusta e ragionevole per il solo fatto di essere stata pensata dall'intellighenzia gauchista. Le idee della sinistra si sono cristallizzate in dottrina, sono divenute simili ai fossili: è rimasta la forma, è scomparsa la sostanza. Così, inevitabilmente, la sinistra è stata abbandonata dal popolo, perché, invece che nutrire il popolo con parole vive, gli ha dato in pasto solo pietanze rancide e ammuffite. E il popolo ha detto «basta».
Lo si vede oggi, clamorosamente, nella scuola, dove l'avamposto della sinistra nelle associazioni studentesche - ciò che resta del Sessantotto - non riesce a fermare l'onda riformatrice di Mariastella Gelmini, e l'unica cosa che può fare è ripetere e urlare in piazza slogan che altri hanno pensato, altri hanno detto, altri hanno scritto: «Ministro della Distruzione», «Scuola come prigione», «Ritorno al passato». Invece non si rendono conto che ormai ad essere fermi al «bel tempo che fu» sono loro, che esiste una maggioranza silenziosa di studenti e famiglie che ne ha le scatole piene dell'ineducazione elevata a sistema, del bullismo impunito e tollerato, dello scempio del sapere perpetrato per lustri nella scuola dalla sinistra e dal suo sindacato. La scuola della Gelmini guarda avanti perché merito, responsabilità, serietà sono le migliori garanzie per il futuro, per un'istruzione degna di tal nome, infine per una società migliore. La scuola della sinistra, invece, è ferma all'ignoranza e ai privilegi che hanno prodotto soltanto macerie.
Altro giorno, altra piazza. 25 ottobre. E' la data dell'adunata del Partito Democratico al grido di «Salviamo l'Italia». Uno titolo che è tutto un programma. Si evocano pericoli e minacce (alla democrazia, ai lavoratori, ai redditi degli italiani) per cercare di surriscaldare la temperatura, riunire il maggior numero di persone possibile e mostrare così che un'opposizione degna di tal nome ancora esiste - ecco il vero obiettivo della manifestazione. Ma qui la partita si gioca veramente sul ciglio del burrone, perché la stragrande maggioranza dei cittadini, di là dal loro schieramento politico, vede un governo che governa, che decide, che risolve i problemi, che mantiene i nervi saldi di fronte alla crisi finanziaria e al crollo delle borse (ricevendo pure il plauso di D'Alema), che va a mettere le mani in mali atavici come l'inefficienza della Pubblica Amministrazione e, come detto poc'anzi, lo sfascio della scuola. E così la presunta minaccia da cui occorrerebbe salvare l'Italia è invece percepita da tanti cittadini come una benedizione e, dai meno entusiasti, comunque come una medicina necessaria - anche l'elettore di sinistra, pensando agli ultimi disastri di Prodi, riconosce che, in fin dei conti, Berlusconi è il male minore. Risultato: la fiducia nei confronti del governo si attesta su cifre record (60%) e i partiti della maggioranza che lo sostiene vanno a gonfie vele (Pdl al 41%, Lega Nord al 9%), mentre il Partito Democratico è al 28% (alle elezioni di aprile aveva ottenuto il 33%).
In queste condizioni, si capisce che veramente il ricorso alla piazza è il richiamo dell'ultima spiaggia, la scelta di chi non sa più che pesci pigliare e dove sbattere la testa. Un tempo la piazza era la bombola d'ossigeno in grado di rianimare una militanza spenta ma pur sempre orgogliosa di sé. Era la riserva aurea della sinistra, il forziere da cui attingere nei momenti più duri e difficili, quando occorreva una prova di forza assieme al popolo. Oggi, finita l'egemonia nel paese oltre che nei Palazzi del potere, gli eredi del Pci potrebbero scoprire che anche quella cassaforte è ormai vuota.
Gianteo Bordero
sabato 11 ottobre 2008
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