lunedì 8 febbraio 2010

QUELLI CHE VOGLIONO RIFARE L'UNIONE

da Ragionpolitica.it dell'8 febbraio 2010

Baci e abbracci, al congresso dell'Italia dei Valori, tra Antonio Di Pietro e il segretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani. E in platea applaude Nichi Vendola, nuova icona della gauche nostrana dopo l'eclatante vittoria alle primarie pugliesi. Sarà dunque questa la nuova troika (Di Pietro, Bersani, Vendola) chiamata a risollevare le sorti della sinistra italiana dopo i rovesci elettorali di questi ultimi anni. In realtà, di nuovo c'è ben poco: il film a cui stiamo assistendo in questi giorni non ha il sapore di un'inedita alleanza politica fondata su una chiara e condivisa proposta programmatica per il governo del paese, ma è la riproposizione della vecchia formula tanto cara a Romano Prodi, l'Unione di tutti coloro che non hanno altro obiettivo oltre alla cacciata di Berlusconi.


Insomma, la sinistra, invece che proiettarsi verso il futuro sulla base di un'analisi radicale delle cause che l'hanno condannata alla minorità politica, riavvolge la pellicola e ritorna al 2006. Come se niente fosse accaduto. Come se i due anni di esecutivo Prodi non fossero mai esistiti. Come se quell'accozzaglia di forze tenute insieme soltanto dall'odio nei confronti del Cavaliere non avesse già dimostrato, alla prova dei fatti, di non poter produrre nulla di buono e di duraturo sotto il profilo dell'elaborazione politica e dell'azione di governo. Invece che prendere atto delle ragioni profonde della sua crisi, la sinistra sceglie di mettere da parte la politica e di affidarsi, ancora una volta, all'aritmetica, alla mera sommatoria dei voti sulla carta, immemore di quanto questo atteggiamento le sia già costato caro nel recente passato.


Alla vigilia delle elezioni del 2006, tale mentalità aveva fatto illudere i dirigenti dell'Unione di portare a casa una vittoria talmente ampia e netta da costringere alla resa definitiva l'uomo di Arcore. Sappiamo tutti come andò a finire: il trionfo non ci fu, le previsioni sulla carta furono smentite dai voti reali degli italiani, Berlusconi ne uscì a testa alta dimostrando di saper parlare meglio di chiunque altro agli elettori, ma la sinistra fece finta di nulla e pensò che quei 24 mila voti di vantaggio (lo 0,01% del corpo elettorale) le dessero il titolo di governare e di occupare tutto il potere disponibile come se la vittoria fosse stata totale. Fu quello, ancor prima del dispiegarsi dell'azione di governo, l'inizio della fine dell'Unione.


E fa specie che oggi la suddetta troika non sappia far tesoro di quell'esperienza e la riproponga, senza senso della realtà e della storia, come il rimedio a tutti i mali della sinistra. Con l'aggravante che questa volta anche i numeri sembrano remar contro i sogni di gloria di Di Pietro, Bersani e Vendola. I quali dovrebbero, tra le altre cose, tener conto di tre dati: in primis del fatto che l'Unione, quattro anni or sono, ha raccolto il massimo dei consensi che la gauche italiana ha mai potuto racimolare; in secondo luogo che, per fare ciò, Prodi ha dovuto mettere assieme ben dieci partiti (Ds, Margherita, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi, Italia dei Valori, Udeur, Socialisti Democratici italiani, Radicali, Repubblicani europei); in terzo luogo, che il risultato del 2006 fu reso possibile anche, se non soprattutto, dallo stato di debolezza e di calo dei consensi di un centrodestra diviso e litigioso. Basta poco per capire quanto la realtà odierna sia diversa da quella di allora e per ipotizzare che le situazioni congiunturali che quattro anni fa portarono alla vittoria del centrosinistra difficilmente potranno prendere nuovamente forma nel prossimo futuro.


E allora è chiaro che quello a cui si apprestano a dar vita Di Pietro, Bersani e Vendola assomiglia più alla classica mossa della disperazione che a un progetto politico degno di tal nome. E se è vero che oggi questa alleanza può essere utile per garantire alla sinistra un risultato decoroso alle elezioni regionali di marzo, domani, cioè da aprile in poi, non potrà non mostrarsi per quello che realmente è: l'illusione di poter sconfiggere il centrodestra non in forza di un disegno politico organico e capace di parlare al paese sui grandi temi dell'economia, del lavoro, della scuola, della giustizia, ma sulla base di una semplice addizione di voti - che potrebbero non bastare.


Gianteo Bordero

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