da Ragionpolitica.it del 13 febbraio 2010
Colpire Bertolaso per colpire Berlusconi. Affossare il sottosegretario alla presidenza del Consiglio per affossare il suo superiore. Non ci vuole molto per capire a che cosa punti la sinistra politica e mediatico-giudiziaria dopo l'avviso di garanzia al capo della Protezione Civile, accusato di corruzione nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Firenze sui lavori del G8 alla Maddalena.
A poco vale ricordare ai fan gauchisti delle manette facili e della condanna preventiva che in Italia vige la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva: da Mani Pulite in poi questa regola è divenuta carta straccia, un inutile retaggio del garantismo liberale, una pietra d'inciampo per riuscire a realizzare per via giudiziaria ciò che la sinistra non è riuscita a realizzare per via politica: l'abbattimento dello «Stato borghese», con le sue guarentigie ed i suoi contrappesi costituzionali a tutela dei poteri eletti dal popolo. E lo stesso avviso di garanzia, come è stato più volte ricordato in questi anni, si è trasformato de facto in un avviso di colpevolezza, in un marchio d'infamia, nello strumento principe - assieme alla diffusione selvaggia delle intercettazioni telefoniche - per consegnare in pasto allo sputtanamento pubblico il potente di turno. I principi dello Stato di diritto sono crollati sotto il peso del fanatismo giustizialista, del giacobinismo in salsa italica, del manipulitismo divenuto nuovo dogma intellettuale degli orfani di Marx e dei nostalgici del diciannovismo. Non contano più la ricerca delle prove, l'accertamento del fatto concreto, l'attesa del verdetto. Non conta più la regola aurea della responsabilità penale individuale: diventa dogma inconfutabile il «non poteva non sapere», lo stesso utilizzato nelle inchieste di Tangentopoli per mettere nel tritacarne i pezzi grossi della prima Repubblica e dei partiti democratici occidentali: la Dc, il Pli, il Pri, il Psdi, il Psi con in testa Bettino Craxi. Non potevano non sapere. Così come, oggi, anche Bertolaso non può non sapere quello che è accaduto sotto di lui, gli atti dei suoi sottoposti.
Come dicevamo all'inizio, in questa situazione di garanzie che saltano e di famelico gossip mediatico-giudiziario, la delegittimazione morale di Bertolaso è l'ennesimo strumento per tentare di affondare Silvio Berlusconi. Cioè l'uomo che lo ha voluto con sé, come suo sottosegretario, per affrontare in modo efficace ed efficiente le grandi emergenze che l'attuale governo ha dovuto risolvere, dai rifiuti in Campania fino al post-terremoto in Abruzzo, solo per citare le più eclatanti e tacendo del meritorio e silenzioso lavoro quotidiano della Protezione Civile lungo tutta la Penisola. Oggi la sinistra politica e gazzettiera sostiene che la «gestione delle emergenze», sotto il governo Berlusconi, è divenuta, con un disegno scientificamente studiato a tavolino, il paravento dietro al quale nascondere una nuova ondata di tangenti, corruzione, malaffare e chi più ne ha ne metta (per avere un elenco completo è sufficiente, per chi avesse tempo e voglia, leggere l'edizione di venerdì de La Repubblica, da pagina 1 a pagina 11). Premesso che le mele marce possono annidarsi in ogni dove, anche nella Protezione Civile o tra i funzionari pubblici, occorre ricordare ai maître à panser della sinistra forcaiola che le suddette emergenze non le hanno create né Berlusconi né Bertolaso con la bacchetta magica: sui rifiuti di Napoli, ad esempio, la gauche nostrana farebbe bene a guardare in casa propria, a ricordare che cosa era diventata la città partenopea sotto il governo Prodi e l'allora ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio, a farsi infine tornare alla mente le montagne di monnezza e al naso i miasmi nauseabondi da esse provenienti. Per mettere fine a quella situazione, come tutti sanno, c'è voluto persino l'esercito, oltre ai poteri speciali al commissario straordinario - appunto Bertolaso. E' stato un errore agire in questo modo? Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma il dato di fatto è che il problema è stato risolto. E il merito è del governo, di Berlusconi & Bertolaso in primis. Stessa cosa potrebbe dirsi per molte altre situazioni nelle quali l'esecutivo ha dimostrato una eccezionale capacità di risposta a situazioni che nel passato incancrenivano fino a intaccare la credibilità non solo dei governi, ma dell'intero paese.
Perciò non deve sorprendere che oggi la sinistra tenti di usare le accuse contro il capo della Protezione Civile come strumento propagandistico per trasformare in una pagina oscura e criminale quelli che sono i fiori all'occhiello dell'operato del governo Berlusconi. Non avendo argomenti politici validi e solidi da contrapporre al presidente del Consiglio e alla maggioranza di centrodestra, Bersani, Di Pietro e compagni fanno ricorso ancora una volta alla solita retorica giustizialista e alla fede cieca nelle inchieste giudiziarie per provare a sconfiggere il Cavaliere con mezzi impropri. In più d'una occasione questa strategia si è ritorta contro i suoi promotori, e anche questa volta è probabile che vada a finire così. E' la mossa della disperazione di una sinistra politicamente alla frutta, in particolare di un Pd che si è consegnato mani e piedi a Di Pietro ed oggi lo segue senza freni nella caccia a Bertolaso, nella convinzione di trarne profitto elettorale alle prossime regionali. Come se gli italiani dimenticassero tanto facilmente «le cose concrete, le realizzazioni vere, ben più importanti delle chiacchiere dei politici», per usare le parole del portavoce del Pdl, Daniele Capezzone. Il quale ha aggiunto: «Auguro ai politici che in queste ore insultano Bertolaso di poter realizzare in tutta la loro vita un decimo delle cose concrete condotte in porto anche da lui negli ultimi diciotto mesi».
Gianteo Bordero
sabato 13 febbraio 2010
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