da Ragionpolitica.it del 1° febbraio 2010
Con un editoriale a firma di Sergio Soave pubblicato lo scorso sabato, il quotidiano della Conferenza Episcopale italiana, Avvenire, ha smascherato e chiamato col suo nome la strategia dell'Udc in vista delle elezioni regionali del prossimo marzo. L'articolo è tanto più importante se si tiene conto del fatto che il giornale dei vescovi ha sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti dell'Unione di Centro, cioè di un partito che ha fatto (almeno a parole) dei valori cristiani e della fedeltà alla tradizione del cattolicesimo politico italiano la sua stessa ragion d'essere, il fiore all'occhiello per attrarre a sé un'ampia fetta dell'elettorato cattolico. Un atteggiamento benevolo, quello di Avvenire nei confronti del partito di Pier Ferdinando Casini, che è andato rafforzandosi negli ultimi due anni, ossia dal momento della scelta dell'Udc di correre da sola alle elezioni politiche del 2008 issando la bandiera dell'orgoglio scudocrociato e non accettando di entrare a far parte del Popolo della Libertà - un partito che pure condivide con l'Udc l'attenzione ai temi bioetici e alla dottrina sociale della Chiesa, nonché l'appartenenza al Partito Popolare europeo. Per tutti questi motivi assume ancor più peso l'editoriale apparso sul quotidiano della CEI il 30 gennaio.
Analizzando l'attuale quadro politico alla luce della scadenza elettorale di marzo, Sergio Soave annota che la fase di definizione delle alleanze e delle candidature per il rinnovo delle amministrazioni regionali poteva offrire «un'occasione difficilmente ripetibile all'Udc che, collocandosi al centro e fuori dai due schieramenti poteva massimizzare il suo potere di coalizione senza essere costretta a intese globali e subalterne. D'altra parte la capacità dei centristi di raccogliere consensi più ampi nel voto locale rispetto a quello nazionale conferiva una certa base concreta all'aspirazione di Pier Ferdinando Casini di esercitare una significativa centralità politica». Ma - ecco il punto - «questo obiettivo, a conti fatti, pare sia stato gestito puntando più a un risultato numerico atteso (e naturalmente non garantito) che all'affermazione di un'autonomia politica basata su valori esplicitamente proclamati». In sostanza, secondo l'Avvenire, vi è stato da parte dell'Unione di Centro un tradimento in piena regola dello statuto ontologico del partito, cioè di quell'autonomia dagli schieramenti nel nome dei valori rivendicata in questi anni con orgoglio da Casini. Insomma, l'impressione che ha dato in questo frangente politico il leader dell'Udc è di aver compiuto le scelte strategiche unicamente sulla base di una logica di potere, mettendo in secondo piano i principi che stanno alla base del partito. Soave cita, su tutti, l'esempio del Piemonte, dove «l'esasperazione della polemica con la Lega Nord» ha portato l'Udc a una «scelta contraddittoria»: «schierarsi, fianco a fianco con i radicali di Pannella e Bonino», a sostegno della giunta di Mercedes Bresso, contro cui «negli ultimi anni i centristi avevano condotto battaglie asperrime a causa dell'orientamento laicista e lassista sulle questioni eticamente sensibili».
In forza di tali considerazioni, l'editorialista del quotidiano dei vescovi accusa l'Unione di Centro di essersi mossa in maniera «utilitaristica», senza alcuna reale prospettiva culturale e politica di ampio respiro, ma avendo come unico scopo quello della «vittoria» fine a se stessa. Scrive Soave: «L'accento posto sull'utilitarismo della vittoria rischia in qualche caso di indebolire il segno identitario del "noi", la visibilità di un'ispirazione cristiana pur ufficialmente esibita». Più chiaro di così...
Con questo articolo, infine, Avvenire contribuisce a smantellare un equivoco ricorrente nelle analisi riguardanti la politica italiana: quello dell'equivalenza tra centrismo e cattolicesimo politico, come se il primo fosse la conditio sine qua non per poter far esistere, nel nostro paese, anche il secondo. Così appare invece chiaro che il cattolicesimo politico è una cultura che va ben oltre il centrismo e non si identifica necessariamente con questa opzione strategica. Tanto più se il centrismo, come dimostrano le scelte di Pier Ferdinando Casini in vista delle regionali, diventa un alibi per allearsi di volta in volta - appunto in maniera «utilitaristica» - con coloro che si pensa usciranno vincitori dalla competizione elettorale. Casini, col voto di marzo, potrà forse guadagnare qualche poltrona in più, ma quello che è certo è ciò che egli ha già perso: il sostegno pesante e importante del giornale dei vescovi, cioè di quella parte di mondo cattolico che fino ad oggi aveva visto in lui il paladino dei valori cristiani in politica. Non è poco.
Gianteo Bordero
lunedì 1 febbraio 2010
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