mercoledì 24 febbraio 2010

NON È UNA NUOVA TANGENTOPOLI. MA QUALCUNO VORREBBE CHE LO FOSSE

da Ragionpolitica.it del 24 febbraio 2010

Come hanno chiarito in questi giorni il presidente del Consiglio, il presidente della Camera e il presidente del Senato, non siamo in presenza di una nuova Tangentopoli: oggi il finanziamento ai partiti politici, non più strutturati in maniera capillare come ai tempi della Prima Repubblica, avviene essenzialmente attraverso il meccanismo del rimborso pubblico per le cosiddette «spese elettorali», e in parte attraverso erogazioni liberali, cioè donazioni private disciplinate dalla legge. Al di fuori di tutto ciò - per usare le parole del capogruppo del Pdl a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto, «c'è solo affarismo o corruzioni individuali e di cordata». Punto e capo.


Eppure tira una brutta aria. Perché c'è chi - partiti d'opposizione, «grande stampa» antiberlusconiana, poteri non eletti più o meno forti - vorrebbe trasmettere al paese l'idea che siamo nuovamente di fronte ad un degrado e ad un malaffare politico sistemico, che coinvolgerebbe in primis chi attualmente tiene in mano le redini del governo. Giuseppe D'Avanzo, editorialista di punta de La Repubblica e storica bocca da fuoco contro il Cavaliere, lo dice a chiare lettere: «Siamo tornati al 1994. Con un salto all'indietro, siamo tornati alla casella di partenza». E ci vuol poco a immaginare di chi sia la colpa: se ogni limite etico è saltato - così pensa D'Avanzo - la responsabilità principale non può che essere di Berlusconi: «Il mito ideologico berlusconiano ha ritenuto le regole inutili o irrilevanti, soltanto legacci capaci di imbrigliare le energie vitali». E questo vale sia che si parli di corruzione politica e amministrativa sia che si parli di morale privata. Tant'è vero che fu lo stesso D'Avanzo a formulare le celeberrime «dieci domande» al premier sul caso Noemi.


Ma che dal giornale-partito di Scalfari e Mauro vengano certe battaglie al veleno e certe campagne di stampa non stupisce. E' la solita minestra riscaldata da sedici anni a questa parte. Discorso diverso è se a lanciarsi in invettive antigovernative qualunquiste e antipolitiche sono i rappresentanti dei poteri industriali e/o finanziari, o comunque espressione di un certo mondo «che conta». Si prenda, ad esempio, quanto ha dichiarato martedì il presidente della Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, durante l'inaugurazione della Luiss School of Government di Roma. L'ex capo di Confindustria ha addossato sulla politica la responsabilità di «non aver fatto riforme adeguate per far funzionare la macchina dello Stato» anche per ciò che riguarda la Pubblica Amministrazione, invocando «un'azione più efficiente e trasparente». A stretto giro di posta è arrivata la replica del ministro Brunetta, ma resta il fatto che Montezemolo, proprio nel giorno degli arresti per l'affaire Fastweb e in un periodo di tempeste giudiziarie come quella sulla Protezione Civile, abbia sferrato un attacco che non poteva passare inosservato, e che senz'altro ha contribuito ad alzare la temperatura del dibattito pubblico e ad accreditare, in sostanza, l'idea di un sistema marcio sin nelle sue fondamenta, come ai tempi di Tangentopoli.


Sempre rimanendo in zona Montezemolo e affini, qualche perplessità la fa sorgere pure l'atteggiamento del Corriere della Sera a partire dal momento in cui è venuta a galla la notizia dell'inchiesta sugli appalti legati ai grandi eventi gestiti dalla Protezione Civile: il quotidiano di via Solferino ha cavalcato la vicenda, per diversi giorni, con titoloni d'apertura, paginate di intercettazioni, ricostruzioni e presunti retroscena, come negli anni ruggenti della Procura milanese. Ha dato spazio a interviste nelle quali l'idea che sia in corso una nuova Tangentopoli è stata ossessivamente ripetuta come un mantra. E che dire ancora, per altro verso, di Pier Ferdinando Casini, anch'egli oggi impegnato ad annunciare ai quattro venti che «ci sono troppi ladri in politica» e che «la questione morale è riesplosa, divenendo un'emergenza nazionale»?


Ora, nessuno nega i casi di corruzione e di malaffare. Ma i precedenti (Mani Pulite in primo luogo) chiederebbero maggiore cautela nell'emettere sentenze mediatiche che potrebbero poi essere clamorosamente smentite dai verdetti dei tribunali. Invece l'impressione è che si voglia buttare tutto, e sùbito, dentro il calderone della «questione morale» e delle «ruberie». E chi non si accoda rischia di passare per complice o difensore dei ladri. Perciò la domanda sorge spontanea: perché sta prendendo forma una concentrazione di forze politiche, di poteri economici e delle loro appendici editoriali, che sta soffiando sul fuoco delle polemiche? Forse per far divampare un altro grande incendio di sistema come negli anni 1992-93? Ed è casuale che determinate indagini siano venute a galla proprio in un periodo di campagna elettorale? E c'entra qualcosa il fatto che, dopo le regionali di fine marzo, per tre anni non vi saranno appuntamenti elettorali di rilievo e quindi, superato questo scoglio, il governo potrebbe avere una navigazione tranquilla? Speriamo di sbagliare, ma l'impressione è che qualcuno voglia giocare al massacro e punti al «tanto peggio, tanto meglio» per fare piazza pulita di quel che resta del primato della politica nel nostro paese, oggi rappresentato da Berlusconi, dal suo governo e dal movimento popolare che egli ha suscitato.

Gianteo Bordero

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