da Ragionpolitica.it del 3 marzo 2010
In attesa che si sbrogli l'intricata matassa dei ricorsi riguardanti la presentazione delle liste del Pdl in Lazio e in Lombardia, con l'auspicio - messo nero su bianco dal coordinamento nazionale del partito - che possa essere «acclarata la realtà dei fatti» e «consentito l'avvio in condizioni di normalità e di massima serenità della prossima campagna elettorale», non si può rimanere silenti di fronte a quanto scritto sul Corriere della Sera da Ernesto Galli della Loggia nell'editoriale del 3 marzo. Dall'alto del suo pulpito intellettuale, il professore prende spunto dalle recenti vicende che hanno interessato il Popolo della Libertà per dipingere un quadro del partito talmente desolante che, se corrispondesse al vero, farebbe legittimamente sorgere più di una domanda sulla sanità di mente di coloro che lo votano, sui molti milioni di donne e di uomini che da due anni a questa parte hanno assegnato la loro preferenza alla nuova creatura di centrodestra.
Secondo Galli della Loggia il Pdl altro non sarebbe che «una somma di rissosi potentati locali riuniti intorno a figuranti di terz'ordine, rimasuglio delle oligarchie e dei quadri dei partiti di governo della prima Repubblica. E tra loro, mischiata alla rinfusa, gente dai dubbi precedenti, ragazze troppo avvenenti, figli e nipoti, genti d'ogni risma ma di nessuna capacità». E ancora: una «confusa accozzaglia», una «misera rappresentanza». E' questo, secondo l'editorialista del Corriere, il frutto bacato di quindici anni di esperienza politica del centrodestra in Italia, l'esito deprimente della leadership di Berlusconi. Un uomo che - sentenzia il professore - ha una concezione talmente ridotta e distorta della politica da ritenere che essa si esaurisca nel «vincere le elezioni e poi comandare». Un uomo, dunque, senza un'idea di paese, senza una cultura politica alle spalle, privo del «gusto e della capacità di governare».
Evidentemente Galli ha una considerazione talmente bassa degli italiani da ritenere che essi siano incapaci di comprendere quello che lui invece ha già compreso: la totale inconsistenza politica del centrodestra, del Popolo della Libertà oggi e di Forza Italia ieri, e ovviamente di Berlusconi. Se gli elettori avessero visto ciò che l'intellettuale ora annuncia, probabilmente, anzi sicuramente non avrebbero per tre lustri continuato a votare in maggioranza per una coalizione sgangherata, per un partito di plastica oggi divenuto «partito fantasma», per un leader senza arte né parte. E infatti il professore, nel suo editoriale, sul banco degli imputati non ci mette soltanto il Cavaliere, ma anche «la società italiana», incapace di elaborare, dopo la fine dei partiti storici e delle culture politiche del Novecento con la caduta del Muro di Berlino e la vicenda di Mani Pulite, una nuova «visione per l'avvenire». Dopo il 1993, secondo Galli, non ha fatto capolino sulla scena politica «nessuna idea nuova, nessuna indicazione significativa, nessuna nuova energia realmente politica è scesa in campo. Niente».
E naturalmente questo niente, questo vuoto, questo deserto - conclude il professore - «è più sensibile a destra, e più sensibili ne sono gli effetti negativi». Perché bene o male - argomenta - a sinistra è rimasto il deposito della Prima Repubblica, una parte del suo personale politico con esperienza di governo, gli eredi della Dc (di sinistra) e del Pci, che hanno portato in dote «la propria esperienza e le proprie capacità» - come ben si è visto negli anni di governo prodiano, aggiungiamo noi. Invece alla destra «è toccato solo il resto: a cui poi, per il sopraggiunto, generale, discredito della politica, non si è certo aggiunto il meglio del paese». Questa di Galli della Loggia è la versione intellettualmente rielaborata, ma non per questo sostanzialmente meno rozza, della ormai celeberrima espressione con cui Romano Prodi ebbe una volta a definire Forza Italia: «Il nulla». L'editorialista del Corriere ci ricama sopra con le sue analisi, ma gira che ti rigira il messaggio è quello: il centrodestra è lo zero politico, il Pdl un contenitore che raccoglie il peggio del paese, e Berlusconi il suo degno portabandiera.
Qui siamo ben oltre gli appelli al voto per il centrosinistra di Paolo Mieli: siamo alla delegittimazione totale, rabbiosa e unilaterale di un partito, della sua storia, del suo stesso esserci, e alla condanna intellettuale di coloro che lo votano. Tutto questo in piena campagna elettorale e sulla prima pagina di un giornale che fa vanto di moderazione e si proclama super partes, ma che, di fatto, non è meno fazioso, partigiano e schierato del suo concorrente La Repubblica.
Gianteo Bordero
mercoledì 3 marzo 2010
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