giovedì 7 maggio 2009

IL FONDO DEL BARILE

da Ragionpolitica.it del 7 maggio 2009

Priva di solidi argomenti con cui presentarsi agli italiani in vista della tornata elettorale del prossimo 6 giugno, a secco di qualsiasi proposta politica degna di tal nome da sottoporre all'attenzione dei cittadini, la sinistra (Partito Democratico in primis) sceglie di andare a grattare il fondo del barile per riuscire a sopravvivere al responso delle urne, che si prevede funesto. Così si rifugia nel solito, trito e ritrito, bolso e scontato antiberlusconismo, stavolta ammantato di rosa dalla vicenda del divorzio da Veronica Lario, dalla polemica sulle veline alla corte di Silvio, su Noemi la diciottenne che chiama «papi» il presidente del Consiglio, sulle avvenenti candidate presenti nelle liste del Popolo della Libertà e via gossippando.

La sinistra italiana, un tempo sacra custode della cultura politica, luogo per eccellenza dell'elaborazione del pensiero politico, insomma vera nutrice della Politica con la maiuscola, si ritrova oggi a un tale punto di crisi da aggrapparsi alle sventure famigliari del premier e al chiacchiericcio sulle sue passioni amorose per raccattare qualche voto in più. Se la misura dello stato di consunzione politica e culturale della gauche nostrana è direttamente proporzionale allo spazio dato dai suoi dirigenti, dai suoi giornali di riferimento, dai suoi blog al caso Lario e a tutto il contorno di falsi scoop, maldicenze e morbosità varie, allora veramente si possono usare le parole di Eliot per descrivere la condizione in cui la sinistra versa: deserto e vuoto.

Walter Veltroni, che oggi quasi rimpiangiamo avendo sotto gli occhi la mediocrità politica del suo successore, aveva provato a dare una sterzata alle sfiancate truppe post-comuniste e post-democristiane di sinistra, incamminate diritte sulla strada del baratro assieme a Romano Prodi e al suo antiberlusconismo di stampo dossettiano. Purtroppo non ci è riuscito. Troppo forte il richiamo della foresta. E troppo faticoso riconoscere quindici anni di errata e fallimentare interpretazione del fenomeno Berlusconi. Così oggi, messi nel cassetto il progetto del Lingotto, la fine della guerra civile contro il Cavaliere, l'abbandono dell'odio anti-Silvio come unico criterio per formare le alleanze, la creazione di un partito autenticamente riformista e moderno, la sinistra ritorna al passato, e al passato più becero, stavolta in nome di una presunta difesa della morale sessuale dagli attacchi berlusconiani, una difesa che si commenta da sola se soltanto si pensa che tra i suoi promotori ci sono i paladini del Sessantotto, del libero amore, della libertà sessuale, del divorzio, ecc...

Siamo veramente all'ipocrisia più sfacciata, con Dario Franceschini - lo stesso che si fece promotore di una lettera di parlamentari cattolici del Pd contro la presidenza della Cei che si era espressa contro il progetto di legge sulle unioni di fatto ai tempi del governo Prodi - che va a Ballarò e fa la morale al presidente del Consiglio in nome della vecchia teoria di don Giuseppe Dossetti, che primo fra tutti additò Berlusconi come il fautore della distruzione dei costumi e dell'etica attraverso la televisione commerciale, aprendo così la strada al giudizio di delegittimazione pre-politica e teologica del Cavaliere che ha accompagnato per tanti anni, ed evidentemente accompagna tuttora, il percorso della sinistra italiana. Scrive, ad esempio, Michele Serra su La Repubblica del 7 maggio: «L'ostilità politica è certamente un ingrediente del cosiddetto "antiberlusconismo"... Ma il suo ingrediente costitutivo non è politico, è civile ed etico. È il sentimento di umiliazione per i modi e i toni, per il servilismo della claque, per il codazzo di girls, per l'ostentazione di denaro e di potere, per lo stile greve, i regali indecorosi, il dileggio al quale si è sottoposti, come italiani, appena fuori dai confini».

E' con questo moralismo peloso, che fa il paio con il giustizialismo giacobino di Antonio Di Pietro, che il Partito Democratico tenta di mascherare la sua totale inconsistenza politica, la mancanza di un progetto e di un programma, e pensa di poter strappare a Berlusconi una fetta di consensi, riportando a casa tanti suoi elettori delusi e oggi schierati al fianco del premier e dei partiti che lo sostengono. Mentre il centrodestra ha scelto di impostare la campagna elettorale sulle realizzazioni del governo e di chiedere la fiducia ai cittadini sulla base della sua azione politica, il centrosinistra, non sapendo che cosa dire e che cosa concretamente proporre agli italiani, si è aggrappato a quella che gli è apparsa come un'imprevista ancora di salvezza. Ma non è detto che quest'ancora non si possa trasformare nella zavorra che spinge definitivamente a fondo un'imbarcazione con troppe falle interne e ormai priva di rotta.


Gianteo Bordero

Nessun commento: