da Ragionpolitica.it del 15 maggio 2009
Negli ultimi anni della sua vita don Gianni ha guardato il mondo dalle grandi finestre del salone della sua casa genovese di via Corsica, sulla collina di Carignano. Lo ha guardato attraverso i giornali, le riviste, i libri che egli quotidianamente divorava. Attraverso i tg che ogni giorno puntualmente seguiva, alle 13 e alle 19. Lo ha guardato, ancora, attraverso le parole e i racconti delle tante persone che venivano a fargli visita o che lo contattavano telefonicamente per confrontarsi con lui, e che sempre da lui ottenevano un consiglio, una dritta, un'indicazione di marcia. E, soprattutto, lo ha guardato attraverso gli occhi dei giovani collaboratori di Ragionpolitica.it, con cui egli aveva spesso incontri diretti o colloqui telefonici, che iniziavano con un'analisi del tema trattato nell'articolo inviato alla redazione e che molte volte finivano con un più intimo dialogo personale.
Così è stato anche per me, nei primi giorni di aprile del 2003. Avevo conosciuto da poco, grazie a un comune amico, Alessandro Gianmoena. Era il periodo in cui egli stava organizzando il passaggio di Ragionpolitica.it da semplice sito internet a vero e proprio settimanale on line. Per capire meglio chi ero, mi propose di scrivere un articolo nella materia in cui mi ero laureato, cioè la filosofia. Quando, la settimana successiva, tornai in via Corsica con il mio pezzo dedicato al nichilismo e al suo influsso sulla mentalità contemporanea, Alessandro dopo pochi minuti mi introdusse nel grande salone dove, seduto sulla sua poltrona e immerso nella lettura di qualche rivista di teologia, stava don Gianni, che mi accolse e mi fece sedere sulla poltrona blu a fianco alla sua.
Fino ad allora, per me Baget Bozzo era stato lo strano cognome del mio commentatore preferito, che leggevo avidamente su Il Giornale sin dagli ultimi anni delle scuole superiori. Mi piaceva perché non era mai banale, perché in ogni suo articolo riusciva ad intrecciare politica, storia, teologia, per poi distillare un giudizio che toccava sempre il fondo delle questioni. Inoltre, per me che frequentavo allora una parrocchia di marcato orientamento progressista, leggere Baget Bozzo mi forniva ogni volta qualche buon argomento da spendere nelle dispute che di solito prendevano campo sul sagrato dopo la Messa domenicale.
C'è stato però un momento, precedente all'incontro in via Corsica nell'aprile del 2003, in cui era in qualche modo già avvenuto, dentro di me, il passaggio dal Baget Bozzo editorialista al don Gianni amico e guida discreta ma insostituibile nelle cose dell'anima. Ero uscito letteralmente a pezzi da una storia con una ragazza. Ero immerso nel dolore e nello sconforto, mi sembrava di aver perso tutto e di incamminarmi per un sentiero buio, di cui non conoscevo la meta. Mi pareva che tutto il bene sperimentato con lei fosse ora cancellato, spazzato via da un'onda di male e di non senso. In queste condizioni, venni ospitato per qualche giorno, nella sua canonica, da un amico sacerdote. Egli mi mostrò la sua piccola biblioteca e mi disse di leggere quello che volevo. Vidi questo titolo: L'Anticristo. Credevo fosse un saggio di Nietzsche, che in quel periodo era diventato per me una sorta di nuova Bibbia, di profeta in cui annegare le mie delusioni e la mia amarezza. Invece era Baget Bozzo. E parlava della potenza del Demonio e di Satana che entra nella Chiesa attraverso le fessure del Concilio. Non era propriamente quello che cercavo. Ma trovare, al posto del precipizio nichilista di Nietzsche, pagine da cui emergevano l'amore per Dio e un monito contro il male - e non una resa di fronte ad esso -, fu per me l'inizio di un percorso che mi avrebbe portato, tra mille fatiche, dolori e contraddizioni, a riavere in dono l'amore per la vita e la fede. Fu allora, forse, che Baget Bozzo divenne per me don Gianni, o, più semplicemente, Gianni.
Oggi, guardandomi indietro, rileggo questi accadimenti sotto una luce nuova, e osservando gli ultimi sei anni della mia vita, e la vicinanza quotidiana con lui, capisco quanto la sua presenza sia stata per me non soltanto importante dal punto di vista del mestiere, ma anche decisiva per le scelte grandi che ho dovuto compiere, su tutte quella di un nuovo fidanzamento e poi del matrimonio. Ricordo le sue parole, i suoi sguardi, e forse anche la sua gioia nel vedermi felice dopo l'inizio della nuova relazione. Ho davanti a me, mentre scrivo, la lettera che mi spedì lo scorso anno il giorno prima delle nozze. E posso dire con certezza che mai nessuno mi ha guardato così nel profondo come ha fatto lui sin dal nostro primo incontro, quel pomeriggio d'aprile, in quel salone pieno di luce.
Gianteo Bordero
venerdì 15 maggio 2009
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