da Ragionpolitica.it del 7 febbraio 2009
L'Italia è da ieri una Repubblica presidenziale. Non è stata alcuna riforma della Costituzione a sancirlo, e neppure il popolo italiano si è espresso in tal senso con una pubblica consultazione. La trasformazione è avvenuta de facto, materialmente, nel momento in cui Giorgio Napolitano ha dapprima inviato una lettera al governo per scoraggiarlo dal varare il decreto finalizzato a impedire che a Eluana Englaro siano definitivamente sospese la nutrizione e l'idratazione, e poi, una volta che l'esecutivo ha comunque proceduto all'approvazione del decreto, ha fatto mancare la sua controfirma per renderlo operativo e trasmetterlo alle Camere.
C'è chi (guarda caso gli stessi che non vogliono vedere intralci nella procedura che condurrà alla morte di Eluana), in queste ore, ripete come un disco incantato che il capo dello Stato si è mosso «all'interno del quadro dei poteri che gli assegna la Carta costituzionale» e che ad aver compiuto atti addirittura «eversivi» della democrazia è stato il governo. E' un'affermazione che non sta in piedi. Innanzitutto l'invio della lettera è quanto meno «irrituale». Come ha detto ieri in conferenza stampa il presidente del Consiglio, «con la lettera si è introdotta una innovazione, quella cioè che il capo dello Stato, in corso d'opera di un Consiglio dei ministri, può intervenire anticipando la decisione del Consiglio circa la sussistenza, per un qualsiasi provvedimento, dei requisiti di necessità ed urgenza».
Ma l'errore più clamoroso compiuto dal presidente della Repubblica è stato il secondo, cioè la scelta di non controfirmare il decreto governativo sottolineando che esso non possiederebbe i caratteri di necessità ed urgenza previsti dalla Costituzione. Eppure è la stessa Costituzione, al secondo comma dell'articolo 77, a sancire in modo chiaro che la valutazione della necessità ed urgenza dei decreti legge spetta allo stesso governo. In questo modo, Napolitano ha di fatto espropriato l'esecutivo di una sua prerogativa, si è fatto egli stesso governo, cioè sede decisionale ultima dell'ordinamento repubblicano. In linguaggio tecnico, tutto ciò si chiama «presidenzialismo», quello che la sinistra descrive come anticamera del «regime», della «dittatura», del ritorno del «fascismo» ogni volta che il centrodestra ne parla e lo propone, ma che evidentemente è il benvenuto quando torna comodo agli eredi del Partito Comunista italiano.
Il capo dello Stato, nella sua lettera al presidente del Consiglio, ha poi affermato che «non è intervenuto nessun fatto nuovo che possa configurarsi come caso straordinario di necessità ed urgenza ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, se non l'impulso pur comprensibilmente suscitato dalla pubblicità e drammaticità di un singolo caso». Qui siamo veramente al paradosso: per Eluana, ieri mattina, è iniziata la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione che la porterà all'atroce morte per fame e per sete. Inoltre la procura di Udine, negli ultimi giorni, ha ricevuto lettere, ricorsi, reclami perché, a detta dei mittenti, non si sarebbero valutati, nel corso del processo, elementi e testimonianze che smentirebbero la presunta volontà di Eluana di non essere tenuta in vita in uno stato vegetativo. Se questi non sono «fatti nuovi», signor presidente della Repubblica, quali dovremmo ritenere tali?
E infine, sempre nella missiva al governo, Napolitano si è richiamato, così come la Corte di Cassazione nella sua sentenza, all'articolo 32 della Costituzione, il quale, al secondo comma, afferma che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Così il presidente della Repubblica si accoda alla vulgata «laicisticamente corretta», quella secondo cui l'idratazione e l'alimentazione sarebbero di fatto equiparabili a cure e terapie. Ha letto, il capo dello Stato, la direttiva emanata a dicembre dal ministro Sacconi, nella quale si stabilisce chiaramente che nutrire una persona gravemente disabile (come Eluana) non costituisce accanimento terapeutico? E poi, se proprio si vuole citare il secondo comma dell'articolo 32, lo si citi per intero; esso infatti così prosegue: «La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». E' evidente, dal combinato disposto delle due frasi, che questa norma costituzionale non autorizza in alcun modo la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione, riconosciute in ogni foro internazionale come diritti inalienabili della persona, di quella disabile in particolare.
Come si vede, l'azione del capo dello Stato in questa vicenda è segnata da diverse forzature. Alla fine, crediamo che sia prevalsa la personale opinione del presidente sopra ogni altra cosa. Ciò sarebbe ammissibile se fossimo in una Repubblica presidenziale. Ma qui non c'è nessun presidente eletto dal popolo ed è invece il governo che può «adottare provvedimenti provvisori con forza di legge», e lo può fare «sotto la sua responsabilità». Da ieri esiste un precedente che rischia di mettere in discussione anche questo potere del governo, forse l'unico che gli consente veramente di svolgere in maniera efficace il suo compito.
Gianteo Bordero
sabato 7 febbraio 2009
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