da Ragionpolitica.it del 30 settembre 2010
Che Fli e Mpa fossero determinanti per la tenuta della maggioranza era già stato evidente, di fatto, in occasione del voto del 4 agosto sulla mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo, quando l'astensione dei gruppi che fanno capo a Gianfranco Fini e Raffaele Lombardo fece fermare l'asticella di Pdl e Lega a quota 299. La vera notizia dell'importante giornata politica di mercoledì è invece l'annuncio della prossima costituzione in partito di Futuro e Libertà per l'Italia. Si consuma così la definitiva scissione dal Popolo della Libertà, con una scelta che incide sullo scenario politico generale dopo che la nascita dei gruppi di Fli alla Camera e al Senato aveva già modificato quello parlamentare.
Futuro e Libertà, come hanno affermato chiaramente i suoi esponenti di punta, vuole porsi come la «terza gamba» dello schieramento di centrodestra, partecipare ai vertici di maggioranza, contrattare di volta in volta i provvedimenti da sottoporre all'attenzione del parlamento. E' evidente che ciò muta lo schema attorno al quale, sino ad oggi, è ruotata la coalizione che dal 2008 si trova alla guida del Paese, ossia l'asse tra Pdl e Lega Nord, che ha garantito due anni di governo stabile, efficace ed efficiente. Gianfranco Fini vuole giocare in proprio la sua partita, ripropone il modulo «a tre punte», rilancia la sua leadership come autonoma e distinta - seppur ad oggi ancora alleata - da Berlusconi. Così i parlamentari di Fli, mentre ripetono che rimarranno fedeli al programma elettorale presentato agli italiani e sottoscritto anche dal loro leader, possono allo stesso tempo dichiarare che su tutto il resto è necessario un confronto di merito con gli altri gruppi del centrodestra.
Si tratta dunque di verificare - e solo i prossimi passaggi parlamentari ce lo potranno dire - se alla forte maggioranza numerica uscita dal voto di fiducia alla Camera (ancora più ampia di quella registrata al momento dell'insediamento dell'esecutivo) corrisponda ancora un'altrettanto forte maggioranza politica, solida e coesa sui punti qualificanti dell'azione di governo illustrati dal presidente del Consiglio nel suo intervento a Montecitorio. Quello che è in ogni caso da evitare è un'opera di lento ma costante logoramento, messa magari in atto nelle Commissioni attraverso una pioggia di emendamenti ai provvedimenti presentati dall'esecutivo o alle leggi proposte da Pdl e Lega (è auspicabile, insomma, che non vada in scena la replica di quanto accaduto col ddl sulle intercettazioni). Ancor più da evitare è quella che il capogruppo del Popolo della Libertà alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha definito come «guerriglia mediatica», ossia i quotidiani ed ininterrotti attacchi rivolti contro il premier e contro il partito di maggioranza relativa da cui gli stessi esponenti di Futuro e Libertà provengono. E' su questo campo, insomma, che si potrà valutare se l'annunciata lealtà di Fli è veramente tale oppure se essa è soltanto un proclama retorico finalizzato a prendere tempo e a indebolire, cuocendoli a fuoco lento in vista delle prossime elezioni, Berlusconi, il Pdl e la Lega. Se i finiani diventano partito e dicono in quanto partito di sostenere il governo, hanno un dovere politico di correttezza e responsabilità che non deve più lasciare spazio al gioco al massacro messo in campo negli scorsi mesi: non si può, in nome del proprio tornaconto più o meno immediato, scherzare col fuoco di una situazione nazionale e internazionale che richiede un esecutivo solido, compatto, determinato a portare il Paese al di là di una crisi che ancora fa sentire i suoi effetti.
Alla luce della notizia della prossima nascita del partito di Futuro e Libertà, una riflessione va infine fatta sull'opportunità che Gianfranco Fini mantenga il suo incarico istituzionale alla guida di Montecitorio. Già nei mesi scorsi abbiamo sottolineato l'anomalia di un presidente della Camera che si fa protagonista attivo - sia nella sostanza che nella forma - del confronto politico, prima con un quotidiano controcanto alle dichiarazioni del presidente del Consiglio, poi promuovendo una scissione del gruppo parlamentare da cui anch'egli proviene per dar vita a una nuova formazione, infine annunciando la trasformazione di questo nuovo gruppo in partito vero e proprio di cui egli non potrà che essere il leader, anche qualora formalmente la guida del nuovo soggetto fosse affidata ad altri. E' chiaro che in una situazione del genere Fini non appaia e non sia più una figura super partes come dovrebbe essere quella del presidente della Camera. Nessuno ha chiesto e chiede a Fini di cancellare le sue opinioni politiche, ma quello a cui abbiamo assistito e a cui stiamo assistendo va ben oltre il confine che passa tra l'espressione delle proprie idee e l'esercizio di un ruolo politico di primo piano. Se Fini, come pare, vuole fare politica attiva e porsi alla guida di un nuovo partito, si dimetta. Sarebbe un elemento di chiarezza per evitare che il caos aumenti sotto il cielo di Roma.
Gianteo Bordero
giovedì 30 settembre 2010
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