da Ragionpolitica.it del 17 settembre 2010
Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi hanno mostrato che il Re è nudo. Che l'Unione Europea risulta non pervenuta per quanto riguarda le politiche sull'immigrazione. Che le istituzioni comunitarie, spesso arroccate negli ovattati palazzi di Bruxelles, rischiano di perdere il contatto - se mai l'hanno avuto - con i popoli del Vecchio Continente e con la loro sacrosanta domanda di sicurezza. La dura reprimenda della commissaria europea alla Giustizia, Viviane Reding, contro le espulsioni dei Rom messe in atto dal presidente francese ha rivelato un abito mentale che sembra caratterizzare le alte sfere dell'Ue: un'accentuata tendenza all'astrazione dalla realtà concreta dei cittadini europei in nome di un'ideologia del politicamente corretto a cui sembra debbano sottostare, senza colpo ferire, anche i Paesi membri. E' emersa così tutta la differenza di approccio tra chi è chiamato a governare uno Stato, e deve fare i conti quotidianamente con problemi spinosi come quelli legati all'immigrazione e al nomadismo, e chi si trova al vertice di una struttura di potere priva di sovranità territoriale e quindi portata per sua natura a riempire questo vuoto attraverso l'autoassegnazione di un'autorità morale che si pretende sovraordinata alla legittima autorità politica dei capi di Stato e di Governo. Se Sarkozy non avesse risposto per le rime alla Reding, questa tendenza sarebbe stata di fatto legittimata.
Il merito del presidente francese e del premier italiano è quello di aver ricordato che vi sono questioni reali sulle quali l'Ue non se la può cavare con un richiamo più o meno generico ai suoi principi costitutivi: questioni che toccano nel vivo le società europee e la stessa tenuta della convivenza civile. Se l'Unione vuole acquistare forza e credibilità, deve prendere atto che tali problemi esistono e la riguardano da vicino. Lo ha detto chiaramente Silvio Berlusconi nella sua intervista rilasciata nei giorni scorsi a Le Figaro: «L'Europa non ha ancora compreso - ha spiegato il presidente del Consiglio - che quello dell'immigrazione clandestina non è un problema unicamente francese o italiano, greco o spagnolo. Il presidente Sarkozy, invece, ne è pienamente cosciente». Se si vuole mettere in campo una politica autenticamente europea, perciò, la condizione non è quella di bypassare ovvero sovrastare i Paesi membri, ma al contrario di farsi carico in modo comune di problemi che solo all'apparenza riguardano un singolo Stato, e che investono invece, a una lettura più attenta, tutto il Vecchio Continente. Questo è stato evidente in occasione della crisi greca e della risposta - in questo caso sì - veramente europea che ad essa è stata data.
Coloro che criticano Sarkozy e Berlusconi per le posizioni espresse, e li accusano di essere antieuropeisti, non comprendono che quella indicata dal presidente francese e dal nostro premier è la sola strada percorribile a fronte di quella fallimentare adottata negli anni passati, che ha portato - in troppi sembrano dimenticarsene - alla bocciatura della Costituzione Ue nei referendum popolari in Francia e in altri Paesi europei nel 2005. L'inquilino dell'Eliseo e quello di Palazzo Chigi indicano invece la via per un'Europa possibile, non per l'Europa dei sogni (richiamata ancora oggi su La Stampa dalla figlia di Altiero Spinelli, Barbara) che rischiano di trasformarsi in incubi.
I capisaldi su cui si regge la prospettiva di politica europea sollecitata dai due leaders li ha ben riassunti una nota diffusa dalla Farnesina al termine del Consiglio Europeo di giovedì: rispetto delle leggi, principio di solidarietà dei Paesi membri, principio di leale collaborazione fra istituzioni comunitarie e Stati membri, paziente e dettagliata consultazione dei Paesi interessati da parte degli organismi comunitari «prima di assumere iniziative che possano sembrare improntate a critica o contestazione di comportamenti adottati dagli Stati membri nel rispetto delle leggi e dei regolamenti comunitari». Questa è la strada del realismo politico, la sola che può essere intrapresa da un'Europa che deve uscire dai castelli dorati di Bruxelles e dalle sue costruzioni giuridiche astrattamente perfette, per confrontarsi con i nodi intricati del nostro tempo e con le sfide che esso pone.
Gianteo Bordero
venerdì 17 settembre 2010
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