da Ragionpolitica.it del 12 luglio 2010
Le correnti d'aria provocano torcicollo e mal di schiena. Nuocciono alla salute. Fuor di metafora, in un partito politico esse causano ripiegamento su se stessi e autoreferenzialità. Tanto più se si ha a che fare con un movimento nato e cresciuto attorno ad una leadership carismatica legittimata in maniera chiara dall'elettorato. Corrente significa parzialità, lotta a suon di tessere contro l'avversario interno, gruppo di potere più o meno ristretto. Mentre il movimento berlusconiano, come ha ricordato su queste pagine il coordinatore nazionale del Pdl e ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, è sorto dalla volontà di «rappresentare non una parte soltanto, un partito appunto, bensì di contribuire agli interessi generali dell'Italia. Fin dal primo istante della sua discesa in campo, tutte le parole e tutti gli atti di Berlusconi sono sempre stati improntati ad un'idea di cambiamento e di modernizzazione che corrispondevano e corrispondono ai veri interessi nazionali».
E' da qui che occorre ripartire se si vuole evitare che il dibattito interno al Popolo della Libertà si trasformi in un ritorno ai tempi peggiori della Prima Repubblica, quando proprio il trionfo del correntismo fu all'origine della consunzione del grande partito - la Democrazia Cristiana - che aveva retto per decenni le sorti dello Stato e che nei suoi ultimi lustri di vita fu corroso dalla lotta intestina tra gli «amici» di questo e gli «amici» di quello, tra i sostenitori di Tizio e i sostenitori di Caio... Tutti intenti a condurre innanzi una battaglia senza quartiere non contro il partito alternativo al blocco moderato e occidentale, bensì contro gruppi ed esponenti della stessa Dc. Sappiamo che cosa ha prodotto e a che cosa ha portato quella stagione della nostra vita repubblicana, e non vi è alcun ragionevole motivo per volgere lo sguardo indietro e riportare in auge pratiche deleterie per la credibilità della politica e per lo stesso sistema-paese.
Invece che di correnti, in questa torrida estate italiana c'è bisogno di aria fresca, quella che dà sollievo e respiro, quella che fa bene al corpo e allo spirito, che consente di osservare le cose sotto la giusta prospettiva. Quella che fa diradare l'afa e può far ritrovare le ragioni più profonde del proprio agire. Per il Popolo della Libertà, questo significa riscoprire ciò che gli ha permesso di diventare il primo partito italiano, di vincere dal 2008 ad oggi tutte le competizioni elettorali che si è trovato ad affrontare, di essere il perno della maggioranza che sostiene un governo il quale ha saputo dar prova di intelligenza, efficienza e credibilità in campo nazionale ed internazionale. Il fattore decisivo, in questo senso, è e rimane la leadership berlusconiana, senza la quale niente di tutto ciò sarebbe stato possibile e neppure lontanamente immaginabile.
Proprio perché, come ha ricordato Bondi, l'avventura politica di Silvio Berlusconi ha avuto inizio non per dare vita ad un partito in senso classico, ma per offrire rappresentanza alle istanze di cambiamento e di modernizzazione che giungevano a gran voce dal paese nel suo complesso, e quindi per unire sotto un unico tetto tutti coloro che non volevano un futuro illiberale e declinante per l'Italia, mettere in piedi correnti e correntine - magari mascherate da associazioni o fondazioni - per portare innanzi il proprio «particulare» e garantirsi una rendita di posizione significa per ciò stesso contraddire lo spirito vitale di quello che impropriamente è stato chiamato «berlusconismo»: la volontà di rompere con la vecchia politica politicante, con le stantie liturgie di partito, e di concentrarsi invece sugli interessi generali del paese, da promuovere e difendere attraverso l'attività di governo e attraverso un movimento di persone libere che attorno a tale progetto costruisse una rete inclusiva sempre più ampia. Non correnti esclusive l'un contro l'altra armate.
Gianteo Bordero
lunedì 12 luglio 2010
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