mercoledì 12 maggio 2010

È LA SANTITÀ IL VERO RIMEDIO AGLI SCANDALI NELLA CHIESA

da Ragionpolitica.it del 12 maggio 2010

Torino e Fatima. La Sindone e i luoghi dell'apparizione mariana. Sono le tappe attraverso cui si snoda il cammino di Benedetto XVI in questo tempo di prova per la Chiesa. Il Pontefice si inginocchia di fronte al telo che è «icona del mistero» della passione di Gesù e poi nel luogo in cui la Madonna si è manifestata a tre pastorelli per comunicare un «messaggio per tutto il mondo», che «tocca la storia proprio nel suo presente e la illumina». Tutto ciò conferma che Papa Ratzinger non ha scelto una via mediana, la strada del compromesso pastorale e diplomatico, per affrontare lo scandalo dei preti che si sono macchiati di violenze sessuali sui più piccoli. Ma è anche la riprova del fatto che egli non ha voluto indossare i panni comodi del «moralizzatore» secondo le limitate ed ipocrite categorie del mondo, bensì ha ricondotto quanto sta accadendo nella Chiesa in una prospettiva di fede, la sola che - come già accaduto tante volte in passato - può consentire alla barca di Pietro di purificarsi e di rinnovare la sua fedeltà a Gesù.


E la prospettiva della fede è quella che Benedetto XVI ha indicato nella sua splendida e coraggiosa lettera del 19 marzo scorso ai cattolici irlandesi, e che ha ribadito martedì con una illuminante risposta ad una domanda postagli durante il viaggio aereo da Roma a Lisbona. E' stato chiesto al Papa se sia possibile inquadrare nella visione della terza parte del segreto di Fatima «le sofferenze della Chiesa di oggi, per i peccati degli abusi sessuali sui minori». Il Pontefice ha risposto affermando che nel segreto «sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano. Perciò è vero che oltre il momento indicato nella visione, si parla, si vede la necessità di una passione della Chiesa». Ed ha aggiunto: «Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, vi è anche il fatto che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall'interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia».


Con queste parole Benedetto XVI ripropone con forza e chiarezza, ed anche con una certa durezza, la sola questione realmente importante, e in fondo decisiva, di fronte al dramma che ha investito la Chiesa in un questo frangente della sua storia: la questione della santità. La santità dei cristiani e, in primo luogo, di coloro che, come scrisse l'allora cardinale Ratzinger nelle meditazioni per la Via Crucis del 2005 - testi che peraltro andrebbero ripresi per meglio comprendere anche le attuali parole del Papa - «nel sacerdozio dovrebbero appartenere completamente a Gesù». Santità che non significa in prima battuta coerenza morale, bensì, in un senso molto più profondo ed esistenzialmente radicale, dono totale della propria vita a Cristo, cioè al Dio-uomo che per primo ha offerto tutto se stesso come vittima sacrificale per la salvezza degli uomini. Come il seme che - per riprendere un'immagine evangelica - non porta frutto se prima non muore, così il cristiano non porta nel mondo la vita del Dio fattosi uomo se prima non muore a se stesso, cioè alla propria superbia, al calcolo cinico di potere, se non rinuncia alla propria misura per far spazio alla misura di Dio, che si chiama carità.


Così, di rimando, diviene chiaro che il peccato non è innanzitutto violazione di una regola, ma è, molto più gravemente, infedeltà alla fedeltà del Dio cristiano. Ancora, citiamo dalla Via Crucis del 2005, nona stazione: «Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? Forse ci fa pensare alla caduta dell'uomo in generale, all'allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? Il tradimento dei discepoli... è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell'animo, il grido: "Kyrie, eleison", "Signore, salvaci"».


Come i grandi Papi dei tempi difficili della Chiesa, Benedetto XVI va dunque al cuore dei problemi, non cerca scappatoie o scorciatoie, e di fronte agli scandali dovuti al peccato dei membri del clero propone l'unico vero rimedio efficace: la penitenza, la purificazione, il perdono e la giustizia. Questa è la vera riforma, che viene prima di ogni altra: è il richiamo al cammino della santità, lo stesso con cui la Chiesa, nella storia, ha risposto agli attacchi e alle persecuzioni che venivano dall'esterno e, come ci ricorda oggi Benedetto, anche dall'interno.


Gianteo Bordero

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