da Ragionpolitica.it del 12 gennaio 2010
Il coordinatore nazionale del Pdl e ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi, ha descritto con precisione, in un intervento pubblicato dalla Stampa il 9 gennaio, l'attuale strategia portata avanti dall'Udc di Pier Ferdinando Casini. Ha osservato Bondi: «Dal momento in cui ha scelto di non aderire al Pdl e di correre - con coraggio, va detto - un'avventura politica autonoma, l'ex esponente della Democrazia Cristiana ha fondato la sua politica unicamente sulla previsione dello sfaldamento, della disgregazione e della dissoluzione dell'attuale sistema politico. L'Udc scommette ancora una volta sul dopo Berlusconi, nella convinzione che solo Berlusconi mantiene in vita sia il Pd che il Pdl». Secondo il coordinatore del Popolo della Libertà, «si tratta in realtà di un'analisi grossolana e semplicistica dei cambiamenti avvenuti nel corso di questi ultimi vent'anni, sulla base di una certa superbia della politica, che alla fine si rivela soltanto velleitaria e inconcludente».
Per comprendere quanto l'analisi del ministro colga nel segno basta osservare le ultime mosse dell'Udc in vista della definizione delle alleanze per le elezioni regionali del marzo prossimo. Alleanze, come si suol dire, «a macchia di leopardo», che rispondono alla vecchia politica dei due forni, un po' di qua e un po' di là, con il fine - esplicitamente dichiarato dallo stesso Casini - di destrutturare l'attuale quadro bipolare. Così, se nel Lazio e in Calabria, ad esempio, l'Udc si dice pronta a sostenere i candidati governatori indicati dal centrodestra (Renata Polverini e Giuseppe Scopelliti), in Puglia e in Piemonte il partito centrista appoggerà i candidati del centrosinistra (Francesco Boccia - in verità ancora incerto - e Mercedes Bresso). In tutti i casi si tratta di scelte che puntano a portare scompiglio nei due schieramenti. Per quanto riguarda il centrodestra, infatti, Pier Ferdinando afferma di voler sostenere Polverini e Scoppeliti non in forza di un accordo politico con i partiti che compongono la coalizione, bensì in ragione della sola credibilità e autorevolezza dei candidati; detta fuor di politichese: il leader dell'Unione di Centro pensa che appoggiando due esponenti di spicco della cosiddetta «area finiana» del Pdl potrà smuovere le acque nel partito di maggioranza ed alterarne gli equilibri interni in direzione antiberlusconiana. Per quanto riguarda il centrosinistra, prendendo in esame soprattutto l'alleanza che si profila in Puglia, Casini mira a separare in maniera definitiva il Partito Democratico dalla sinistra radicale, spingendolo verso una nuova aggregazione che tagli fuori le estreme e si candidi a governare il paese dal centro, come la Democrazia Cristiana ai tempi della Prima Repubblica: sarebbe una nuova edizione del centro-sinistra (col trattino) alla quale, secondo il capo dell'Udc, potrebbero aggregarsi ampi settori del Popolo della Libertà dopo l'uscita di scena di Berlusconi.
Come si vede, il punto a cui tendono le variegate alleanze dell'Udc è sempre lo stesso (il «dopo-Berlusconi»), perché identico è il punto da cui esse si dipartono: l'idea che l'attuale bipolarismo sia una forma politica fittizia, che si regge soltanto sulla presenza del Cavaliere sulla scena e che è destinata a lasciare il posto al ritorno del bel tempo che fu. In sostanza, Casini è convinto che dopo Berlusconi il sistema fondato sul rapporto diretto tra leader degli schieramenti e popolo si sfalderà e tornerà in auge il primato dei partiti nel decidere le sorti della Repubblica e delle sue istituzioni - da qui la preferenza dell'Udc per un sistema elettorale di stampo tedesco, che faccia piazza pulita di ogni tendenza presidenzialista. Tirando le somme, Pier Ferdinando ritiene che quella che ha avuto inizio nel 1994 sia soltanto una (triste) parentesi per la storia politica italiana, che egli vede caratterizzata ontologicamente dalla centralità dei partiti e che ad essa deve sempre fare ritorno. Da qui la sua strategia volta a scomporre gli schieramenti e a seminare zizzania all'interno di essi.
Come Casini pensi di realizzare l'obiettivo finale di tale strategia è difficile a dirsi. Non soltanto perché i numeri vanno in direzione opposta da quella da lui indicata, con il 70% dei voti degli italiani che si concentra su due partiti alternativi in una logica tipica delle grandi democrazie, ma anche e soprattutto perché, come afferma Bondi, il leader dell'Udc non vede - o finge di non vedere - come negli ultimi sedici anni il paese sia cambiato e come gli elettori abbiano ormai abbracciato senza indugi la chiarezza insita in un moderno sistema bipolare, nel quale si contrappongono due grandi schieramenti diversi per programmi, storia e valori. Tutto il resto è caos.
Gianteo Bordero
martedì 12 gennaio 2010
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