sabato 6 novembre 2010

ELOGIO DI GUIDO BERTOLASO

da Ragionpolitica.it del 6 novembre 2010

Guido Bertolaso va in pensione. L'11 novembre lascerà la direzione della Protezione civile e l'incarico di sottosegretario del governo Berlusconi. E' una «brutta notizia», come ha affermato il presidente del Consiglio durante la conferenza stampa tenuta venerdì al termine del Consiglio dei ministri, auspicando allo stesso tempo che la collaborazione con lui possa continuare in altre forme.


In questi anni Bertolaso è stato soprannominato «l'uomo delle emergenze», chiamato a gestire le situazioni più difficili e complicate conseguenti alle calamità naturali (dalle alluvioni ai terremoti alle frane agli incendi), e a intervenire in circostanze di degrado non più sostenibili (ad esempio la questione dei rifiuti in Campania). Ma la definizione che più si attaglia al capo della Protezione civile è quella che lui stesso ha dato di sé: un «servitore dello Stato». Perché Guido Bertolaso questo ha rappresentato da circa quindici anni a questa parte: il simbolo, il volto, la presenza tangibile dello Stato nei luoghi colpiti e martoriati dalla furia della terra e/o dall'incuria degli uomini. Egli ha portato lo Stato dove lo Stato non c'era o risultava non pervenuto.


Chi l'ha criticato e lo critica per il dilatarsi dei poteri che nel corso degli anni si sono stratificati attorno alla Protezione civile da lui guidata, non tiene conto di questo dato sistemico con cui Bertolaso, sin dal suo primo incarico ricevuto durante il governo Prodi nel 1996, ha dovuto fare i conti: la drammatica debolezza dello Stato in molte parti della Penisola. Una debolezza, quando non un'assenza, dovuta al fatto che per molti decenni, e in maniera più accentuata a cominciare dagli anni Sessanta del secolo scorso, lo Stato - si perdoni la ripetizione - è stato assorbito quasi per intero dai partiti (la «Repubblica dei partiti», come la chiamava Pietro Scoppola), con conseguente indebolimento della dimensione istituzionale degli organismi preposti al governo del Paese. Partito indica infatti una parte, mentre l'istituzione rappresenta tutti, rappresenta la nazione nel suo insieme. E un conto è lavorare per una parte, un conto è lavorare nel e per l'interesse generale.


Guido Bertolaso non è stato e non è uomo di parte, ma in tutto e per tutto uomo delle istituzioni, che è un altro modo per dire «servitore dello Stato». E proprio per questo Silvio Berlusconi lo ha chiamato a ricoprire l'incarico di sottosegretario nel suo quarto governo: non soltanto perché il capo della Protezione civile è, come il presidente del Consiglio, «uomo del fare», ma anche e soprattutto perché egli ben rappresenta, incarnandolo in sé, il programma con il quale la coalizione di centrodestra si è presentata agli elettori nel 2008, riassunto in quel «Rialzati, Italia» che significava e significa la volontà di lavorare per dare forma ad uno Stato degno di tal nome, più efficiente, più vicino al cittadino, capace di far sentire la sua presenza laddove le circostanze lo richiedano. Lo stesso Berlusconi, del resto, ha più volte affermato, anche di recente, di non intendere la sua missione politica come un impegno di parte e quindi di partito, ma come dedizione all'insieme, a tutto il popolo italiano, allo Stato in quanto casa comune dei cittadini.


Lo spirito con cui Bertolaso ha operato in questi anni, e in ragione del quale si è creata una particolare sintonia con il premier, è dunque una ricchezza per il nostro Paese, è ciò che serve all'Italia per continuare nel cammino verso la costruzione di uno Stato nel quale tutti possano riconoscersi e di cui tutti possano andare orgogliosi. Chi conosce i volontari della Protezione civile che negli ultimi lustri, in ogni parte dello Stivale e nelle condizioni più difficili, hanno lavorato con Bertolaso, sa di che cosa stiamo parlando. Il resto - le inchieste, il fango mediatico, i giudizi affrettati, i presunti scandali - lo lasciamo ai professionisti del giustizialismo e dell'ideologia anti-italiana che purtroppo alberga in tanta parte degli opinion makers nostrani. Anche perché al clamore iniziale delle recenti inchieste non ha fatto finora seguito alcuna sentenza, e perché già in passato abbiamo assistito alla condanna preventiva e alla delegittimazione pubblica di fedeli servitori dello Stato rivelatisi poi, alla prova dei fatti, totalmente estranei alle accuse mosse nei loro confronti.


Gianteo Bordero

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