da Ragionpolitica.it del 3 novembre 2010
Su RaiNews24 va in onda un'intervista ad uno psichiatra che tenta di illustrare ai telespettatori la presunta malattia del presidente del Consiglio, con un compiaciuto Corradino Mineo, direttore della testata, a fargli da suggeritore e da spalla. E' l'ultimo dei tanti segnali, questo, che mostra come davvero il nostro Paese stia toccando uno dei punti più bassi del dibattito pubblico. Sommato agli articoli e alle analisi - chiamiamole così - pubblicate in questi giorni dalla cosiddetta «grande stampa» nazionale e alle dichiarazioni dei leader dell'opposizione, esso certifica che la vera psicosi non è quella che secondo i benpensanti di ogni ordine e grado attanaglia il capo del governo, bensì quella che ormai da lunga pezza ha preso dimora nelle menti dell'intellighenzia antiberlusconiana. E' infatti dal 1994, cioè dalla fondazione di Forza Italia e dalla vittoria elettorale sulla «gioiosa macchina da guerra» capitanata da Achille Occhetto, che si è diffusa nel nostro Paese, soprattutto tra i rappresentanti della cultura radical-chic e politicamente corretta, dominante nelle «alte sfere» della società e tra i cosiddetti «poteri forti», un'ossessione monomaniacale nei confronti dell'uomo di Arcore.
Per tutti coloro che sedici anni fa, avendo cavalcato l'onda giustizialista e ipocritamente moralista di Mani Pulite, si ritenevano titolati ad assumere sulle proprie spalle anche il potere politico e la guida del governo, Berlusconi ha rappresentato e rappresenta l'incubo che diventa realtà quando meno te lo aspetti, l'odioso imprevisto che ti taglia il fiato a un metro dal traguardo, la sciagura che fa affondare la nave che sta per approdare in porto. La iattura delle iatture. Intollerabile come tutte le disavventure che ti colpiscono sul più bello, quando sei lì che pregusti quella vittoria finale che niente e nessuno ti potranno mai togliere dalle mani. E invece... E invece succede, e la vittoria si trasforma in sconfitta, la realtà evapora tra le nebbie dei sogni, la meta sicura diventa di colpo un miraggio.
Quando si parla dei motivi per i quali la sinistra italiana e i suoi sostenitori nel mondo della cultura, dell'informazione, della scuola e della magistratura non sono riusciti a comprendere, salvo qualche rarissima eccezione, gli elementi politici del successo elettorale di Berlusconi, occorre tenere presente questa dimensione metapolitica e - in questo caso sì - psicologica che pesa come un macigno nel determinare ancora oggi l'atteggiamento di tanti oppositori nei confronti del presidente del Consiglio. Se la sinistra con i suoi addentellati, infatti, considerasse il Cavaliere un avversario politico, lo combatterebbe con mezzi politici, lo contrasterebbe sul piano dei programmi, delle proposte, dell'azione di governo, delle riforme. Il fatto che invece lo assalti un giorno sì e l'altro pure sul piano personale, andando a rovistare quasi voyeuristicamente nella sua vita privata, mettendo in scena processi mediatici al suo «stile di vita» e via degradando senza soluzione di continuità, conferma che il campo in cui essa si muove è un altro, che la rappresentazione di Berlusconi che essa propone agli italiani nasce da qualcosa di diverso dall'avversione politica e persino dall'odio politico.
E' appunto un'ossessione, è quello che la Treccani definisce come «fenomeno patologico che si manifesta con la presenza, persistente o periodica, di una rappresentazione mentale, un impulso, un affetto, che la volontà non riesce a eliminare, e che risulta accompagnata da un sentimento sgradevole di ansia, paragonabile a quello di una minaccia incombente». Come spiegare altrimenti le quotidiane montagne di carta dedicate prima al caso Noemi, poi alla vicenda D'Addario e oggi alla storia della giovane «Ruby Rubacuori»? Come trovare altrimenti giustificazione ai numeri monotematici de La Repubblica, alle puntate di Annozero in versione gossip, alle dichiarazioni moraleggianti dell'onorevole Di Pietro? Questa è infine l'opposizione oggi: non un'alternativa politica, ma una congerie di gruppi, centri di potere, circoli intellettuali tenuti insieme non da una «certa idea del Paese», non dalla comune volontà di realizzare un programma di riforme, bensì, ancora e sempre, da un antiberlusconismo psicologico e patologico che la fa rimanere lontana anni luce dalla realtà profonda dell'Italia e degli italiani.
Gianteo Bordero
mercoledì 3 novembre 2010
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