giovedì 18 novembre 2010

COSÌ VINCE L’ANTIMAFIA DEI FATTI

da Ragionpolitica.it del 18 novembre 2010

Una grande vittoria dello Stato, delle forze di Polizia, del ministero dell'Interno, del governo Berlusconi. La cattura di Antonio Iovine, uno dei capi storici del clan dei Casalesi, «delfino» del boss Francesco Schiavone, rappresenta l'ennesimo duro colpo inferto alla criminalità organizzata negli ultimi due anni. E' l'arresto che accorcia ulteriormente la lista dei latitanti più pericolosi: ventiquattro mesi fa si era partiti da trenta, oggi ne mancano soltanto due: Matteo Messina Denaro e Michele Zagaria. Un risultato straordinario, che ormai senza ombra di dubbio fa dell'ultimo biennio quello più efficace e più fruttuoso nella lotta alle cosche, ai clan, alle 'ndrine. I numeri parlano da soli: 6.754 mafiosi arrestati, di cui 410 latitanti; più di 660 operazioni di polizia giudiziaria; 29.700 beni sequestrati per un valore di quasi 15 miliardi di euro; 5.900 beni confiscati, pari a 3 miliardi di euro. Un'azione capillare e mai prima d'ora così incisiva. Un coordinamento straordinario tra le varie istituzioni coinvolte.


Lo Stato, insomma, è tornato a fare lo Stato. Ha fatto sentire la sua presenza nei territori infestati dalla criminalità organizzata. Ha inviato l'esercito nei luoghi simbolo della malavita per non far sentire i cittadini abbandonati a se stessi, per non lasciare che la paura continuasse a inghiottire intere comunità, per non perpetuare la drammatica realtà di pezzi d'Italia controllati totalmente dalle cosche. Ha dato un segnale chiaro e inequivocabile anche col rafforzamento del carcere duro per i boss, col Piano straordinario antimafia varato dal governo e approvato pochi mesi fa dal parlamento (contenente misure quali la creazione dell'Agenzia per la gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, il Codice delle leggi antimafia, l'introduzione di nuovi strumenti di aggressione ai patrimoni mafiosi e all'ecomafia), con la firma del Protocollo per la lotta alla criminalità organizzata assieme a Confindustria. Tanti provvedimenti che vanno in un'unica direzione: contrastare la malavita in ogni modo possibile e in tutti i settori nei quali essa ha infiltrazioni. E' una battaglia dura, durissima, contro un nemico con cento facce e mille diramazioni. Ma decisivo è appunto mostrare e dimostrare che lo Stato c'è, che le istituzioni ci sono, che la volontà di sradicare le mafie si concretizza in atti concreti.


Questa, come è stato detto, è l'antimafia dei fatti e non l'antimafia delle chiacchiere. L'antimafia che combatte ogni giorno la criminalità sul campo e non nei salotti. L'antimafia di tanti eroi ignoti e silenziosi, dei servitori fedeli dello Stato, dei valorosi uomini delle squadre «catturandi», e non di coloro che affollano le tribune mediatiche in cerca di gloria personale. E' l'antimafia di cui c'è bisogno, non quella che ha bisogno della ribalta perché così fa più chic. E' l'antimafia che unisce gli italiani, non quella che li divide sulla base di rozzi stereotipi ideologici, per cui se sei di centrodestra non hai diritto alla patente di perfetto antimafioso, mentre se sei di sinistra sei per ciò stesso un paladino della lotta ai clan. E' l'antimafia che vogliamo, non quella che tentano di imporci certi giornali e tv come strumento di lotta politica. A proposito, tra i principali quotidiani oggi in edicola l'unico che s'è scordato - diciamo così - di dare ampio risalto in prima pagina all'arresto di Iovine è stata l'Unità. Chissà perché...

Gianteo Bordero

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