martedì 1 giugno 2010

SE L'INTERCETTAZIONE DIVENTA UN DOGMA IDEOLOGICO

da Ragionpolitica.it del 1° giugno 2010

Intercettare, intercettare, intercettare. La sacralità della captazione telefonica e della sua pubblicazione a mezzo stampa è diventata in questi anni un nuovo dogma del politicamente corretto in salsa italiana. Già, perché nelle altre grandi democrazie «mature» l'uso di questo strumento - tanto in sede di indagine quanto in sede di diffusione mediatica - è di gran lunga più limitato e circostanziato rispetto a quanto accade nel nostro paese. Eppure da noi il mantenimento dello status quo fa comodo a tanti. Ai pubblici ministeri, perché consente loro di pescare comodamente a strascico nel mare magnum del potere bypassando i tradizionali metodi di indagine. Ai giornalisti, perché la sistematica fuoriuscita di brogliacci dalle procure permette loro di dare quotidianamente in pasto ai lettori nuovi scandali, nuove «cricche», nuovi capri espiatori da mettere alla gogna. Ai partiti e ai movimenti giustizialisti, che in questo modo possono continuare ad accreditarsi come la parte sana e pura della società e della politica, come i veri eredi dello «spirito di Mani Pulite», come i paladini incorrotti dell'onestà e della probità morale.


Un autentico liberale come Piero Ostellino ha scritto sul Corriere della Sera, in dissenso dalla linea editoriale del quotidiano di via Solferino, che in un vero stato di diritto dovrebbe valere la «presunzione di innocenza fino a prova contraria appurata in un dibattimento processuale». E ha ricordato che questa garanzia di tutela della persona «si chiama "Habeas Corpus" e fu approvato dal parlamento inglese nella seconda metà del Seicento contro gli abusi del sovrano (e dei suoi inquisitori)». Oggi, invece, l'intercettazione - e la sua diffusione selvaggia su giornali, tv e siti internet - è divenuta lo strumento principe per contraddire i principi a cui Ostellino fa riferimento e per mandare al macero, senza tanti scrupoli, la «tutela della persona» e della sua dignità e onorabilità «fino a prova contraria». E' divenuta cioè, in ultima analisi, l'arma totale di cui il circo mediatico-giudiziario si serve per esercitare un influsso diretto ed efficace sulle vicende del paese, per indirizzarne le sorti, per colpire - e in certi casi affondare - questo o quel potente. Gettato oggi nel fango in quanto «intercettato», sarà poi difficile per lui, in caso di provata innocenza in sede processuale, riavere indietro ciò che il clamore giacobino e la morbosità forcaiola gli avevano tolto in men che si dica.


E' inutile girarci tanto attorno e fare ricorso ai luoghi comuni del «giudiziariamente corretto» per nascondere una verità evidente a chiunque non abbia la mente offuscata dal fanatismo giustizialista: le intercettazioni che più oggi vengono difese a spada tratta dalla casta dei magistrati politicizzati, dai cronisti a caccia di facili colpevoli, dai dipietristi in servizio effettivo permanente, non sono quelle che il disegno di legge in discussione in parlamento mantiene in quanto ritenute fondamentali ai fini della lotta al crimine, e che spesso non fanno neppure notizia, bensì quelle a più alto impatto mediatico, quelle che vedono come protagonisti politici in vista, personaggi famosi, nomi noti dello sport o dello spettacolo. Perché in questi casi le registrazioni telefoniche servono non tanto per dimostrare una tesi giudiziaria, per supportare un'accusa di reato, quanto per continuare a diffondere una tesi ideologica che ben poco ha a che fare con le inchieste: la tesi del potere corrotto per natura e dei potenti criminali per statuto. Un'idea che, usando il caso concreto per generalizzare e universalizzare, viene adoperata - a ben guardare - non per «informare», per rendere conto alla tanto mitizzata «opinione pubblica», per «salvaguardare il principio costituzionale» del diritto di cronaca, quanto per tirare la volata mediatica e politica a coloro che, non senza una certa dose di ipocrisia, si ergono a immacolati difensori unici del popolo (viola) e dell'etica democratica e repubblicana.


Ma questa è, a sua volta, una cinica e scaltra operazione di potere, per di più giocata sulla pelle delle persone e del loro diritto a non essere giudicate colpevoli fino a sentenza definitiva. E' chiaro che il vero stato di diritto è ben altro da questa moderna macelleria mediatico-giudiziaria.


Gianteo Bordero

Nessun commento: