da Ragionpolitica.it del 28 giugno 2010
Profanare le tombe di gloriosi cardinali cattolici e tenere praticamente in ostaggio per quasi mezza giornata un'intera Conferenza Episcopale è il modo peggiore per condurre le indagini sui casi di pedofilia che vedono coinvolti membri del clero. Perché in questo modo si dimostra di voler colpire non tanto i singoli che si sono macchiati di un terribile crimine come quello dell'abuso sessuale sui minori, quanto la Chiesa stessa nel suo insieme. Tant'è vero che l'inchiesta della magistratura belga salita agli onori delle cronache in questi giorni è stata ribattezzata, con accenti inquietanti, «Operazione Chiesa». Un nome che definisce l'oggetto stesso delle indagini e delle accuse, facendo scempio di quel sacrosanto principio di responsabilità individuale che sta alla base di ogni codificazione non totalitaria del diritto penale. Solo così, del resto, è possibile motivare - si fa per dire - le scelte compiute dai magistrati che hanno organizzato il blitz dello scorso venerdì nella cattedrale di Malines e nella sede in cui era riunito l'episcopato belga.
Un atto ancor più grave se si tiene conto dell'atteggiamento di leale collaborazione adottato dalla Chiesa del Belgio, che aveva portato alla nascita di un'apposita Commissione indipendente presieduta dallo psichiatra Peter Adriaenssens, docente all'università di Lovanio, e composta anche da rappresentanti del ministero della Giustizia di Bruxelles. Questa Commissione, negli ultimi anni, aveva raccolto le testimonianze di 475 persone le quali avevano raccontato di essere state vittima di abusi sessuali da parte di sacerdoti. Le testimonianze, adeguatamente vagliate, sarebbero poi state trasmesse alle autorità giudiziarie, nel rispetto di coloro che si erano rivolti alla Commissione affermando chiaramente di non voler far ricorso alla magistratura. Così non sarà, visto che tutti i dossier sono stati sequestrati durante la perquisizione ordinata dalla Procura di Bruxelles. Inevitabili sono giunte lunedì le dimissioni del presidente Adriaenssens e di tutti i membri, poiché «la fiducia tra la giustizia e la Commissione è stata deteriorata e di conseguenza anche la fiducia tra la Commissione e le vittime che si sono rivolte a noi».
La magistratura belga, agendo in questo modo, non fa altro che alimentare quel deleterio clima di caccia alle streghe che da qualche tempo a questa parte circonda la Chiesa cattolica in quanto tale, legittimando la vulgata secondo cui essa altro non sarebbe che una congrega di pedofili, una cricca di pervertiti sessuali, una casta di orchi che ne combinano di tutti i colori tentando poi di sottrarsi alla giustizia. Qui, più che di fronte ad una tesi giudiziaria, sembra di trovarsi di fronte ad un teorema ideologico fondato sul pregiudizio nei confronti di una istituzione. E’ chiaro che in questo clima le inchieste non possono svolgersi con quell'equilibrio e quella misura che casi come quelli in oggetto richiederebbero. Se infatti l'obiettivo finale è colpire la Chiesa più che i singoli autori di un reato, saranno inevitabili le distorsioni, le forzature, gli abusi.
Questo è un dato che non va sottovalutato: esso mostra che le indagini sui preti accusati di pedofilia possono essere usate come benzina che viene gettata sul fuoco per alimentare l'ostilità alla Chiesa e l'odio anti-cattolico ormai ampiamente diffusi anche in Occidente. La collaborazione dei vescovi con le autorità giudiziarie non può essere definita tale se queste stesse autorità mostrano una chiara volontà persecutoria nei confronti della Chiesa.
Gianteo Bordero
lunedì 28 giugno 2010
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