martedì 21 aprile 2009

INTELLETTUALI IN EMERGENZA

da Ragionpolitica.it del 21 aprile 2009

Secondo Barbara Spinelli (La Stampa, domenica 19 aprile) l'emergenza sarebbe divenuta «una malattia democratica diffusa», cioè un degradarsi del regime democratico verso forme illiberali. All'insorgere di tale morbo, infatti, «le libertà vengono sospese, l'autonomia di giudizio vien tramutata in lusso fuori luogo». Per l'editorialista del quotidiano torinese l'emergenza è utile al «sovrano» in quanto, grazie ad essa, «si crea un'unità magica, propizia all'intensificazione massima della sovranità». Come esempio a suffragio della sua tesi, Spinelli porta il terremoto in Abruzzo e - seppur senza mai citarlo in maniera esplicita - l'atteggiamento che di fronte ad esso ha assunto il governo e, in particolare, il presidente del Consiglio. Il quale, in sostanza, avrebbe «usato» la tragedia del sisma per esaltare il suo personale potere e la sua figura di detentore del comando. «La morte fa tacere il popolo - leggiamo ancora nell'articolo - e al tempo stesso nutre il sovrano... Il potere usa la morte: diviene necrofago. L'uomo colpito da catastrofe è ridotto a vita nuda e quest'ultima sovrasta la vita buona (i corsivi sono dell'autrice, ndr), prerogativa di chi tramite la politica e la libera opinione esce dalla minorità».

Nel caso in questione, ad uscire dalla «minorità» tipica del suddito sarebbero stati tutti coloro che hanno avuto il coraggio di non omologarsi al circolo politico-mediatico orchestrato dal governo per i fini di cui sopra. Spinelli cita, a tal proposito, Michele Santoro e la sua trasmissione Annozero, messa all'indice in quanto non in linea con la retorica dell'emergenza e coraggiosamente «diversa» dalle altre, quelle condotte dai corifei asserviti al potere. Il «regnante», infatti, ha tutto l'interesse affinché la rappresentazione del dramma che egli ha in mente sia supportata da una schiera di voci e immagini che tutte devono convergere verso un unico scopo: giustificare lo stato d'emergenza e renderlo permanente. Nella vicenda abruzzese, lo proverebbe «lo spazio smodato dato su giornali e telegiornali all'evento».

Peccato che il sottile e dotto (vengono citati Eugène Ionesco, Giorgio Agamben, Hannah Arendt) argomentare dell'editorialista della Stampa si riveli infondato, prima ancora che nelle conclusioni, nelle sue stesse premesse, quelle che riguardano il rapporto tra democrazia ed emergenza. Se infatti, come sostiene Spinelli, l'emergenza rappresentasse davvero un cancro della democrazia, una sua svolta in una direzione «più insidiosa della dittatura», non si comprenderebbe perché proprio nell'emergenza il rapporto tra elettori ed eletti conosca uno dei suoi momenti apicali, capace di segnare in positivo o in negativo le sorti di un governo votato dalla maggioranza dei cittadini. Ben più che una malattia, dunque, lo stato di emergenza rappresenta per la democrazia innanzitutto una sfida, che può essere vinta non, come afferma Spinelli, attraverso la sospensione delle libertà e dei diritti di opinione (e quindi di dissenso), ma con il rafforzamento del vincolo politico che lega il corpo elettorale al corpo del governo, incarnato dal suo capo.

Contrariamente a quanto sostiene la raffinata opinionista, è semmai dall'incapacità dei rappresentanti del popolo ad affrontare situazioni d'emergenza che possono nascere pulsioni anti-democratiche che non di rado sfociano (sono sfociate) in forme autoritarie di esercizio del potere. La capacità di gestire con mano ferma e mente fredda lo stato d'emergenza, da parte di un leader liberamente scelto dai cittadini, è perciò garanzia di maggiore (e non minore, come lascia intendere Spinelli) democrazia, perché un capo di governo eletto secondo criteri formalmente e sostanzialmente democratici, nel pieno rispetto dei principi costituzionalmente sanciti, ha tutto l'interesse, nel momento eccezionale, a fare appello al popolo che lo ha votato affinché sinfonicamente, secondo le inclinazioni e le capacità di ciascuno, collabori alla ripresa, alla ricostruzione, alla rinascita. In sostanza: una democrazia che sa affrontare l'emergenza è una democrazia sana. Come sano è il popolo che nel momento dell'improvvisa difficoltà è capace di uno sforzo corale nel nome del bene comune.

E' chiaro, a questo punto, che se la premessa del ragionamento di Barbara Spinelli risulta infondata (l'emergenza come patologia della democrazia), vanno rovesciate anche tutte le conseguenze che ne derivano, prima fra tutte quella secondo cui l'unico vero baluardo a difesa dell'autentica democrazia sarebbe quell'élite di illuminati che non si conforma al senso comune ma denuncia l'incipiente autoritarismo, anche di fronte alle bare. «Nei disastri - scrive - c'è chi soffre, chi governa, chi racconta e chi indaga rammentando». Rovesciate anche questo climax e capirete perché certi intellettuali continuano ad essere distanti anni luce dalla realtà e perché il popolo (che in democrazia è sovrano, piaccia o non piaccia a Spinelli) continua a scegliere Berlusconi.


Gianteo Bordero

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