sabato 21 marzo 2009

GUERRA AL PAPA IN NOME DEL PRESERVATIVO

da Ragionpolitica.it del 21 marzo 2009

Ormai è chiaro che quello di Benedetto XVI sarà tramandato ai posteri come un pontificato contestato. Tanto intra ecclesiam quanto extra ecclesiam. Sia dentro la Chiesa che al di fuori di essa. Dopo le polemiche nate in seguito alla remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, che si sono intrecciate con lo scalpore destato dalle posizioni negazioniste di monsignor Williamson, a far scoccare la scintilla per una nuova vampata di critiche a Papa Ratzinger sono state in questi giorni le dichiarazioni rilasciate dal pontefice in un colloquio con i giornalisti durante il volo che ha lo portato in Africa per la sua visita apostolica in Camerun e Angola che si protrarrà fino al prossimo lunedì.

Interrogato da un giornalista di France 2 in merito alla questione della diffusione dell'Aids nel continente africano e ai metodi per arginarla, Benedetto ha risposto, senza giri di parole, affermando che: «Non si può risolvere il flagello con la distribuzione di preservativi: al contrario, il rischio è di aumentare il problema». Apriti cielo! Nel giro di poche ore le dichiarazioni del Papa sono state prese di mira dalla grande stampa internazionale e dalle cancellerie di mezza Europa, dalla Francia alla Germania, dall'Olanda e dal Belgio alla Spagna (il governo Zapatero ha subito annunciato l'invio in Africa di un milione di profilattici da distribuire alla popolazione), fino ad arrivare alla stessa Unione Europea. Ministri degli Esteri o della Sanità del Vecchio Continente hanno usato toni forti contro Ratzinger, accusato, a seconda dei casi, di «irresponsabilità», di recare «minacce alla salute pubblica», di «scarsa attenzione ai poveri», di non comprendere «la reale situazione dell'Africa». Anche le Nazioni Unite, solitamente silenti di fronte alle vere minacce alla dignità e ai diritti dell'uomo, stavolta non hanno fatto mancare la loro voce: l'Agenzia Onu per la lotta all'Aids ha precisato che l'uso del condom è una risposta importante nella strategia di prevenzione.

In Italia non poteva mancare, tra le altre, la reazione critica del «cattolico adulto» Dario Franceschini, sempre pronto a prendere le distanze dalle posizioni ufficiali espresse dal Papa e dalla gerarchia e a sposare le cause del laicismo ideologico (come dimenticare, ai tempi del governo Prodi, la sua crociata contro i vescovi all'indomani del documento della Cei contro i Dico?). Il segretario del Partito Democratico, riecheggiando in ciò il suo predecessore Walter Veltroni - autore di un (in)dimenticato libro sull'Africa dall'inquietante titolo Forse Dio è malato, nel quale sollecitava la distribuzione di profilattici come rimedio all'Aids - ha dichiarato che l'uso del preservativo è «indispensabile e da diffondere per combattere l'Aids, la disperazione e la morte in Africa e nei paesi più poveri del mondo».

Tutti contro il Papa, dunque, salvo alcune eccezioni, come quella rappresentata dal presidente del Consiglio italiano, che ha riconosciuto a Benedetto XVI la «coerenza con il suo ruolo» e la fedeltà «alla sua missione». E ha aggiunto: «Rispettiamo la Chiesa e ne difendiamo la libertà anche quando si trova a proclamare principi e concetti difficili e impopolari». Resta da chiedersi il perché di tanto astio nei confronti del pontefice. Certamente egli, con le sue parole, è andato ancora una volta controcorrente rispetto ad uno dei punti fermi della mentalità politicamente corretta, un punto accettato come dogma dalla stragrande maggioranza dell'opinione pubblica mondiale: più condom uguale meno Aids. Da questo punto di vista, la posizione ratzingeriana (che peraltro ribadisce quanto già detto e ridetto da Giovanni Paolo II), per quanto minoritaria, sembra però corroborata dai dati forniti dalle istituzioni internazionali, prima fra tutte la stessa Agenzia dell'Onu per la lotta all'Aids, che ha ammesso di recente l'alta percentuale di «fallibilità» del preservativo. Inoltre, quello che emerge da diversi studi è che, da quando in Africa si sono intensificate le campagne per la diffusione, la distribuzione e l'uso del profilattico, i numeri dei contagi non hanno registrato cali significativi (si veda, ad esempio, il caso del Sud Africa). Di contro, in quei paesi (come l'Uganda) dove maggiore è stato l'impulso dato all'educazione alla fedeltà, all'astinenza e alla responsabilità coniugale, si è assistito ad una diminuzione delle infezioni. Perciò ne ha ben donde il Papa ad affermare, come ha fatto nel suo colloquio con i giornalisti, che «la soluzione può trovarsi solo in un duplice impegno: il primo, una umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l'uno con l'altro, e secondo, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti, la disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, ad essere con i sofferenti. E questi sono i fattori che aiutano e che portano visibili progressi».

Non si tratta dunque di negare il flagello rappresentato dall'Aids, né di nascondere sotto il tappeto il dramma vissuto da intere popolazioni - spesso nel silenzio e nell'indifferenza globale - ma di andare alla radice del problema senza pregiudizi e senza ipocrisie. Ed è qui che si innesta il secondo motivo, dopo quello più marcatamente statistico e scientifico, alla base delle contestazioni internazionali contro Benedetto XVI. Egli, rispondendo all'inviato di France 2, ha detto che prima di tutto, per affrontare a testa alta la questione dell'Aids, occorre «l'anima». E' proprio questo richiamo alla dimensione spirituale ad infastidire la buona coscienza della mentalità dominante (anche in Europa), secondo la quale, una volta inviati in Africa qualche cargo di preservativi e una buona dose di aiuti in denaro, si può tranquillamente ritenere di aver contribuito a debellare la terribile malattia. Invece Papa Ratzinger richiama a un di più che non tocca i tesori statali, ma che inerisce al patrimonio spirituale e morale che il cristianesimo ha creato ovunque esso si è impiantato: l'educazione al vero e al bene, che sola può incidere in profondità nei costumi di un popolo, sino al punto di indirizzarli in una direzione radicalmente diversa. Non si tratta di una propaganda unilaterale, ma di uno sforzo che coinvolge a un tempo chi educa e chi è educato, che richiede l'amorevole dedizione del primo e la leale disponibilità del secondo. Un'educazione che parte da un atto di fiducia in chi si ha di fronte, che non guarda all'altro dall'alto in basso ma si fa compagna di strada.

E' questo ciò che Benedetto intende quando parla dell'impegno della Chiesa cattolica sul fronte della lotta all'Aids, quando elogia i movimenti e le associazioni presenti in Africa, anche se certamente egli è cosciente delle criticità e delle differenti posizioni che esistono all'interno stesso della Chiesa in merito alla questione dell'utilizzo del condom. Ma il Papa non abbassa di un millimetro l'asticella dei termini del problema, che rimane, in ultima analisi, un fatto - come dice lui - di «umanizzazione», di «rinnovamento dell'uomo interiore» che porta con sé anche un modo diverso di vivere la sessualità, una rivoluzione del normale modo di intendere i rapporti che solo può vivificare e riedificare dall'interno una civiltà ferita e martoriata.

Gianteo Bordero

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