martedì 17 marzo 2009

BENEDETTO XVI INDICE L'ANNO SACERDOTALE

da Ragionpolitica.it del 17 marzo 2009

Alla vigilia della sua partenza per l'Africa, dove sarà in visita apostolica fino al prossimo 23 marzo, Benedetto XVI ha incontrato lunedì mattina in Vaticano i partecipanti alla riunione plenaria della Congregazione per il Clero. Ad essi il Papa ha annunciato l'indizione di uno speciale «Anno sacerdotale», che inizierà il 19 giugno prossimo e si protrarrà fino al 19 giugno del 2010. Corre infatti il 150° anniversario della morte del Santo Curato d'Ars, definito dal pontefice come «vero esempio di Pastore a servizio del gregge di Cristo» (Benedetto lo proclamerà patrono di tutti i sacerdoti del mondo). E', questa, una decisione non casuale: Papa Ratzinger intende porre l'accento sulla vera dimensione del sacerdozio ministeriale cattolico, il quale si distingue «ontologicamente» - ha tenuto a precisare Benedetto XVI nel suo discorso - dal sacerdozio battesimale, «detto anche sacerdozio comune». Lo scopo del pontefice è chiaro: far riscoprire la specificità del prete a fronte di una tendenza, assai diffusa nella Chiesa in questi ultimi anni, secondo cui il presbitero si distingue dal semplice fedele solamente per il compito svolto nella comunità (amministrazione dei sacramenti, celebrazione della Messa, ecc...) e non per la sua speciale vocazione spirituale ed ecclesiale.

Il Papa ha molto insistito su questo punto e ha spiegato che, «con l'imposizione delle mani del vescovo e la preghiera consacratoria della Chiesa», cioè attraverso il sacramento dell'Ordine, il candidato al sacerdozio entra in una nuova dimensione ontologica, partecipa «ad una "vita nuova" spiritualmente intesa, a quel "nuovo stile di vita" che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli». Non si tratta, dunque, semplicemente di un «fare» specifico di cui il prete è responsabile nei confronti degli altri credenti, ma, ben più profondamente, di un «essere» nuovo di colui che è chiamato a seguire Cristo nella forma vocazionale del sacerdozio. Se si vuole, Benedetto XVI ha nuovamente messo in primo piano la dimensione mistica della figura del sacerdote, quella per la quale egli, nella celebrazione dei sacri riti, e specialmente in quelli eucaristici, diviene partecipe - rendendolo attuale in ogni Messa - del sacrificio redentivo di Gesù.

Ratzinger ha poi sottolineato i quattro aspetti essenziali della missione del presbitero: ecclesiale, comunionale, gerarchico e dottrinale, che devono essere «sempre riconosciuti come intimamente correlati». Ha inoltre sollecitato, come già fatto in passato, a porre particolare attenzione alla formazione dei seminaristi: i loro superiori sono chiamati a coltivare «relazioni umane veramente paterne», avendo a cuore la «formazione permanente, soprattutto sotto il profilo dottrinale e spirituale». A tal proposito, Benedetto XVI ha tenuto ancora una volta - ritornando su un punto toccato anche nella recente lettera agli episcopati per spiegare i motivi della remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani - a precisare che tale formazione deve essere innanzitutto pensata e realizzata «in comunione con l'ininterrotta Tradizione ecclesiale, senza cesure né tentazioni di discontinuità». Da questo punto di vista, è ormai chiaro che la questione della corretta interpretazione del Concilio Vaticano II e della sua continuità con l'intera storia della Chiesa è in cima alle preoccupazioni dell'attuale pontefice, che non perde occasione per trattare questo tema e declinarlo a seconda dell'interlocutore che si trova di fronte. Così ieri ha ribadito che è importante «favorire nei sacerdoti, soprattutto nelle giovani generazioni, una corretta ricezione dei testi del Concilio, interpretati alla luce di tutto il bagaglio dottrinale della Chiesa».

Il prete di cui ha parlato Benedetto, dunque, deve essere consapevole fino in fondo del propriumdella sua vocazione, e deve perciò essere una figura riconoscibile tanto nella Chiesa quanto al di fuori di essa, manifestando sia interiormente che esteriormente la sua «differenza»: deve cioè essere identificabile «sia per il suo giudizio di fede, sia per le virtù personali sia anche per l'abito, negli ambiti della cultura e della carità, da sempre al cuore della missione della Chiesa». Insomma, una figura di sacerdote a tutto tondo quella disegnata dal Papa; una figura che deve assumere nuovamente, all'interno della Chiesa, il posto che le spetta. Soprattutto in un momento come quello attuale, che risente ancora dell'influsso di molte proposte teologiche sviluppatesi all'indomani del Vaticano II, le quali, «partendo da un'erronea interpretazione della giusta promozione dei laici», rischiano di far dimenticare la ricchezza, la benedizione, il dono che per la Chiesa sono le vocazioni sacerdotali.

Gianteo Bordero

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