da Ragionpolitica.it del 14 dicembre 2010
Il berlusconicidio è fallito. Silvio vince, resta in sella, ottiene una fiducia alla Camera che solo quindici giorni fa sembrava impossibile conquistare, almeno a sentire giornali, tv e opposizioni varie. Lo davano ancora una volta per morto, e ancora una volta devono prendere atto che il Cavaliere è come i gatti: ha sette vite, e proprio quando lo si dà per perso rieccolo fare nuovamente capolino in piena salute. E' la conferma che dopo sedici anni la maggior parte del ceto politico e intellettuale, della grande stampa e degli opinion makers, non ha ancora compreso l'uomo Berlusconi, la forza della sua leadership, la robustezza di ciò a cui egli ha dato politicamente vita dal 1994, con il consenso maggioritario del popolo italiano.
Ancora ieri bastava ascoltare i tg e i programmi di approfondimento per sentire gli esponenti della galassia antiberlusconiana annunciare l'imminente Caporetto del presidente del Consiglio, la sua disfatta finale, l'archiviazione di un ciclo, la fine di un'epoca, il tramonto di un progetto politico, la rovinosa caduta da cavallo di un condottiero stanco e non più in grado di guidare il suo esercito prossimo all'umiliazione.
Invece Silvio è ancora in piedi. E il valore simbolico della votazione alla Camera va ben oltre il valore numerico. Oggi vincere o perdere a Montecitorio, anche se solo per un voto o per un pugno di voti, non era la stessa cosa. Perché in ballo non c'era solamente la sopravvivenza di un governo, ma anche e soprattutto il significato di simbolo che era stato attribuito a questa giornata. Di mezzo, cioè, c'era l'aria da nuovo 25 aprile iniettata in dosi industriali dall'esercito antiberlusconiano al gran completo, a partire dal Pd e dall'Idv per arrivare a Fini, passando per le truppe di complemento giornalistiche, La Repubblica, Il Fatto, L'Unità e simili. Tutti insieme hanno creato un clima torrido da liberazione dal tiranno, certi che questo sarebbe stato il gran giorno, la volta buona, la data da segnare in rosso sul calendario e da tramandare ai posteri, il momento catartico, l'istante in cui il sogno si materializza e diventa realtà.
Tutto questo non si è avverato, e chi ha seminato vento ora raccoglierà tempesta. Perché il pallino del gioco è tornato saldo nelle mani di Berlusconi. Perché la sua figura ne esce rafforzata. Perché la sua leadership sul centrodestra si è rivelata a prova di bomba, cioè a prova di giochi di Palazzo, tradimenti e congiure varie. Come diceva Machiavelli, citato ieri sul Corriere della Sera da Pierluigi Battista, «per esperienzia si vede molte essere state le coniure, e poche aver avuto buon fine», con conseguenze disastrose per i «coniurati». «Se le controffensive non riescono - ha chiosato Battista in riferimento alla mozione di sfiducia promossa da Futuro e Libertà - gli effetti sono disastrosi per chi ha attaccato con troppa e velleitaria frettolosità. La sfiducia a Berlusconi voleva dire infliggere il colpo definitivo al premier. Ma se quel colpo va a vuoto, il contraccolpo sarebbe violentissimo per chi fallisce l'obiettivo».
E' Gianfranco Fini, dunque, il vero sconfitto del voto alla Camera. E' lui che ha perso la partita della vita. E' lui che ha puntato tutto sulla sfiducia al presidente del Consiglio. E' lui che ha dimostrato una totale mancanza di saggezza e lungimiranza politica con la sua strategia antiberlusconiana messa in campo da un anno e mezzo a questa parte. E' lui che ha flirtato con i nemici storici del Cavaliere per tentare di mettere insieme i numeri per farlo cadere. E' lui che più di tutti ne ha chiesto le dimissioni in questi ultimi mesi. Ed è lui, quindi, che paga e pagherà il prezzo più salato di questa sconfitta che fa finalmente piazza pulita di tutto il fango gettato addosso a Berlusconi dai pasdaran di Futuro e Libertà. Il fango passa, il governo resta. Silvio vince, Gianfranco perde. Vince l'interesse nazionale, perdono i personalismi senza costrutto.
Gianteo Bordero
martedì 14 dicembre 2010
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