martedì 7 dicembre 2010

IL SENSO DI RESPONSABILITÀ E I SUOI NEMICI

da Ragionpolitica.it del 7 dicembre 2010

I giochetti di Palazzo e le alchimie da Prima Repubblica dovrebbero lasciare spazio, nell'attuale frangente, al senso di responsabilità di fronte ai rischi di attacco al nostro Paese da parte della speculazione finanziaria internazionale. Come ha ricordato qualche giorno fa il presidente del Consiglio, la solidità politica dell'esecutivo è la conditio sine qua non per rimanere al riparo da manovre simili a quelle che hanno colpito altri Stati del Vecchio Continente nei mesi scorsi.


Come ormai unanimemente riconosciuto nelle più prestigiose sedi europee e mondiali, il governo Berlusconi ha avuto il merito, con la politica di rigore portata avanti in questi due anni dal ministro Giulio Tremonti, di tenere i conti in ordine e di impostare una coraggiosa linea d'intervento volta alla riduzione dei costi dell'apparato statale, all'eliminazione degli sprechi e al contenimento del deficit. Quest'azione del ministro dell'Economia è stata possibile proprio perché essa si inseriva nel quadro di un esecutivo forte, capace di resistere al canto delle sirene della spesa pubblica, di non lasciarsi ammaliare dal mito del deficit spending come strumento per mantenere il consenso sociale.


E' stata, questa, una politica di alto profilo e di grande responsabilità, che gli italiani hanno mostrato di apprezzare, consapevoli dei rischi a cui il Paese sarebbe andato incontro qualora fosse stata messa in campo una strategia diversa quando non opposta. Del resto, sin dalla campagna elettorale del 2008 il Popolo della Libertà aveva detto chiaro e tondo che sarebbe arrivata la crisi e, con essa, anni difficili e di vacche magre, mentre il Partito Democratico si esercitava a proporre ai cittadini un libro dei sogni che, per essere attuato, avrebbe comportato un aumento sconsiderato della spesa pubblica, con tutte le esiziali conseguenze del caso. Votando il centrodestra e il governo Berlusconi, gli elettori hanno detto sì alla sua politica economica, dimostrandosi per l'ennesima volta più realisti e più maturi di tanti loro rappresentanti ancora legati ai bei tempi andati della lira e delle cosiddette «svalutazioni competitive».


Dunque, se l'Italia non ha fatto la fine della Grecia e non è stata inghiottita dalla speculazione finanziaria, ciò è dovuto al combinato disposto di stabilità politica e stabilità economica garantita dall'esecutivo Berlusconi in questi due anni. Questo elemento dovrebbe esser tenuto bene a mente da tutti coloro che, da un po' di mesi a questa parte, giocano una partita allo sfascio della maggioranza parlamentare soltanto nominalmente in ragione di un'altra politica (quale?) e di un altro programma di governo (quale?), mentre di fatto operano solo sulla base di personali ambizioni di potere. Ambizioni che, per quanto legittime, dovrebbero cedere il passo al senso di responsabilità nazionale, quella vera e non quella declamata al sol fine di ipotizzare scenari ambigui e confusi, la cui unica ragion d'essere è la volontà di escludere dalla scena colui che è stato liberamente scelto dai cittadini per guidare il Paese.


Oggi, a una settimana dal decisivo voto di fiducia alle Camere del 14 dicembre, dev'essere chiaro che una eventuale interruzione del cammino del governo Berlusconi, che ha fin qui operato molto bene nel difficile contesto dato, non potrà non essere intestata a coloro che hanno preferito anteporre all'interesse generale dell'Italia (come detto, la stabilità politica ed economica) il proprio particulare. A coloro che hanno rimesso in pista i peggiori tatticismi del passato e i peggiori rituali della vecchia partitocrazia, con l'unico scopo di abbattere un solo uomo e indebolire la sua leadership nella quale la maggioranza dei cittadini si è riconosciuta nel 2008 e nelle successive elezioni europee ed amministrative del 2009 e 2010. Invocare un governo sostenuto anche da Pdl e Lega e magari guidato da uno degli uomini più vicini al Cavaliere («TTB, Tutti Tranne Berlusconi», come ha scritto Il Foglio di Giuliano Ferrara commentando la posizione dei terzopolisti) è la conferma che nella testa dei centristi il primato non spetta alla tenuta del Sistema-Paese, ma soltanto alla mai sopita ed immarcescibile ossessione antiberlusconiana.

Gianteo Bordero

Nessun commento: