da Ragionpolitica.it del 2 agosto 2008
A volte bisogna fermarsi e guardare indietro. Esercitare la memoria per non perdere, sommersi dalla cronaca, il filo della storia. Anche in politica. E allora voltiamoci indietro, mentre il governo e il parlamento si preparano alle ferie estive, e pensiamo a quante cose sono cambiate, in Italia, da un anno a questa parte. Non è solo una questione di schieramenti politici e di governi. E' una questione di mentalità e, più profondamente, di verità.
Dall'estate 2007 all'estate 2008, il salto di qualità più importante - drammaticamente più importante - che il paese ha compiuto è l'aver preso coscienza della crisi italiana in tutta la sua portata. Una crisi pervicacemente negata o sminuita dallo sciagurato governo Prodi, cieco e sordo di fronte ai primi segnali che annunciavano tempesta, tanto sui mercati internazionali quanto nelle pieghe del sistema nazionale (un governo, quello del Professore, incapace di farci crescere negli anni di vacche grasse e di farci stare a galla in quelli di vacche magre - una pagina tra le meno edificanti della nostra storia repubblicana), ma già avvertita dai cittadini, che quotidianamente, sulla loro pelle, iniziavano a sentire sul collo il fiato pesante della crisi.
Per questo il già poco popolare (in tutti i sensi) esecutivo di centrosinistra continuò a scendere, giorno dopo giorno, nella stima e nel gradimento degli italiani, anche di quelli che pur lo avevano votato nel 2006: perché mentre i poveri cristi dei lavoratori erano costretti a tirare la cinghia, l'unica preoccupazione del presidente del Consiglio, ermeticamente rinchiuso nel Palazzo, era quella di restare saldo in poltrona tenendo a bada una coalizione bizzosa e irrequieta. Per rendersi conto di quanto il capo dell'esecutivo fosse avulso dalla realtà comune dell'italiano medio, basta leggere queste poche righe di una lettera aperta agli elettori di sinistra pubblicata sul suo blog il 2 agosto dello scorso anno: «Questo governo merita fiducia perché in soli 14 mesi ha rimesso a posto il debito, vede ripartire l'economia e tutelare i consumatori grazie alle liberalizzazioni». Sappiamo tutti quanto fosse ingiustificato l'ottimismo di Prodi. Sappiamo tutti qual è stato il destino di tanto trionfalismo.
Ma ciò che conta, oggi, non è infierire sul cadavere politico dell'Unione - «lasciate che i morti seppelliscano i loro morti». L'importante è segnalare la presa di coscienza collettiva riguardo allo stato di difficoltà presente e al contesto in cui il paese è ora costretto a muoversi. Essere consapevoli della realtà è sempre il primo, seppur doloroso, passo per riemergere da un momento «no». Per questo la campagna elettorale che ha permesso a Silvio Berlusconi di fare ritorno a Palazzo Chigi è stata un salutare bagno di realtà dopo due anni di mistificante propaganda. Gli italiani hanno scelto colui che non prometteva mari e monti, ma che garantiva il suo impegno per affrontare l'emergenza. Colui che ha chiamato le cose col loro nome, tanto che si trattasse di economia quanto di rifiuti.
«Diverso» non era e non è Silvio Berlusconi (anche se la ormai quindicennale navigazione politica ha insegnato molto al Cavaliere). «Diversa» era l'Italia e «diverso» era il mondo, come segnalava Giulio Tremonti nel suo La paura e la speranza. Chi per primo ha compreso questa diversità ha vinto la partita della politica, che è carne e sangue e che vola ben più alta del liberismo ideologico in salsa rossa (vedi Bersani) e del sincretismo politologico (vedi Veltroni). La politica è tornata perché è tornata la realtà in tutta la sua portata, crudamente chiamata per nome, senza infingimenti o edulcorazioni di sorta. Non più un'accozzaglia di reduci delle ideologie tenuti insieme soltanto dal mastice del potere, ma un progetto totus politicus con un solo obiettivo: realizzare insieme al paese il motto elettorale «Rialzati, Italia». Oggi, a tre mesi e mezzo di distanza dal 13 aprile, e con le vacanze alle porte, si inizia a riconoscere quel centro verso cui tendono i tanti raggi rappresentati dai primi provvedimenti del governo: ridare all'Italia uno Stato che funzioni, che garantisca i cittadini e combatta insieme a loro la grande battaglia per uscire dalla crisi e dall'emergenza.
Gianteo Bordero
sabato 2 agosto 2008
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