da Ragionpolitica.it del 15 gennaio 2009
Nella riunione della direzione del Pd del 19 dicembre, a Walter Veltroni erano stati affidati «pieni poteri» per affrontare la crisi del partito, stritolato in quel frangente dagli scandali delle giunte locali, da un ulteriore calo dei consensi e, come se ciò non bastasse, da una litigiosità interna che sembrava aver ampiamente debordato dai limiti della fisiologica dialettica tra dirigenti. Il segretario aveva tirato un sospiro di sollievo: almeno fino al momento cruciale delle elezioni europee e amministrative di giugno avrebbe potuto concentrarsi, come si suol dire, «sul pezzo» ed evitare di passare ogni minuto delle sue giornate a parare i colpi più o meno bassi dei suoi «fratelli coltelli».
Ma il sollievo di Veltroni è durato poco, nemmeno lo spazio di un mese. E' notizia di oggi quella di una sonora stroncatura del segretario «plenipotenziario», avvenuta durante il cosiddetto «caminetto» del Pd svoltosi ieri. Materia del contendere: la proposta di un accordo con il Pdl sulla riforma della legge elettorale europea, riforma che dovrebbe ruotare attorno a due cardini: un sistema misto lista bloccata-preferenze e l'introduzione di un significativo sbarramento. Lo scopo di Veltroni era chiaro: concedere al Popolo della Libertà le liste bloccate per riuscire a portare a casa uno sbarramento tale da favorire il meccanismo del «voto utile» al Pd da parte degli elettori degli altri partiti della sinistra, come già avvenuto il 13 e 14 aprile scorsi.
Dopo tre ore di discussione - riportano le cronache politiche - il segretario ha dovuto cedere dinanzi alla contrarietà di maggiorenti del partito quali Massimo D'Alema, Francesco Rutelli, Franco Marini ed Enrico Letta. Alla fine del «caminetto» il portavoce del partito, Andrea Orlando, ha riassunto così l'esito della riunione: «E' emersa l'opportunità di rimanere sul sistema che prevede il mantenimento delle preferenze e l'individuazione di uno sbarramento che permetta di superare la frammentazione politica». Lo sbarramento è previsto al 4%, «ma su questo siamo disposti a discutere».
In sostanza, dunque, una bocciatura della proposta del segretario, avvenuta per mano degli stessi che, neanche un mese fa, gli avevano dato carta bianca per risollevare le sorti del partito. Una bocciatura soltanto all'apparenza «tecnica», riguardante cioè i complicati meccanismi dell'ingegneria elettorale. In realtà, l'affondo critico di D'Alema, Rutelli, Marini e Letta è pienamente politico, e riguarda un capitolo fondamentale come quello delle alleanze. La richiesta veltroniana di un robusto sbarramento era funzionale, infatti, al mantenimento in vita della linea della «vocazione maggioritaria» del partito, cioè l'anima del progetto del segretario, volto a fare del Pd una «maggioranza riformista» (egli stesso lo ha confermato durante l'ultima puntata di Ballarò). Contestare tale riforma della legge elettorale europea significa, quindi, contestare la stessa strategia veltroniana.
Basta leggere l'intervista a Enrico Letta apparsa sulla Repubblica quest'oggi per averne conferma: «Un partito del 33% - dichiara - non ce la fa da solo. La formula della "vocazione maggioritaria" va radicalmente rivista... Il Pd non può vivere con la stampella degli sbarramenti. Bisogna passare dal voto utile al voto convinto». Secondo Letta, se il Partito Democratico vuole tornare al governo, deve «lavorare per sedurre l'elettorato moderato. Deve farlo il Pd e dobbiamo aiutare l'Udc a fare altrettanto legandola sempre più a noi». Insomma: «Dobbiamo dialogare in maniera strutturale con i centristi, non metterli sullo stesso piano di Di Pietro (come aveva fatto Veltroni a Ballarò, ndr). Il Pd continua a tenere da parte il tema delle alleanze come se non esistesse. Invece esiste eccome».
Le affermazioni di Letta si aggiungono a quelle di D'Alema e di Rutelli delle settimane e dei giorni passati e non fanno che confermare l'impressione che la linea strategica proposta da Veltroni abbia ormai fatto il suo tempo. A vantaggio del segretario, però, gioca il fatto che le alternative finora proposte, invece che una soluzione, assomigliano più a una pezza con cui si tenta di coprire la voragine della crisi strutturale non soltanto del Pd, ma dell'intera sinistra italiana. Aggiungere l'Udc da un lato o frammenti della sinistra antagonista dall'altro è soltanto sommare debolezza a debolezza. Per paradossale che possa sembrare, è questa debolezza, oggi, la forza di Veltroni.
Gianteo Bordero
giovedì 15 gennaio 2009
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