Ruini, la Chiesa e la lotta al terrorismo
di Gianteo Bordero - 28 novembre 2003
Il cardinale Camillo Ruini, in queste due ultime settimane, è stato al centro dell’attenzione di media e giornali, non solo per la sua omelia al funerale delle vittime italiane dell’attentato di Nassiriya, ma anche per i discorsi pronunciati, ad Assisi, all’assemblea generale della Conferenza Episcopale italiana, di cui lo stesso Ruini è presidente. Il prelato si è posto, a seguito dell’azione terroristica contro i soldati italiani, come voce autorevole, quasi “magisteriale”, e ciò non ha mancato di sollevare, sia all’interno dell’intellighenzia culturale di sinistra, sia nella stessa Chiesa cattolica, voci (peraltro isolate) di dissenso e disaccordo. Come quella del vescovo di Caserta, monsignor Nogaro, che già si era spinto a sostenere il rifiuto, per un prete o prelato, di benedire i feretri di coloro che cadono in guerra.
Le parole di Ruini, prima ai funerali dei militari italiani e poi ad Assisi, segnano di fatto una presa di posizione chiara della Chiesa italiana riguardo all’attuale situazione politica internazionale. Una situazione ogni giorno sempre più segnata da episodi di terrorismo e fanatismo islamico: oltre ai pesanti attentati di Nassiriya e Istanbul, non sono da dimenticare i costanti attacchi alle truppe americane in Irak, come quello della scorsa domenica, in cui due militari USA sono stati barbaramente trucidati, nella loro auto, mentre si trovavano in coda nel traffico di Baghdad.
Alle esequie delle vittime di Nassiriya, in un’omelia breve ma quanto mai intensa e toccante, il presidente della CEI ha detto, facendo riferimento alle parole piene di fede della vedova di uno dei militari italiani, che “è questo il grande tesoro che non dobbiamo lasciar strappare dalle nostre coscienze e dai nostri cuori, nemmeno da parte di terroristi assassini. Non fuggiremo davanti a loro, anzi, li fronteggeremo con tutto il coraggio, l'energia e la determinazione di cui siamo capaci. Ma non li odieremo, anzi, non ci stancheremo di sforzarci di far loro capire che tutto l’impegno dell’Italia, compreso il suo coinvolgimento militare, è orientato a salvaguardare e a promuovere una convivenza umana in cui ci siano spazio e dignità per ogni popolo, cultura e religione”.
Queste parole hanno suscitato un certo scalpore in chi, come molti appartenenti ai comboniani o al movimento “Beati i costruttori di pace”, si erano ormai abituati all’idea che la Chiesa avesse sposato il pacifismo integrale, “senza se e senza ma”, il pacifismo delle bandiere arcobaleno. Così alcuni hanno voluto individuare, nelle frasi di Ruini, una spaccatura interna alle alte sfere ecclesiastiche, specificamente tra il Papa e il suo vicario, Ruini appunto. Una spaccatura che, a quanto pare, non sussiste: è ipotizzabile che il presidente della CEI, per l’importanza della sua presa di posizione, non abbia voluto compiere un’azione “unilaterale”, ma che egli abbia consultato, prima delle sue esternazioni, il Papa stesso. Tant’è vero che nessuna voce di dissenso alle parole di Ruini si è levata dal Vaticano, e lo stesso Giovanni Paolo II non ha mancato di manifestare la sua vicinanza spirituale alle famiglie di coloro che sono stati colpiti da quel terrorismo che, parole dello stesso Woytjla, “non aiuta la pacificazione dell’Irak”.
Ai giornalisti, che nei giorni successivi ai funerali dei soldati italiani, gli chiedevano di precisare le sue affermazioni, Ruini ha ribadito con chiarezza la posizione della Chiesa, che riconosce “la legittimità morale della lotta al terrorismo internazionale”. Ad Assisi poi, dove si è svolta l’assemblea generale dei vescovi italiani, nella sua prolusione il cardinale presidente della CEI ha dedicato all’argomento ancora più spazio, affermando che “l’Italia si trova dunque a vivere questa durissima prova e ad individuare la strada dei propri comportamenti futuri dovendo fare i conti, al proprio interno, con non poche e non lievi differenze di opinioni. Eppure, proprio in questa circostanza abbiamo massimo bisogno di quella forza interiore che proviene dall’unità di un popolo, dalla consapevolezza delle ragioni profonde del suo essere insieme”.
“In concreto – ha proseguito Ruini - sembra aprirsi davanti a noi uno stretto cammino: da una parte, infatti, non possiamo rinunciare all’impegno fermo e vigoroso nella lotta al terrorismo, facendo fronte fino in fondo agli obblighi che derivano dalla solidarietà internazionale e ancor prima dalla nostra storia e dalla nostra cultura; dall’altra parte dobbiamo, con non minore coerenza e determinazione, operare per costruire o ristabilire nel mondo, e oggi in particolare nei rapporti con i popoli islamici, condizioni di pace, di rispetto reciproco e anche di sincera collaborazione. Pure questo ci è richiesto dagli interessi veri e durevoli del nostro Paese e dell’intero Occidente, e più profondamente dall’anima stessa della nostra civiltà”.
Commentando infine, nella sua prolusione, il terribile attentato di Istanbul, il cardinale ha ribadito: “Contro il terrorismo internazionale è davvero necessaria la mobilitazione concorde di tutte le energie, per impedire e reprimere le manifestazioni e per bonificare le radici di questo tristissimo fenomeno”.
Nella sostanza, dunque, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha voluto ribadire, a scanso degli equivoci generatisi durante il conflitto iracheno, che la Chiesa non rinnega e non rivede la sua dottrina tradizionale sulla cosiddetta “guerra giusta”. Parlando di “legittimità morale della lotta al terrorismo internazionale”, Ruini conferma la millenaria prospettiva cattolica dell’autodifesa e del dovere, per uno Stato, di garantire la sicurezza e la pace ai suoi membri.
Inoltre, in ciò è riaffermata la distinzione tra legittimo uso della forza e violenza, che era parsa svanire nella melassa pacifista degli ultimi mesi: non è lecito, cioè, chiamare violenza quell’uso della forza finalizzato alla difesa e alla salvaguardia della vita e della libertà dei membri di un corpo sociale, di uno Stato. E la Chiesa riconosce agli Stati, come ancora ha sottolineato Ruini, la facoltà di stabilire (sempre nel rispetto della dottrina dei diritti naturali e della legge naturale) i mezzi e gli strumenti più opportuni per difendere, di fronte ad un evidente pericolo, la vita dei suoi membri.
Per duemila anni questo è stato l’insegnamento cattolico sulla cosiddetta “guerra giusta”: Ruini la ribadisce, anche di fronte all’evidente pericolo che oggi rappresenta il terrorismo islamico internazionale. E’ una voce autorevole, che rassicura la coscienza di tanti che, durante l’intervento in Irak, si erano trovati a disagio di fronte all’utopia della pace assoluta: un pensiero che oggi, dopo le parole del presidente della CEI, non può più annoverare, tra i suoi alleati, la Chiesa cattolica e la sua gerarchia.
Carlo Panella
"I piccoli martiri assassini di Allah"
recensione di Mario Fava - 4 dicembre 2003
Indubbiamente gli anni trascorsi in Medio oriente come inviato speciale, Carlo Panella non se li è, per dirla col Machiavelli, né bevuti né giocati. Il libro "I piccoli martiri assassini di Allah", edito da Piemme, ne è l'ultima dimostrazione...CONTINUA...
Aung San Suu Kyi
"Liberi dalla paura"
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"Se i popoli e le nazioni coltivassero uno spirito generoso che consideri la felicità degli altri come un maggior contributo alla propria, molti problemi apparentemente insolubili si dimostrerebbero meno ostici". Il significato di queste parole potrebbe essere percepito da alcuni come un saggio monito; dai più, forse, come parole ovvie e pleonastiche...CONTINUA...
Quelle lacrime più forti del terrore
di Gianteo Bordero - 22 novembre 2003
Oggi è l'Italia delle lacrime, oggi è l'Italia del silenzio, oggi è l'Italia del dolore. Sono appena terminati i funerali di Stato delle 19 vittime italiane dell'attentato terroristico di Nassiriya; i feretri dei carabinieri, dei militari e dei due civili morti in Irak escono dalla chiesa di San Paolo di Roma, dove il cardinale Camillo Ruini ha celebrato le esequie...CONTINUA...
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